la Repubblica, 30 giugno 2019
Biografia di Marina Confalone
«Sperare nell’impossibile è un vizio che ho avuto anche nei momenti più tragici della vita, Bernardo Bertolucci mi diceva sempre che amavo i personaggi impossibili. Ho un’anima ingenua, infantile, la mia capacità più grande è l’immaginazione». Tra i premiati dei Nastri d’Argento a Taormina, che hanno visto il trionfo di Il traditore di Marco Bellocchio con sette premi (tra cui film, regia e gli attori Pierfrancesco Favino, Fabrizio Ferracane, Luigi Lo Cascio), c’è la “non protagonista” Marina Confalone, un pezzo di storia del teatro e del cinema italiano, da Eduardo a Monicelli, per la “mammana” Zi’ Marì in Il vizio della speranza di Edoardo De Angelis. «Una donna spregevole. Vuole solo fare soldi e riempirsi di collane vendendo i neonati delle prostitute nigeriane. Non ha figli, l’unica persona che le sta a cuore è Maria, Pina Turco, ma quando la ragazza la tradisce per inseguire il suo sogno di maternità lei non la perdona». Per l’attrice, 68 anni, questo è il quarto Nastro, che si aggiunge ai cinque David di Donatello e ai due Ciak d’oro: «Ho un grande armadio dove i premi non entrano più, ho chiesto al falegname che sta costruendo il mobiletto per il Butsudan buddista di preparare anche mensole nuove. Ma quello che non riesco a contenere sono i vestiti che compro per le cerimonie, io vorrei scendere dai tacchi e indossare solo magliette e pantaloncini….». Ha ricevuto sette premi in pochi mesi, a settembre è in lizza per Le maschere del teatro, con il monologo tratto da Kafka (già diventato un corto di Antonietta De Lillo), Una relazione per un’accademia. Un altro personaggio impossibile: «Sono una ex scimmia che spiega come si è dovuta evolvere in uomo per evitare le sevizie degli umani, ma durante la relazione escono le pulsioni animali». La lunga carriera di Marina Confalone è stata attraversata da grandi autori italiani, a partire da Eduardo, con cui debuttò giovanissima. «Ci siamo incontrati nel ‘77, ho avuto la fortuna di entrare nella sua compagnia quando registrava tanti commedie per la tv, ne facevamo una nuova ogni due mesi. Dal primo lavoro ha iniziato a ridere e con lui rideva tutta la compagnia, sono entrata subito nelle sue grazie. Lo vedevo come un padre, con lui facevo tutte le sere il gioco del teatro, fuggivo da una famiglia rigida, severa, che non voleva che facessi l’attrice». Quando Eduardo è morto ha lasciato una lista con gli attori che a lui piacevano davvero, «e in quella lista c’ero anche io». Al cinema invece il suo mentore è stato Mario Monicelli, con cui ha girato tre film, Il marchese del grillo, Parenti serpenti, Panni sporchi : «Era di ferro. Ricordo che in Parenti serpenti gli piacque l’idea, partita da me, in cui ci prendiamo per mano e iniziamo a seguire la stufa a gas come fosse un carro funebre, in un funerale casalingo. Cosa che fece risparmiare di girare il costoso funerale previsto il giorno dopo. In Panni sporchi, altro funerale, c’era un caldo terribile e noi vestiti di nero, a 84 anni prendeva delle bottiglie d’acqua e se le gettava addosso, per guardare le scene saliva su una scala tenendosi con un dito. Sentivo, dietro la macchina da presa, il suo sorriso. Sua moglie mi raccontò che mi aveva particolarmente amato, lui non me l’ha mai detto». Diverso il rapporto con Fellini. «Credo che inizialmente mi volesse per La nave va, nel ruolo poi andato a Pina Bausch. Ho lavorato con lui solo nella Città delle donne, ero la femminista che spiega le varie posizioni dell’amplesso, mi fece doppiare da una voce più maschile, ci rimasi male. La prima volta che ci siamo visti Federico mi ha fatto una sorta di corte esagerata, quasi bloccato in un angolo “ma tu sei troppo bella, hai dei fianchi che sono anfore, devi mettere al mondo tanti figli, devi fare un’intera razza”. Di fronte al mio sguardo perplesso: “Non sei contenta che ti dico questo?”. Io: “Penso che lo dica a tutte”. E lui: “Eh si, tendenzialmente sì"».