la Repubblica, 28 giugno 2019
Selfie economy
Chi pensava fosse soltanto un fenomeno narcisistico, una tendenza di passaggio, dovrà probabilmente rivedere le previsioni. Perché i selfie hanno cominciato a muovere un’economia che ha a che fare con la tecnologia, con i telefonini sempre più potenti con telecamere frontali, con lo sviluppo dei selfie stick, ma anche con i viaggi, gli hotel, i tour fra arte e cultura. Da vezzo a business, il passo è breve se si pensa che il fenomeno riguarda ogni giorno milioni di persone, milioni di immagini e di sfondi in libera circolazione che viaggiano sui social e vengono condivisi. Facce anonime con il David di Michelangelo alle spalle, con la Tour Eiffel, sposi a Disneyland, star della musica immerse nella vasta da bagno, campioni di calcio che si mostrano in una stanza da letto, politici che si fotografano a tavola. Il selfie è un segno del tempo che stiamo attraversando: prevalenza dell’immagine, dell’io e dell’istante. Un neo-linguaggio che viene studiato da tempo nei centri di ricerca e nelle università e che ha oramai una diffusione che non può che fare gola e mercato. In giro per il mondo si cominciano a vendere i “pacchetti” per facilitare i turisti a diffondere i selfie sui propri social: Flick dove la parola selfie ha debuttato, Instagram, Twitter, Facebook, Snapchat. A Parigi, nel 2014 il Mandarin Oriental Luxury Hotel offriva a 995 euro un selfie tour, ad Atene l’Hotel Grand Bretagne ha un “selfie spot” per immortalarsi con l’Acropoli sullo sfondo, mentre il Marriot Hotel offre ai propri clienti al momento del check-in un selfie stick per il tour nel deserto in California.
«È inevitabile che i selfie siano diventati un affare», spiega Maurizio Tesconi del Cnr di Pisa che nel 2015 con un gruppo di ricercatori ha studiato le facce, i generi e stimato i numeri di un fenomeno in aumento e che non riguarda più soltanto la fascia giovanile fra i 18 e i 30 anni come era fino a qualche anno fa. «Nello studio che abbiamo prodotto nel 2015 fra l’altro l’Italia era ai primi posti nella classifica se si rapporta il numero di selfie con la popolazione attiva e ricordo che erano più le donne degli uomini a postare: 61,4% a 38,6%». La società di consulenza McKinsey & Company ha rilevato che le spese per consumi personali su “servizi correlati all’esperienza” ( le spese immateriali) sono aumentate del 5,3% negli Usa tra il 2014 e il 2016, mentre quelle per le merci solo del 2,5%. Stessa tendenza nell’Europa occidentale dove le spese per le esperienze sono aumentate del 5% tra il 2015 e il 2017, rispetto al 2,3% per le merci.
L’ascesa del selfie ha anche scosso il mondo della fotografia e spostato il centro di gravità verso l’Asia dove viene prodotta la maggior parte degli smartphone. Il gigante cinese Huawei, per esempio, è diventato un leader del settore per le fotocamere degli smartphone dopo aver collaborato con la tedesca Leica. «L’evoluzione delle fotocamere dei cellulari è andata di pari passo con i social in grado di trascinare la tua vita e quello che fai, registrando tutto» ha spiegato Roberta Cozza, analista della società di ricerche americana Gartner.
In Italia, a Livorno di recente è spuntata sul lungomare, fra mille polemiche, una statua dedicata all’attore Bud Spencer che l’ex sindaco pentastellato Filippo Nogarin ha voluto per ricordare il posto in cui sono stati girati alcuni film: «È una statua studiata apposta per i selfie – racconta – infatti è senza piedistallo, a grandezza naturale e in una posizione che consente di avere il mare come sfondo». Il risultato: nei primi giorni c’era la coda per il selfie con la statua di Bud.