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 2019  giugno 29 Sabato calendario

L’offerta di 750 milioni a Philipp Plein

«Mi hanno domandato se avessi intenzione di vendere e a un certo punto ho chiesto di farmi un’offerta: ero curioso di sapere quale poteva essere il valore del gruppo che avevo creato dal nulla. Ma non ho mai preso in considerazione l’idea di farlo per davvero». 
È un impero, quello di Philipp Plein, nato per gioco: una start up del lusso senza pretese di stile puro, che lo scorso anno ha chiuso con 250 milioni di fatturato. «Non siamo né Jil Sander, né Céline, non stiamo attirando questo tipo di clienti», diceva Plein nel 2017 al New York Times alla vigilia della prima sfilata newyorchese. La ricetta ha funzionato: qualche mese fa un fondo di private equity gli ha proposto la cessione della maggioranza del gruppo (che comprende Philipp Plein, Billionaire e Philipp Plein Sport) offrendo 750 milioni di euro. «Non era una questione di soldi. Non avrei accettato neppure per una cifra superiore: volevo tenermi il marchio, i soldi contano, ma non sono tutto nella vita». 
L’ex rich kid a 41 anni dice di aver cambiato punto di vista. «Ho chiesto consiglio a mio padre e lui mi ha incalzato: “Hai un motivo valido per vendere? Hai bisogno di quei soldi? Sai già cosa farai con quella cifra una volta incassata?”. Bene, a tutte quelle domande la mia risposta era no». 
Lo stilista tedesco, che Business of Fashion ha inserito tra i 500 nomi più influenti della moda per la capacità di generare un imponente giro di affari grazie anche agli show spettacolari architettati da Etienne Russo, non è pronto a reinventarsi. «Ho una casa, un’auto, un lavoro che mi rende felice e che occupa tutto il mio tempo: non ho hobby, non gioco a golf, la mia vita è dedicata a un marchio che ho creato 20 anni fa e che voglio gestire a modo mio – prosegue Plein, seduto nello showroom Billionaire —. Un’azienda non è una democrazia, ma una dittatura: se avessi ceduto la maggioranza avrei dovuto concordare le mie scelte e non intendo farlo. Dopo la mia sfilata a Milano ho dato un party per 5000 persone e ho invitato Black Coffee a suonare: avrei dovuto chiedere il permesso per spendere quei soldi?». 
Già nel 2017 si era parlato di movimenti all’interno del gruppo: Plein era in pole position per aggiudicarsi il marchio Roberto Cavalli messo in vendita da Clessidra. «Non siamo arrivati all’accordo perché non eravamo pronti a unirci». La metafora matrimoniale è una delle preferite dallo stilista, single convinto. «Ho voluto che il fondo mi facesse un’offerta concreta per capire le reali intenzioni, come quando una donna chiede di vedere l’anello all’uomo che vuole sposarla». 
Un approccio al business quasi sentimentale che lo porta ad ammettere: «Avere un investitore vicino ti fa sentire protetto, fino ad oggi mi sono sempre autofinanziato e non mi sono indebitato, questo non è comune nel nostro ambiente. Ma ci deve essere il giusto compromesso: è come quando incontri un marito ricco, è grandioso, no? Ma devi capire se ti piace davvero. Gli investitori vogliono il tuo brand non perché ti stimano: gli interessano i numeri, è mero profitto, mentre il mio brand è nutrito da emozioni». 
Il riferimento è a quegli show spettacolari fatti per stupire, come l’ultimo a Milano Moda Uomo tra monster truck ed esplosioni. La coerenza è una delle virtù di Plein, che non ha mai abbandonato quello stile lussuoso che attrae Mischa Barton, Snoop Dogg, Rita Ora, Naomi Campbell, Fergie, Wanda Nara e Mauro Icardi, seduti in prima fila alle sfilate. Insieme al lusso estremo ha perseguito l’idea di un brand globale: è nato così il progetto di sfilare in luoghi diversi, da Milano a New York passando per Cannes. «Plein non è un marchio geografico, non siamo come Prada che sfila a Milano perché è milanese o Ralph Lauren che presenta a New York perché è newyorchese. Vogliamo essere ovunque». 
Il neo-umanesimo del business è legato anche a una fase nuova della vita di Plein, l’incontro con il figlio Romeo, dopo 6 anni di lontananza dovuta a una lunga battaglia legale con la ex compagna. «Non lo vedevo da quando è nato: vive in Brasile con la mamma Fernanda. Ci siamo incontrati all’aeroporto e volevo a tutti i costi dare un’immagine di papà figo e forte: ma quando l’ho visto ho pianto a dirotto. Romeo mi ha chiesto perché lo stavo facendo. Eravamo due sconosciuti che si stavano presentando. Una delle ragioni per tenermi il marchio è anche lui».