Yuppies è una fotografia degli anni Ottanta.
«Quando uscì, la critica lo accolse tiepidamente ma negli anni ci sono stati saggi a spiegare che è uno dei film che meglio fotografa l’Italia degli anni Ottanta e Novanta. In Sotto il vestito niente avevamo raccontato la Milano della moda, poi c’era il melò borghese di Via Montenapoleone e infine era arrivato Yuppies . Ci divertiva l’idea di un gruppo di cretinoni fissati con la finanza che puntavano a modelli irraggiungibili: alla fine del film si ritrovano a Cortina, mangiano davanti al caminetto, vedono arrivare Gianni Agnelli in elicottero e sognano, poi arriva il conto e litigano, "la tua cotoletta costava di più", "la tua amica si è fatta fuori quattro profiterol". Il nostro paese stava andando verso un modello newyorkese di giovani professionisti rampanti, personaggi che però restavano quelli dell’Italia di Totò e Sordi. Oggi gli yuppies sono vecchietti che ricordano di essersi divertiti tanto. C’era allegria, nel paese».
L’Italia da bere sfociata in quella di Mani pulite.
«Gli Ottanta hanno cambiato il rock, la moda, il cinema, hanno creato il culto dei marchi. Poi siccome sono anche gli anni della nascita delle tv Berlusconiane e del craxismo, la Thatcher, Reagan, sono stati demonizzati da una critica ideologica. Io li ricordo meravigliosi, una sbornia di ottimismo anche ingiustificata ma si veniva dai Settanta, pesantissimi. Nella commedia anche Yuppies lasciò un piccolissimo segno».
E molti seguaci.
«Fin da subito un seguito enorme di appassionati feroci. Boldi e Calà ricevevano migliaia di lettere perché i fan volevano un seguito ma Carlo disse di no: "Perché devo rifarlo? È venuto così carino?". Non amava ripetersi"».
Nel 1986 il film fu lanciato così: "Stanno arrivando gli yuppies. Hanno già invaso le nostre città: viaggiano in turbo, lavorano in basic, sono firmati dalla scarpa alla mutanda".
«Il film, lo ammette anche Della Valle, lanciò le Tod’s. All’inizio Jerry apriva un armadio pieno di Tod’s, quella scena fu presentata da Baudo a Domenica in , la videro otto milioni di italiani, il marchio fece il botto. Le avevamo scelte perché le indossava Agnelli e il cretinone Calà se le era comprate tutte, ma non c’era un accordo economico».
Chi sono gli yuppies oggi?
«Il mondo è cambiato ma gli yuppies di allora hanno influenzato il mondo dei nostri manager, riempiono i Frecciarossa e gli aerei, vestiti uguali, pieni di tablet e mail e parole e titoli in inglese. Non sono bravi come sembrano e questo mette pensiero, anche se il loro yuppismo di rimbalzo mi fa anche ridere».
Yuppies lanciò il duo Boldi-De Sica e fu il debutto di Ezio Greggio...
«Sì, facevano coppia per la prima volta e si capì subito la forza dirompente del loro rapporto: il romano sbruffone e il milanese un po’ imbranato. Greggio che veniva dalla tv ed era perfetto come venditore di auto affabulatore e cinico. Il protagonista doveva essere Calà ma fu mangiato da Boldi e De Sica. Tanto che De Laurentiis, dopo tanti film con lui, si spostò su Boldi e De Sica. Credo che a Calà sia rimasta sempre questa ferita. Poi c’erano Corinne Clery, Guido Micheli il "cumenda" milanese, la grande Valeria D’Obici».
Un ricordo personale?
«Qualche anno prima io e un giovane produttore eravamo soli d’estate, le mogli in vacanza come in un film di Sordi. Conoscemmo due ragazze fighissime, le invitammo a cena, volevano andare dal Bolognese, un famoso ristorante del centro di Roma. Si presentano con minigonne ascellari e abiti improponibili. Diciamo che il ristorante è chiuso, per non farci vedere da nessuno le portiamo in una trattoria a Prima porta, zona cimitero. C’era un mio amico che festeggiava il compleanno con 27 persone che conoscevo. L’esperienza è finita dritta nel film».