la Repubblica, 27 giugno 2019
Parte il tour dei Subsonica
È il più grande, il più saggio del gruppo, il molto venerabile Max Casacci che tutto guarda con sapienza antica e guizzi di limpida audacia. Gli abbiamo chiesto, nell’imminenza del tour estivo che inizierà domani al Rockazoo Music Festival di Verona, di spiegare il segreto Subsonica.
Diciamo la verità, Casacci, questa entità è davvero singolare. Sembra sempre sul punto di dissolversi, poi vi rimettete a lavorare insieme e come per magia tutto torna come prima, possibile?
«A distanza di vent’anni credo che l’unica lettura possibile sia questa: il gruppo è un’entità che vive di vita propria. Ci sono dinamiche forti che superano le inclinazioni dei singoli.
Nell’affetto della gente che ci segue e che è affezionata al gruppo c’è anche molta severità per le aspettative che creiamo, ma noi dall’interno non la vediamo in questo modo, anche se forse possiamo dare quell’impressione. Ci sono legami forti che superano le letture individuali. È l’unica spiegazione che riesco a darmi: i Subsonica sono la somma esponenziale di cinque forti individualità».
Vent’anni sono tanti, e mai un cambiamento. Un record?
«Ho passato al setaccio le biografie dei gruppi perché mi sono fatto alcune domande. Sono tanti i gruppi che sono rimasti insieme per così tanto tempo con la stessa formazione? La risposta è no, a parte i Pooh, che con qualche cambiamento hanno tenuto botta per trentasei anni. Diciamo che abbiamo lasciato a ognuno di noi la possibilità di poter sperimentare quello che voleva, a briglia sciolta…».
Ma non sarà come succede a certe coppie che hanno l’intelligenza di lasciarsi margini di libertà e riescono a essere più longeve di altre?
«Diciamo che il paragone potrebbe essere calzante».
Eppure in questi vent’anni è cambiato tutto intorno a voi. La musica oggi è altra cosa. Non sentite la pressione del dover rispondere a queste trasformazioni?
«Certo che sì, ma la ribaltiamo in senso positivo. Soprattutto per quanto riguarda le esibizioni dal vivo. Il mondo cambia è vero, ma non è la prima volta e noi stiamo per doppiare il ciclo, la questione ci si presenta in forma di curvatura dei mondi, e l’abbiamo avvertito nella preparazione del live. C’è una generazione che è tornata a riempire i concerti di artisti emersi negli ultimissimi tempi. Per altri può essere una minaccia. Per noi è uno stimolo riposizionarci in questa nuova geografia. Siamo stati considerati importanti sia nell’underground che nel mainstream, ma questo oggi sarebbe una zavorra. A un ragazzo oggi non interessa quello che sei stato, abbiamo interpretato il tour invernale e ora quello estivo come la sfida di un gruppo che potrebbe partire svantaggiato dalla propria storia, abbiamo lavorato pensando che siamo la miglior band live che ci sia in Italia, perché bisogna andare avanti con semplicità, ma anche col coraggio di ricominciare da zero come se dovessimo convincere il pubblico da capo».
Come sarà organizzata la sfida?
«Abbiamo un’eredità da rispettare, diciamo che non possiamo scendere sotto un certo livello di spettacolarità. Certo sarà diverso dal tour nei palazzetti, in molti casi andremo in festival dove bisogna adattarsi alla situazione specifica, ma il livello dell’esperienza sensoriale sarà mantenuto tutte le volte.
Abbiamo inserito in scaletta Sole silenzioso, in un momento in cui nuovi autoritarismi si fanno sentire, per ricordare che non stiamo proteggendo le libertà che sembravano acquisite».
Altre novità?
«Siamo a vent’anni esatti dall’uscita di Microchip emozionale. L’annuncio del compleanno è stato talmente ben accolto che abbiamo deciso di suonare il disco per intero in tre occasioni, a Torino, a Roma e a Melpignano. Torino perché è la nostra città, Roma perché è stata la città di adozione che ci ha cullato in un affetto materno, poi a Melpignano perché anche il Salento per noi è una seconda patria e poi ci piaceva l’idea simbolica di scegliere nord, centro e sud».
A proposito di famiglie allargate, non posso non chiederle di Samuel e della sua prossima esperienza di giudice a X Factor. Come l’avete presa?
«I Subsonica sono prioritari, questo è il non detto che è stato silenziosamente ribadito, e del resto non c’è da condividere alcunchè se non qualche piccolo punto di logistica. Ma torniamo al discorso iniziale. La storia del gruppo ha un respiro molto ampio, dobbiamo capire quando ci sono valutazioni individuali, richieste di fare esperienze diverse, in questi casi lasciare la briglia sciolta c’è sembrato indispensabile. Va da sé che nel modo in cui è strutturato l’affetto intorno alla band c’è qualcosa di quasi religioso, e a qualcuno potrà senbrare un’intrusione, altri potranno non digerire la cosa, come fosse la violazione di uno spazio intimo, ma questo succede ogni volta che si arriva a contatto coi grandi media televisivi, anche quando lo facciamo come Subsonica. Prima che a Samuel è successo a Boosta.
L’equivoco è sempre possibile se ci dimentichiamo che i talent show come X Factor sono soprattutto programmi televisivi. Su un palco dal vivo è un’altra cosa ed è lì che troverete i Subsonica».