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 2019  giugno 28 Venerdì calendario

Critiche alla meglio gioventù macronista

Un po’ boyscout un po’ gioventù macronista, oggi si chiude la prima fase, sperimentale, del «servizio nazionale universale», promessa elettorale dell’allora candidato Emmanuel Macron per ripristinare almeno qualcuno dei pregi riconosciuti alla leva militare sospesa nel 2002: insegnare l’educazione civica, coltivare il patriottismo, fare conoscere tra loro giovani francesi di estrazioni sociali e provenienze geografiche diverse. 
Se la Francia è divisa e fratturata, come denunciano molti studiosi come Jean-Pierre Le Goff o Jérôme Forquet, fare trascorrere un mese insieme a spese dello Stato ai ragazzi venuti da tutta la Francia, dalle campagne di Borgogna e Normandia alle città da Nizza a Brest, sembrava una buona idea. «Il bilancio è molto positivo – ha detto senza sorprese la segretaria di Stato alla Difesa Geneviève Darieussecq in visita a un accampamento —. Qualcuno parlerà di organizzazione militare, ma è una struttura dove ci sono un inquadramento e delle regole da rispettare. Un modo di stare in società che ci permetterebbe di vivere molto meglio, se tutti accettassero queste regole». Questo è uno dei punti più delicati: quanti accetteranno le regole, quando nei prossimi anni il servizio diventerà obbligatorio per tutti e coinvolgerà 800 mila adolescenti? Chi riuscirà a convincere i più ribelli ad assumere l’aria impettita e omaggiare ogni mattina la bandiera, in una cerimonia che sembra fatta apposta per essere dissacrata, specie quando si hanno sedici anni? 
Per adesso, i partecipanti a questa prima fase di prova, dal 16 al 28 giugno, erano tutti volontari: 2038 ragazzi tra i 16 e i 18 anni, radunati in 13 dipartimenti (le province francesi), uno per regione e per l’oltremare, che hanno dormito in camerate (separate per maschi e femmine), si sono svegliati la mattina presto per salutare la bandiera e intonare la Marsigliese, e poi hanno seguito corsi di pronto soccorso, compiuto marce nella foresta, imparato tecniche di difesa personale, le norme del codice della strada, e sono stati sensibilizzati ai valori di libertà, uguaglianza e fraternità, seguiti da 500 istruttori. 
In un’atmosfera a metà tra campo survivalista e inquadramento paramilitare, i ragazzi hanno indossato la divisa disegnata dagli studenti del liceo Le-Corbusier di Tourcoing, nel Nord, che è stata scelta tra una decina di proposte: pantaloni e giacca blu, maglietta bianca e cappellino con il logo SNU blu-bianco-rosso. Secondo il segretario di Stato all’Educazione nazionale, Gabriel Attal, responsabile del progetto, «i ragazzi sono riusciti a esprimere in modo artistico e grafico i valori della Repubblica». 
L’addestramento 
Lezioni di pronto soccorso, auto-difesa, codice della strada, marce nelle foreste 
Per molti volontari il Snu è una specie di tappa di avvicinamento alla carriera militare. «Da grande voglio entrare nell’esercito – ha detto Vincent a Europe 1 —. Non mi fa paura perché mio zio era militare e mi ha già insegnato molte cose. Penso che questa esperienza mi servirà in futuro». 
Ma chi ha altri progetti potrebbe essere tentato dalla derisione, come già è accaduto in questi giorni sui social media dove molti si sono scatenati paragonando i campi dello Snu ai reality show o a colonie delle vacanze miste dove dare sfogo agli ormoni superattivi dell’adolescenza. Il sindacato «Solidaire» chiede l’abbandono dello Snu perché «si basa su un’impostazione militarista e nazionalista» e «vuole imporre ai nostri giovani un unico modello di impegno nella società». 
Il governo respinge le accuse, «non bisogna confondere militarismo e patriottismo», dice Attal. Il 14 luglio, 150 sedicenni in divisa parteciperanno alla parata sugli Champs Elysées.