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 2019  giugno 30 Domenica calendario

La Rackete non è Antigone

Due giorni fa, scrivemmo su queste pagine che la plateale violazione di legge della Sea Watch costituiva una provocazione programmata verso il nostro Paese.Non pensavamo che l’irresponsabile arroganza della sua capitana sarebbe giunta al punto di sfidare una nostra imbarcazione militare con un gesto che, in altri Paesi, le sarebbe costato ben peggio di un comodo arresto domiciliare sotto il cielo di Lampedusa. È sufficiente vedere le immagini in rete per capire che, se la nostra motovedetta non si fosse fortunosamente sfilata dalla banchina, le conseguenze dell’attracco illecito e sconsiderato sarebbero state ben più gravi di un semplice danneggiamento all’imbarcazione. Ora sarà la Magistratura a definire le responsabilità penali di Carola Rackete, per la quale qualche anima bella ha evocato l’esempio di Antigone, che vìola consapevolmente le norme del tiranno contrarie alle leggi non scritte – i famosi àgrafoi nòmoi – scolpite nella coscienza di ciascuno. Esempio improprio e inconsistente, perché Antigone vìola, appunto, le leggi di un tiranno, mentre le nostre sono state promulgate dal Parlamento con la procedura prevista dalla Costituzione «più bella del mondo», e poi perché Antigone, come Socrate, si sottomette tranquillamente al supplizio, senza volerne uscire con un’aureola politica. In ogni caso, chiunque abbia un minimo di rispetto per il nostro Paese – e non si limiti a sgolarsi con l’Inno Nazionale durante i campionati – non può che reagire sdegnato davanti a tanta vituperevole e sfrontata prepotenza.
IL QUESITO GIURIDICOE L’ASPETTO POLITICO
Riservato dunque il quesito giuridico agli addetti ai lavori, resta l’aspetto politico. E qui le considerazioni da fare sono due. 
La prima è l’esito del conflitto tra il Capitano e la Capitana. Noi avremmo preferito, e lo abbiamo scritto, che il ministro dell’Interno, davanti a una così grave violazione della nostra sovranità nazionale, avesse reagito con compunta severità istituzionale, magari chiedendo al Parlamento – e successivamente all’Europa – di pronunciarsi in modo chiaro e distinto sulla tollerabilità o meno di questa impresa piratesca. Sarebbe anche stato utile chiarire se molti parlamentari, che impartiscono quotidianamente lezioni sulla legalità, fossero schierati con il nostro ordinamento positivo o con il volatile solidarismo dell’esuberante tedesca. 
LA PROCESSIONEPENITENZIALE A BORDO
Temevamo anche che Salvini – non certo in quanto leader di un partito ma siccome rappresentante dello Stato – declassasse al rango di un’avventurosa bravata dannunziana quella che secondo noi era un’evidente sfida alla nostra dignità. E molte ragioni giustificavano questi nostri timori, non ultime la consueta indifferenza dell’Europa, la sfacciata risposta dell’Olanda, e – peggio di tutte – l’incredibile processione penitenziale a bordo della nave di alcuni nostri esponenti politici. Alla fine la situazione è stata risolta dalla stessa Capitana, che ha dimostrato di non perseguire l’estetizzante decadentismo eroico del Vate, ma una vera e propria azione di forza a costo di rischiare un naufragio. 
Così, il consenso che auspicavamo arrivasse alle nostre Istituzioni dal Parlamento e dall’Europa, è arrivato direttamente a Salvini proprio dalla Rackete, che non avrebbe potuto inventarsi espediente migliore per provare al mondo sia le frottole precedentemente diffuse sullo stato dell’imbarcazione (dove «il cuoco di bordo ha distribuito – così abbiamo letto ieri – couscous, zuppa allo zenzero e panzerotti fritti al formaggio») sia le sue reali intenzioni provocatorie e violente. Qualcuno potrà ora compiacersi perché lo sbarco, alla fine, è avvenuto. Ma d’ora in avanti, con questo precedente, sarà ben difficile che una Ong possa accostarsi alle coste italiane. Così, mentre sembrava impantanato in una situazione senza uscita, Salvini ha trionfato su tutta la linea. 
Non così si può dire del Partito Democratico. E questa è la seconda considerazione politica. Questo partito, con l’abile ed efficiente Minniti, aveva dimostrato di aver avuto cervello, coraggio e volontà: Minniti aveva infatti capito benissimo il problema, aveva altrettanto bene scelto la strada della collaborazione con la Libia, e vi aveva dato attuazione con l’encomiabile fermezza di un vecchio comunista. Questo patrimonio non solo di severità, ma di serietà, è stato clamorosamente dissipato con la cerimonia della sfilata dei suoi compagni a bordo della Sea Watch. 
Ed è motivo di profonda delusione constatare che, ogniqualvolta questo partito prova ad affrancarsi dal massimalismo grezzo delle sue vecchie utopie, viene inevitabilmente risospinto nella palude dell’irenismo inconcludente e confusionario. Come altrimenti si potrebbe definire questa benevolenza cortigiana verso una comandante che aveva già violato le nostre leggi, e proclamato di volerle ancora violare, quando, fino a pochi mesi prima, si era avallata una strategia completamente diversa? Possiamo supporre un estremo tentativo di captazione di consensi tra qualche grillino deluso. Ma possiamo anche immaginare la desolazione del povero Minniti, che avrà contemplato, come Geremia nel noto quadro di Rembrandt, la distruzione della sua Gerusalemme mediterranea costruita con tanta abilità e tanta fatica.
LA SINISTRADISORIENTATA
Concludo. Sarebbe un errore se, ancora una volta, affidassimo alla Magistratura la soluzione di questa vicenda. Carola Rackete è, per principio costituzionale, presunta innocente, come son tutti gli indagati, anche quelli arrestati in flagranza di reato. Gli addebiti saranno specificati solo dopo un’attenta lettura degli atti, e la concomitanza di leggi succedutesi nel tempo può prospettare varie soluzioni. Ma al di là del giudizio penale – dal quale ci auguriamo che la Capitana non esca come una paladina ma nemmeno come una terrorista – resta la perniciosa confusione politica che questa storia ha creato. A fronte di un governo che – almeno in questo – ha dimostrato una responsabile unità, sta un’opposizione, ovviamente quella di sinistra, disorientata e sconcertante, che non si accredita come alternativa credibile né oggi né probabilmente domani. La parata dei compagni di Renzi, che un tempo avevano dimostrato moderazione e realismo, è naufragata – come rischiava di naufragare la motovedetta della Finanza – davanti alle sconsiderate manovre di Carola Rackete. E quella che nelle loro intenzioni voleva essere un’operazione di salvataggio, si è convertita in un involontario soccorso a Salvini.
Carlo Nordio