la Repubblica, 28 giugno 2019
Kim Kardashian fa infuriare il Giappone
Ai giapponesi proprio non è andata giù. La scelta di Kim Kardashian, la star dei reality show e moglie del rapper nero – e trumpiano – Kanye West, di chiamare Kimono la sua linea shapewear (fasciante), è offensiva. Anzi di più: un tentativo di appropriazione culturale, accusa che qui in America, in questi tempi di estrema correttezza politica, non è affatto leggera. In effetti i mutandoni color carne abbinati a reggiseni altrettanto imponenti lanciati dalla giunonica diva del trash americano non hanno davvero nulla a che fare con i delicati abiti femminili, tradizionali del Paese del Sol Levante e così antichi che risalgono al periodo Nara, il medioevo giapponese. E Kim, c’è da giurarci, ha scelto quel nome solo perché ricorda il suo. Non stupisce che la reazione nipponica sia stata tutt’altro che positiva. In tanti hanno usato i social per attaccare la star con l’ hashtag #KimOhNo. Gioco di parole fra Kimono, e «Kim, ti prego, no». Difficilmente un personaggio come Kim Kardashian se ne preoccuperà. Tanto più che non è nuova ad episodi di “appropriazione culturale": in passato ha scatenato polemiche per essersi scurita la pelle e aver sfoggiato acconciature afro pur senza esserlo. Abituata agli scandali, di sicuro non si preoccuperò di aver scambiato un paio di mutande per un kimono.