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 2019  giugno 29 Sabato calendario

Alcol e scrittura

di Gabriele Romagnoli Olivia Laing aveva pubblicato nel 2018 ( in originale nel 2016) un saggio, dal titolo Città sola, sull’arte della solitudine, o sulla solitudine degli artisti, ambientato a New York. Ora esce (ma l’originale è del 2013) Viaggio a Echo Spring, con il sottotitolo: Storie di scrittori e alcolismo, ambientato in diverse città americane. I due libri sono evidentemente collegati. Il tema unico è lo smarrimento: chi scrive è il più solo tra gli artisti. Mentre i pittori si ritrovano a mazzi, gli scrittori al massimo girano a coppie, prima di un inevitabile litigio. Se New York accompagna le vite degli eremiti metropolitani, i grandi spazi degli Stati Uniti le frammentano e svuotano. L’alcol è un effetto, che a sua volta ne produce altri, a catena: insonnia, irascibilità, fragilità, disperazione, morte per suicidio. Su sei premi Nobel per la letteratura di origine americana, quattro erano alcolisti. Metà degli scrittori americani con questa dipendenza si sono suicidati. Vivere, scrivere, bere, ammazzarsi: il racconto non avrebbe bisogno che di questi quattro verbi. Ogni altro, cominciando con “spiegare” risulta inadeguato. Si può cercare piuttosto di comprendere, nel significato di capire, a livello spirituale, psicologico, affettivo. Olivia Laing parte con queste premesse, restringe il campo a sei scrittori alcolisti (in ordine di apparizione: John Cheever, Raymond Carver, Tennesse Williams, Francis Scott Fitzgerald, Ernest Hemingway, John Berryman), empatizza con le loro esistenze e le loro mancanze, ma poi, quasi per osmosi, si smarrisce, sovrappone elementi di critica letteraria, appunti di viaggio inconsistenti (per lo più fatti di conversazioni al cellulare sui treni), accenni autobiografici che includono una compagna alcolista scelta dalla madre dopo il divorzio. Ma non va a fondo, allude alla ferita senza scoprirla. Non scorre il sangue. Semmai l’acqua, che questi sei scrittori amavano quanto il liquido più scuro, essendo stati nuotatori e marinai. Il viaggio a Echo Spring, che sarebbe poi il nomignolo dato all’armadietto dei liquori contenente quella marca di bourbon nella Gatta sul tetto che scotta, perde la mappa, lascia sul terreno soltanto tracce. Gocce. Quanto alla luce in fondo al tunnel, viene affidata a uno slancio superiore e ineffabile. Tracce, dunque. Sospetti sugli indagati. Che sono tutti quanti «un mix irrecuperabile di fraudolenza e onestà». Tutti consapevoli impostori. A cominciare da Cheever che nel suo palazzo in un quartiere elegante di New York prendeva l’ascensore in giacca e cravatta come i coinquilini diretti agli uffici, attraversava con loro la hall ma, invece di uscire, scendeva nel seminterrato, si spogliava e, in mutande, scriveva fino all’ora dell’aperitivo. Vivere, scrivere, bere e, prima di morire, un altro verbo: fingere. Autori di finzione, in ogni senso. È vero, il manuale medico citato dalla Laing afferma: «La causa dell’alcolismo è sconosciuta». Eppure se ne possono rintracciare, almeno a proposito di questi scrittori, e di molti altri. Si tratta sempre di combattere qualcosa: la timidezza, la tensione, il giudizio del mondo. Bere non aiuta a scrivere, garantisce Hemingway ( «scrivere e combattere sono cose che occorre fare freddamente»), ma aiuta a sopravvivere dopo aver scritto, finché non basta più e allora aiuta a compiere l’ultimo passo. Evapora il cliché del bicchiere e della sigaretta accanto alla macchina per scrivere, evocato anche dalla copertina anglosassone del libro. Più opportuna l’immagine scelta per la copertina italiana: la scultura in bronzo di un ubriaco nella caratteristica forma dei pupazzetti dell’artista di Brooklyn Tom Otterness. Fa un po’ tenerezza, come i sei scrittori nei resoconti della Laing. Anche loro, al muro. Anche loro, amputati fin dalla nascita: figli dell’affetto negato, dell’abuso dei padri e della distrazione delle madri. Storditi nel prosieguo, incapaci di reggere, più ancora che la critica, l’autocritica, con la coscienza del bluff e la voglia di dichiararlo, ma costretti ad autoeliminarsi prima di cedere alla tentazione di farlo. Li annichiliva, parole di Tennessee Williams: «La sorprendente coesistenza del bene e del male, la scioccante dualità di un singolo cuore», che è poi quella del bevitore. L’epitaffio di gruppo lo detta Raymond Carver in un’intervista alla Paris Review: «Avrò iniziato a bere seriamente dopo aver capito che le cose che avevo voluto di più al mondo, per me stesso, per la scrittura, per mia moglie e per i miei figli, non sarebbero mai arrivate. È strano. Nessuno aspira ad andare in bancarotta o a diventare un alcolista». Non consapevolmente. A livello inconsapevole quella è l’autocondanna per una esistenza di finzione. Ci sono solo due vie d’uscita: la canna della pistola o il miracolo della resurrezione, del recupero, della seconda vita. «È una questione di fede, in un modo o nell’altro», scrive Olivia Laing in lacrime davanti alla tomba di Carver. Non ci sono logiche, né dodici passi che tengano. Può bastarne uno, per il vuoto o per la svolta. Come a volte un libro intero è surclassato dall’incipit di un singolo racconto, Il nuotatore, di Cheever: «Era una di quelle domeniche di mezza estate in cui tutti se ne stanno seduti e continuano a ripetere: “Ho bevuto troppo ieri sera”». Quando in realtà era un giovedì ed era già autunno. © RIPRODUZIONE RISERVATA Quattro dei sei Nobel Usa per la letteratura erano alcolisti. Metà degli scrittori con questa dipendenza si sono suicidati Bere non aiuta a scrivere, garantisce Hemingway, ma aiuta a sopravvivere dopo aver scritto, finché non basta più k Col bicchiere in mano ln senso orario: il drammaturgo Tennessee Williams, due volte premio Pulitzer; il poeta John Berryman, anche lui premio Pulitzer; Ernest Hemingway, premio Nobel nel 1954 Evening Standard/ Getty Images Terence Spencer/ The LIFE Picture Collection/ Getty Images Tore Johnson/ Pix Inc./ The LIFE Images Collection via Getty Images/ Getty Images Olivia Laing Viaggio a Echo Spring il Saggiatore Traduzione Francesca Mastruzzo e Alessio Pugliese pagg. 320 euro 24 VOTO aaccc