Corriere della Sera, 29 giugno 2019
I consensi al governo sotto il 50%
È passato un mese dal voto europeo che ha visto la netta vittoria della Lega, la profonda crisi dei 5 Stelle, la ripresa del Pd. Nella compagine di governo le fibrillazioni si mantengono intense. Dopo un primo periodo in cui sembrava se non ritrovato l’accordo, almeno deposta l’ascia di guerra, i due vicepremier sono tornati a toni pesantemente conflittuali, su temi strategici per il Paese. E mentre la Lega appare solidamente aggregata intorno a Salvini (pur con qualche distinzione, come sui mini-Bot), nel Movimento 5 Stelle crescono i distinguo, i conflitti e gli abbandoni. Tanto che alcuni commentatori e analisti cominciano a immaginare un declino irreversibile di una realtà troppo eterogenea. Vale quindi la pena di fare un check per capire lo stato del governo e dei consensi alle forze politiche.
Partiamo dal governo. La tendenza è a una netta contrazione dei consensi, che per la prima volta vedono prevalere le valutazioni negative, con un indice (percentuale dei voti positivi su chi ha espresso un’opinione, escludendo quindi i non sa) che si colloca al 45, ben 7 punti sotto l’ultimo dato, relativo a solo tre settimane fa.
Al contrario il premier Conte mantiene il proprio consenso senza cedimenti. Oggi gode di un indice di approvazione del 52, superiore, sia pur di poco, allo stesso Salvini, con cui era in parità poche settimane fa. Il suo ruolo di mediazione e di «tenuta» da un lato e dall’altro la sua interlocuzione con l’Europa e la sua presenza sul proscenio internazionale danno conto di questa capacità di tenuta.
Di Maio continua la curva discendente, già registrata da alcuni mesi, e oggi si colloca al livello più basso registrato dall’insediamento: un indice di 25, inferiore di 7 punti rispetto all’ultimo registrato.
Anche Salvini fa registrare qualche cedimento: il suo indice attuale scende a 49, 4 punti in meno rispetto all’ultima rilevazione, ma 10 punti sotto il picco di marzo.
Le opinioni degli elettori dei due partiti al governo si vanno distanziando. L’elettorato leghista esprime maggiore insofferenza verso l’alleato e il governo. Le opinioni su Di Maio tra gli elettori leghisti vedono un calo di quasi 50 punti rispetto al punto più alto del luglio scorso. Anche verso Conte i malumori crescono: per quanto il premier abbia ancora un gradimento maggioritario in questo elettorato, il calo è apprezzabile, 33 punti rispetto a luglio 2018. Minore il calo per il governo, che comunque, tra i leghisti, perde 22 punti, pur mantenendo un lusinghiero indice di apprezzamento (71). Tra gli elettori M5S invece il premier Conte migliora il proprio apprezzamento, il calo sul governo è più ridotto (-11) e anche Salvini fa registrare una perdita quasi dimezzata rispetto a Di Maio tra i leghisti (-26). È evidente che i malumori sono maggiormente in casa leghista.
Ma che anche per la Lega ci sia qualche piccolo segnale di difficoltà è evidenziato da un dato. Se infatti la larghissima maggioranza pensa che se si votasse oggi sarebbe questo partito a vincere la competizione, solo il 24% degli italiani esprime fiducia nella Lega per il futuro del Paese. Prevale in questo caso la sfiducia: 36% non sa indicare un partito in cui ha fiducia o pensa che nessuno la meriti.
Infine, il comportamento di voto: i cambiamenti rispetto ai dati delle Europee sono contenuti. La Lega è oggi accreditata di un punto in meno (33,3% contro il 34,3% delle urne), a conferma dei piccoli segnali evidenziati prima. Il Movimento, nonostante le difficoltà, mantiene il consenso nelle dimensioni delle Europee. Per quanto i segnali siano evidenti, è ancora presto per parlare di smottamento. Anche perché l’alternativa del Pd fatica a decollare: oggi è stimato al 21,2%, contro il 22,7% delle Europee. D’altronde, avevamo sottolineato allora che una parte del voto per il Pd arrivava da elettori non del tutto convinti della nuova direzione presa dal partito, che lo avevano scelto per ragioni tattiche, convinti che le altre forze di area non avrebbero raggiunto il quorum.
Una situazione di stallo quindi. Ma ora si apre una partita che potrebbe cambiare equilibri e orientamenti: la manovra correttiva e soprattutto la manovra finanziaria 2020 saranno il banco di prova della tenuta della compagine governativa e dei suoi consensi. E qui appare difficile immaginare che le forze di governo mostrino il coraggio dell’impopolarità.