Avvenire, 29 giugno 2019
Così Mister Dinamite ha fatto saltare il ponte
«L’operazione non poteva andare meglio di così», afferma Danilo Coppe, che tutti chiamano “Mister Dinamite”, esplosivista e regista di un’azione ingegneristica unica in Italia e rara nel mondo, eseguita in modo impeccabile. Coppe svela che nel 2003 avrebbe dovuto già buttarlo giù, quel ponte, su incarico di Spea. «Mi chiesero un progetto e un preventivo – ha detto – ma io sapevo che non se ne sarebbe fatto nulla. Volevano abbattere il Morandi perché costava troppo la manutenzione. Ma alla fine l’abbattimento sarebbe costato troppo». Spea ha però precisato che quella richiesta non era da mettere «in collegamento con la sicurezza del Morandi», ma che era uno studio di fattibilità per sostituire il Morandi con un ponte per servire la Gronda, progetto poi abbandonato.
Nell’operazione di ieri sono stati impiegati cinquecento chili di dinamite attivati con 500 detonatori elettronici, 3 chilometri di cablaggi e 5 chilometri di miccia detonante. E ancora 150 chili usati per i “giochi d’acqua”, gettate anti polvere arrivate fino a 50 metri di altezza. Trenta invece i chili di Sentex, esplosivo di tipo militare usato per tagliare gli stralli, operazione, questa, a cura dell’esercito con il suo ramo super specializzato del nono reggimento incursori Col Moschin di stanza a Livorno. Ai militari è toccato il compito di tagliare gli stralli con carica preformata al plastico che si misura a metri: 10 in questo caso di una sorta di rotolo di 10 centimetri di diametro. Novecento i sacchi di
acqua da 20 chili ciascuno con 18 per lato su ogni strallo, arrivata a 25 metri, sparata da 12 cannoni, mentre nella parte a terra delle pile erano state elevate barriere sui due lati da 12-15 metri. Per abbatterle è stato collocato tritolo nelle strutture in modo da provocare cadute nella direzione voluta con sacchi di sabbia per attutire l’onda d’urto verso la A7, attigua alle pile abbattute. Due le prove fatte dai militari ricostruendo praticamente la struttura oltre a diverse altre con simulazioni ridotte. E l’esercito a Genova era già intervenuto per abbattere ponti sullo stesso torrente Polcevera per motivi però viabili ed urbanistici, molto ridotti rispetto al Morandi, ad agosto e settembre 2008. «Questa operazione – ha affermato Giacomo Giampedrone, assessore ligure alla Protezione Civile – è un altro grande esempio di attività della protezione civile in Italia. Duecento i volontari a disposizione per la durata dell’emergenza e 35 operatori Arpa». La struttura, ha mantenuto uno stato di allerta pari a quello di forte maltempo, con sala operativa presidiata e continui monitoraggi della situazione. Roberto Carpaneto, ad di Rina Consulting, responsabile di project management ha esaltato la «buona riuscita» dell’operazione «molto delicata e con specificità uniche, come dimensione dell’opera e utilizzo di azioni di mitigazione imponenti come mai in passato, che hanno permesso il contenimento della diffusione di polveri». Del resto quel ponte era uno dei simboli della città della Lanterna. Al suo posto ora un vuoto, che suscita quasi impressione.