Il Sole 24 Ore, 29 giugno 2019
La Lega ha i conti in rosso
Un rosso di 16, 4 milioni. A tanto ammonta il disavanzo della Lega per il 2018 certificato dal bilancio approvato dal Carroccio martedì della scorsa settimana. Ma cosa ha determinato un aumento così importante del disavanzo nel giro di un solo anno? A spiegarlo è lo stato tesoriere Giulio Centemero nella relazione che accompagna il bilancio: «Tale disavanzo è causato esclusivamente dall’allocazione tra i debiti delle somme oggetto del noto sequestro giudiziario» ordinato dalla procura di Genova che ha portato all’insorgere di un passivo pari a 18,4 milioni. Insomma, il bilancio è “zavorrato” dalla rata che dovrà portare alla restituzione dei famosi 49 milioni.
Quasi triplicati gli introiti
Insieme al vistoso passivo, il bilancio 2018 vede triplicare i proventi della gestione caratteristica, ossia l’insieme degli introiti che, da qualche anno, devono fare i conti con lo stop ai fondi da finanziamento pubblico diretto. Le uniche risorse dello Stato sono quelle dal cosiddetto 2 per mille. Ebbene, nell’ultimo anno i fondi incassati dalla Lega sono quasi triplicati passando dai 2,8 milioni del 2017 agli 8 milioni del 2018. In particolare, la voce che cresce di più è quella delle contribuzioni da persone fisiche che passano da 969mila euro a 6,9 milioni. A cosa è dovuto questo netto incremento di fondi? «In buona parte l’aumento è dovuto alla vittoria elettorale alle politiche 2018 e al conseguente notevole aumento dei parlamentari leghisti». Sono stati dunque i versamenti di deputati e senatori a far migliorare il risultato delle entrate. Non male anche gli incassi provenienti dalle persone giuridiche, cioè dalle società. Dai soli 1000 euro del 2017 si è passati ai 151mila euro del 2018. In flessione invece i fondi da due per mille (passati da 1,8 milioni a 922mila euro) ed anche quelli da quote associative (calati da 7.500 euro a 2.800). Quel che conta, tuttavia, per il tesoriere è l’inversione di tendenza: se nel 2017 il risultato economico della gestione caratteristica chiudeva con un segno meno, quest’anno si chiude con un risultato positivo di 2,5 milioni.
Campagna da 91mila euro
Non sono in aumento solo le entrate ma anche le spese. Rispetto ai 4 milioni del 2017, il partito ha allargato i cordoni della borsa con 5,5 milioni di uscite totali. Più in particolare, aumentano i costi per gli stipendi del personale (da 598mila a 656mila euro), ma soprattutto aumentano le spese per i servizi (da 1,5 a 2,2 milioni). Quanto alle campagne elettorali del 2018 (ma la parte del leone l’ha fatta quella per le politiche del 4 marzo) i costi sono stati pari a 91mila euro, oltre la metà dei quali spesi per manifesti pubblicitari.
Le opzioni del 2 per mille
La relazione riporta inoltre una tabella con la ripartizione regionale delle 81mila opzioni relative al 2 per mille: non stupiscono le oltre 32mila opzioni della Lombardia e le oltre 23mila del Veneto ma le oltre 6mila dell’Emilia Romagna (mille in meno del Piemonte), le oltre 2mila della Toscana e le 1.500 del Lazio danno l’idea di un partito che progressivamente conquista anche il centro e il Sud Italia.