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 2019  giugno 28 Venerdì calendario

Il caso Cenci, strangolato in Spagna dal suo stalker

In tribunale io l’ho guardato l’assassino di mio figlio. Volevo che incrociasse i miei occhi. Quando l’ha fatto, aveva un’aria di sfida, come se mi dicesse: ce l’ho fatta, l’ho ammazzato”. Roberta Previati non ha mai raccontato il suo calvario. Lei e suo marito Mario sono persone riservate, il dolore se lo sono vissuto con dignità e senza mai cedere alla tentazione dei salotti tv. Roberta decide di parlare a due anni dall’uccisione del figlio avvenuta il 2 luglio 2017 perché ha paura. Paura che in Appello la sentenza di primo grado che ha condannato Eder Guidarelli a trent’anni di carcere (il massimo della pena in caso di rito abbreviato) non venga confermata. “Il giudice non ha riconosciuto la premeditazione e la minorata difesa, il pubblico ministero ha fatto ricorso ma non sappiamo come finirà, so solo che ho paura, un domani, di leggere passaggi come ‘tempesta emotiva’”.
Per comprendere la paura di Roberta bisogna ripercorrere questa vicenda assurda, che racconta un’ossessione feroce di un ragazzo nei confronti di un altro ragazzo. E un epilogo a Valencia, a 1.500 chilometri da casa di entrambi. Tutto inizia nel 2016 a Pontelagoscuro, Provincia di Ferrara. L’allora 31enne Marcello Cenci, bel ragazzo e un discreto successo con le donne, ha un flirt con Irene. Quest’ultima è fidanzata da anni con Eder Guidarelli, anche lui trentunenne, adottato in giovane età dal Brasile insieme a sua sorella. Eder e Marcello si conoscono fin da ragazzini, le loro famiglie d’estate si incontrano nelle Marche, in un piccolo paese dove entrambe possiedono una casa. Eder scopre il flirt tra Irene e Marcello, lei dopo un po’ lascia Eder e quest’ultimo sviluppa un’ossessione nei confronti di Marcello che sfocia in avvenimenti sinistri, sottovalutati dalle forze dell’ordine.
Roberta spiega l’inizio: “Il primo agosto 2016 Marcello è partito per Valencia, per fare il cameriere. Il 28 torna a casa e Eder lo picchia in piazza, a Ferrara. Poi Eder inizia ad appostarsi sotto casa, fa la pipì sul portone, gli manda sms minatori. A settembre si presenta a casa nostra, Marcello è tornato a Valencia e lui vuole sapere l’indirizzo della sua casa spagnola”.
Perché questa ossessione? 
Era convinto che Marcello avesse foto della sua ex sul telefono e anche un video dei due in intimità, mai esistito. Li voleva vedere, era fissato.
Gli date l’indirizzo?
No, ma a novembre Eder va a Valencia e lo trova. Picchia di nuovo Marcello, lo fa svenire per i pugni e gli ruba il cellulare da cui mi manda degli sms fingendosi mio figlio, dicendo che andava tutto bene.
Marcello lo denuncia?
Sì, e a Natale torna a Ferrara. Il 26 dicembre, sotto casa, sento delle urla. Eder aveva aspettato Marcello e lo stava colpendo in testa con le chiavi della macchina. Mio marito è corso fuori in mutande, a Marcello hanno messo 55 punti.
Le forze dell’ordine che dicevano?
La volta prima che erano ragazzate. Alla terza aggressione hanno dato a Eder un divieto di avvicinamento di 200 metri, una cosa ridicola.
Avevate paura?
Io tanta. La sera andavo da sola davanti casa di Eder, sapevo che se la finestra del bagno era aperta lui era in casa.
E Marcello?
Era terrorizzato. I primi giorni dopo l’aggressione dormiva con me sul divano. Lasciava un coltello sul tavolo davanti alla porta.
Poi torna a Valencia. 
E fa un errore. Apre di nuovo la sua pagina Facebook. Eder si crea un finto profilo femminile e flirta con lui. Dirà che voleva capire come facesse Marcello a sedurre le donne. Dopo alcuni mesi, dal finto profilo, annuncia che va a Valencia a trovarlo. Marcello non gli dà l’indirizzo ma gli aveva mandato foto di casa sua al porto, Eder individua il terrazzo, una sera parte da Ferrara, percorre 1.500 km in auto e lo aspetta sotto casa.
E lo uccide. 
Sì, la notte tra l’1 e il 2 luglio, il giorno in cui c’era stato il patteggiamento per le denunce. Alle tre di notte mio figlio è davanti all’ascensore quando Eder lo aggredisce e lo strangola. Marcello rimane a terra, impiega 20 minuti per morire.
Eder, durante l’interrogatorio, racconta che dopo averlo strangolato gli ha anche rotto quei suoi “occhiali da Johnny Depp” e gli ha buttato soldi addosso per scherno. 
Mio marito è uscito due volte dall’aula mentre ascoltava certe cose.
Quando avete saputo della sua morte?
È morto alle tre del mattino, sono venuti a dircelo a casa due carabinieri alle sei del pomeriggio.
Si poteva fare di più?
La legge non l’ha protetto, io non nego di aver pensato ad altri rimedi in certi momenti, ma siamo persone perbene…
Eder ha preso 30 anni, cosa temete?
Non è stata riconosciuta la premeditazione ed è assurdo, dopo lo stalking, tre aggressioni e un viaggio fino a Valencia per ammazzarlo.
Non è stata riconosciuta neppure la minorata difesa. 
Eppure mio figlio aveva bevuto. L’ho sperato che avesse bevuto prima di conoscere i risultati dei test, meglio saperlo meno cosciente quando è morto.
Avete paura del giorno in cui Eder uscirà?
Io ho molta paura di una riduzione di pena. Già così uscirà che avrà 60 anni e io temo che verrà a cercare qualcuno della mia famiglia. È un violento, non sa elaborare il dolore, in cella è stato intercettato mentre diceva che avrebbe voluto vedere Marcello su una sedia a rotelle, sognava che soffrisse tutta la vita più ancora della sua morte. E per sette mesi ha negato l’omicidio.
Un ricordo di Marcello?
Sono andata a qualche seduta dallo psicologo, mi ha detto di scrivere un libro, ma cosa dovrei scrivere? Marcello era un ragazzo normale con i suoi difetti, era un donnaiolo, aveva un caratteraccio. Però era anche altro e questa brutta storia paradossalmente ci aveva avvicinati tanto. Noi siamo stati genitori severi, improvvisamente lui ci aveva scoperti protettivi e noi lo vedevano indifeso. È morto quando per me era tornato a essere un bambino.