Robinson, 29 giugno 2019
Scampia non è solo Gomorra
Questo blocco di case popolari lungo la Circumvallazione esterna è stato un tempo confine di guerra, la linea sanguinosa fra il territorio del clan Di Lauro e quello degli scissionisti: nel pieno della faida di Secondigliano, fra 2004 e 2005, oltre 80 omicidi per il controllo del traffico di droga nell’area nord di Napoli. Adesso al Parco Prima Casa c’è un’insegna con un asino che vola, simbolo della fede sempliciona nell’impensabile, e sotto l’insegna – in vita – l’impensato, le porte aperte della prima libreria nata a Scampia, 140 metri quadri dove “sognare il sogno impossibile”. Già prima di avere scaffali e volumi, la Scugnizzeria era un guscio che l’associazione Vodisca (Voci di Scampia) animava con corsi di teatro, giochi, laboratori, sport. Solo fino a venti mesi fa chi abitava qui, nel territorio che l’immaginario collettivo ha imparato ad associare alla camorra, per comprare un libro doveva come emigrare, farsi 12 chilometri e arrivare in centro, nonostante si tratti del quartiere con il più alto tasso d’analfabetismo in Italia e allo stesso tempo quello con la maggiore percentuale di studenti, 20mila, più che a Perugia.
La storia di questa foresta cresciuta nel silenzio mentre gli alberi attorno cadevano con gran frastuono è merito di un trentunenne ed è figlia del suo dolore. Rosario Esposito La Rossa è stato nominato cavaliere dal Quirinale nel febbraio del 2017 per il suo impegno e il suo attivismo in difesa della legalità. Nel novembre del 2004 la sua famiglia s’è vista ammazzare il giovane Antonio, Landieri di cognome, la prima persona con disabilità vittima dei clan. Lui e cinque amici erano stati scambiati per un gruppo di spacciatori del rione. Gli altri furono feriti alle gambe mentre scappavano, lui venne ucciso accanto al biliardino dove giocava. «La nostra è una famiglia di operai» racconta Rosario «io sono stato il primo diplomato, non eravamo pronti a gestire tutto questo. Il funerale ci venne negato dal questore dell’epoca, Malvano. Ci sono voluti 10 anni e 2 mesi perché Antonio fosse riconosciuto tra le vittime innocenti. Dopo 13 anni e 8 mesi tutti gli autori materiali dell’omicidio sono stati condannati a 123 anni complessivi di carcere: cinque ventenni fatti di cocaina, che avevano sparato 38 colpi in 12 secondi. Si erano pure feriti fra di loro, sequestrando poi un infermiere per farsi medicare. Uno ha intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia: al posto dei buchi dei proiettili, nel polso porta un tatuaggio con le iniziali di mio cugino Antonio. Io giocavo a calcio nelle giovanili del Napoli. È da allora che i libri sono entrati nella mia vita».
Da qui in poi, ogni tessera del mosaico ne ha prodotta un’altra. Rosario scrive una raccolta di 27 racconti brevi, Al di là della neve, ambientati nel suo rione. La neve in gergo è la droga. Quando gli editori che gliela pubblicano, Marotta& Cafiero, lasciano Napoli per la Francia, affidano a lui l’azienda, che viene trasferita da Posillipo a Scampia. «Trentamila volumi, non sapevo dove sistemarli. Usai il magazzino di mio padre, metalmeccanico». Così comincia a crescere l’idea della libreria. «La start-up è stata una scatola di scarpe», racconta. Una scatola rossa che vende in giro per l’Italia. La chiama “Made in Scampia box” perché intanto il nome del quartiere è diventato un brand – un brand in nero, senza dubbio – e lui ne propone l’altro volto. La riempie di libri e di prodotti delle associazioni locali, quel volontariato che nei film non si vede mai. «Cinquantamila euro. Abbiamo comprato un ex centro estetico dove adesso stiamo stretti. Il mese prossimo prendiamo il locale accanto. Senza un euro di finanziamento pubblico».
Ed è qui che s’incastra la tessera del nuovo lavoro con cui Esposito La Rossa si trova da un paio di mesi in libreria, Eterni secondi – Perdere è un’avventura meravigliosa (192 pagine, euro 14,90, illustrazioni di Lorenzo Conti), pubblicato da Einaudi Ragazzi. Venti storie di sport che raccontano la sconfitta, «perché è da una sconfitta che a sua volta questo libro nasce. Quando abbiamo aperto la Scugnizzeria, un giorno arrivò una scatola di volumi da parte di Einaudi Ragazzi. All’inizio pensavo fosse l’errore di un postino. Invece erano proprio loro che ci incoraggiavano ad andare avanti. Ci proponemmo per scrivere la nostra storia. Partimmo con grandi aspettative e speranze, ma alla fine il progetto non era all’altezza. Venne bocciato. I ragazzi erano molto dispiaciuti. Pensai che raccogliere storie di sconfitte sportive, parlarne con loro nei nostri spazi, ragionarci, potesse essere un buon modo per accettare quello che ci era capitato. Perdere è un modo per migliorarsi. Ogni bambino ha il diritto di non essere un campione nello sport, meglio esserlo nella vita».
Tutto è fragile in un posto come Scampia. Ma non si è mai stati più vicini d’ora a quella che si presenta come una Primavera. Sei mesi fa è stata inaugurata la nuova stazione della metro, rilanciata con 46 milioni d’investimento dalla Regione: il Vomero è a sette fermate, Napoli Centrale altre dieci più in là. Vent’anni fa la più vecchia fra le associazioni del posto, il Gridas, aveva colorato il rione con i murales di Felice Pignataro. Raccontavano di guerre e neocolonialismo. Sui palazzi di fronte alla stazione ora si sono aggiunte le opere di Jorit: i volti di Pasolini e Angela Davis. «La gente ha preferito per molto tempo non prendere la metro a Scampia, a costo di scendere alla fermata di Chiaiano». Raro e Fabio Biodpi Della Ratta hanno invece ritratto undici pacifisti lungo il muro di cinta dello stadio: Gandhi, Luther King, Mandela, ma anche Claudio Miccoli, ambientalista e fumettista, ucciso a bastonate da neofascisti nel 1978 mentre provava a riportare la calma durante un’aggressione a un militante di sinistra. Lo stadio di Scampia nel frattempo porta proprio il nome di Antonio Landieri. «Credo sia uno dei pochi stadi italiani intitolati a una persona che non ha mai giocato a calcio» sorride Esposito La Rossa. L’erba sintetica è stata prodotta con i resti di 77mila pneumatici abbandonati nella Terra dei fuochi. Ci giocano 600 bambini, Rosario dice che «camminare su quel prato è come calpestare la diossina e i tumori». Restart Scampia è il progetto comunale (27 milioni) per la riqualificazione dell’area delle Vele. Il processo di trasferimento degli abitanti della Vela verde è completato,
l cantiere per la sua demolizione è delimitato, nelle prossime settimane verrà giù uno dei simboli del degrado di Scampia. Tra fine 2019 e 2020 si trasferiranno qui alcuni corsi della Facoltà di Medicina. Dove si veniva a comprare droga, i giovani arriveranno per studiare. Scampia è un rione di piccole cose a lungo negate. Non tutte le strade hanno avuto subito un nome né numeri civici. Quello che era il Lotto K adesso si chiama Parco Corto Maltese, era una piazza di spaccio, i condomini adottano aiuole e giardini. In Largo della Cittadinanza Attiva è nato il primo ristorante parteno- balcanico: si chiama Chiku, in cucina lavorano una di fianco all’altra ragazze napoletane e di etnia rom, fanno la pizza fritta e la moussaka. Scampia non è diventata il paradiso. È una terra che lotta per non essere solo inferno. La Scugnizzeria di Esposito La Rossa e di sua moglie Maddalena Stornaiuolo, attrice, è dentro questa rinascita. «Una volta a Scampia ci veniva solo il ministro dell’Interno» nota Esposito La Rossa. Il nome del rione finì la prima volta sui giornali nazionali per un furto di mele: derubato dal suo guardiano, un contadino venne preso a colpi di forcone dal cugino del ladro. Era il 5 ottobre del 1928. Poi più nulla fino al 1970, quando una maniscalco, padre di due figli, venne trovato decapitato nella baracca in cui lavorava. Seduto a tavola, stava mangiando. La testa venne chiusa in un sacchetto e gettata in aperta campagna. Una storia di corna. Scampia si presentava in tutta l’efferatezza che la fiction avrebbe poi raccontato. Ora arrivano attori e scrittori, qualche settimana fa come una star è passato Jeff Kinney, il papà americano della Schiappa, 200 milioni di copie, tradotto in napoletano da Francesco Durante. Arrivano e scoprono un’altra Scampia. Radio Nunù è un’emittente per dislessici: ogni venerdì il microfono è dei minori. La famiglia Welby ha donato alla Scugnizzeria pennelli, carboncini e attrezzi di Piergiorgio. I ragazzi che frequentano la libreria creano marionette con la segatura per il teatro delle guarattelle. «Impiegano due mesi per farne una, ma nel frattempo sono due mesi in cui sono stati insieme a far qualcosa». Qui è nato l’Ospedale dei libri, dove vengono riparati volumi con piccole imperfezioni sia grafiche sia di rilegatura altrimenti destinati al macero. «Aggiustare una storia insegna ai ragazzi che possono anche aggiustare la propria». In furgoncino girano per tipografie a cercare lo sfrido, gli scarti di lavorazione che vengono recuperati per fabbricare taccuini. Qui si viene a studiare, a imparare come ci si trucca a teatro, come si produce un poster misurando col tipometro i caratteri in piombo e in legno. «La sfida è creare un alfabeto nostro». Come nell’antica tradizione del caffè nei bar di Napoli, al banco si trova il libro sospeso. C’è chi ne paga uno in anticipo per il prossimo sconosciuto indigente che verrà: in 20 mesi sono arrivati a 823. «Non abbiamo vinto niente» dice Rosario «ma almeno stavolta non stiamo perdendo».