il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2019
Il professore catanese che ha fatto aprire l’inchiesta
V ittima simbolo di un sistema, ma anche esempio di chi decide di non abbassare la testa. Gianbattista Scirè poche ore dopo l’inchiesta Università blindata dentro di sé ha un vortice di emozioni. Perché lui con alcuni di quei baroni ai vertici del potere accademico ha combattuto, spesso in silenzio, per tanti anni. Emarginato nel tentativo di mettere sotto i riflettori un concorso ritenuto truccato. I fatti risalgono al 2011, quando Scirè ambiva al ruolo di ricercatore in Storia contemporanea alla sede di Ragusa dell’allora facoltà di Lingue dell’Università di Catania. Otto anni dopo i professori della commissione che lo escluse sono stati condannata in primo grado per abuso d’uf – ficio con tutti i componenti interdetti dai pubblici uffici. Colpevoli, usando le parole della sentenza, “di avere agito con la consapevolezza di violare la legge”. “DOPO QUESTA inchiesta mi sento rincuorato perché finalmente ci sono dei responsabili. Ma dall’altro lato c’è un’istituzione a cui viene affiancata una presunta associazione a del inquer e”. Scirè in tutto il suo ragionamento ha una certezza granitica: “Non mi sono meravigliato perché da tempo ho denunciato queste nefandezze e conosco bene quei nomi”. Ben otto anni passati tra ricorsi amministrativi e aule del palazzo di giustizia di Catania. Perché nella sua complicata vicenda si sfiora anche il paradosso. I giudici del Tar e del Consiglio di giustizia amministrativa siciliano, nel 2014 e nel 2015, sposano la tesi di Scirè e indicano, nero su bianco, che la vincitrice del concorso, l’ar chi tet ta Melania Nucifora, non aveva i titoli. Motivo per cui il ricercatore, arrivato secondo in graduatoria, doveva essere chiamato nel posto che gli spettava di diritto. La sentenza però non è stata mai applicata. “Mi sono ritrovato da solo contro tutti – r ac co nt a al Fatto Quotidiano – E ancora oggi non ho ottenuto quello che mi ha certificato la legge”. Da quel 2011 la vita di Scirè ha preso una piega diversa in tutti i sensi. Con il suo caso arrivato anche sul tavolo del ministero dell’Istruzione. “Il viceministro ha scritto all’Uni – versità per chiedere lumi sulla mancata applicazione della sentenza e la mancata costituzione in giudizio come parte offesa. Da Catania però non ha mai risposto nessuno”, tanto che il 3 luglio a Roma sarebbe dovuto volare il rettore, indagato e sospeso da ieri, Francesco Basile: “Era stato convocato imp onendo gli di trovare una soluzione. Anche perché nel dipartimento c’è ancora la persona che ha usufruito del favore. L’incontro però, dopo quanto emerso con l’indagine, non si potrà svolgere”. Oggi Scirè porta avanti i lavori dell’associazione Trasparenza e merito che si occupa proprio dei concorsi universitari: “Dopo il mio caso la rotta è stata invertita. Bisogna denunciare senza avere paura. Riceviamo segnalazioni da tutta Italia in cui ci indicano i concorsi truccati e i vincitori dei bandi. Il nostro compito è affiancare queste persone in tutto il percorso”. L’A SS O C I A Z I O N E del ricercatore ha già annunciato di volersi costituire parte civile nell’eventuale processo ai vertici dell’Università di Catania. “Il mio è un caso simbolo ma adesso c’è molta più consapevolezza e in tanti decidono, come ho fatto io, di non stare in silenzio. Un’idea per il futuro? In Parlamento andrebbe creata una commissione d’inchie – sta sui concorsi universitari e, magari, si potrebbe partire proprio da Catania”.