La Stampa, 27 giugno 2019
Implode l’ultimo pezzo del ponte Morandi
Da 318 giorni incombono nel vuoto sopra Genova, le grandi “A” dei monconi del ponte Morandi, spezzato il 14 agosto 2018. Domani alle 9 di mattina, nel giro di sei secondi, spariranno per sempre dallo skyline di una città che resta ferita. E assisterà col fiato sospeso all’implosione delle pile 10 e 11, due colossi alti oltre 90 metri a un soffio dalle case. Per l’occasione saranno a Genova i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio e la ministra della Difesa Elisabetta Trenta. Ci vorranno frazioni di secondo affinché le microcariche spezzino le “gambe” dei piloni, che collasseranno incrociandosi: 20 mila metri cubi di cemento e acciaio si abbatteranno per effetto dell’esplosione di oltre 600 chili di candelotti esplosivi. La sequenza delle esplosioni sarà rigidamente controllata dal detonatore arrivato solo ieri dalla Spagna: prima verranno tranciati i cavi che rinforzano gli stralli sulla pila 11, aggiunti nel 1993. L’intervento dell’esercito Operazione di cui si occuperà l’Esercito, con il nono reggimento incursori. Poi, dalle vasche posizionate sul ponte, verranno proiettate delle colonne d’acqua alte sino a 90 metri per bagnare le polveri del cemento che si spezza prima che possano liberarsi nell’aria. Per la stessa ragione, alla base delle pile, ci saranno anche 12 “cannon fog”, irrigatori e altre vasche d’acqua. Tutto con l’obiettivo di minimizzare la dispersione di polveri: nel calcestruzzo del ponte c’è infatti amianto, anche se in concentrazioni minime. Un fattore che ha comportato un aumento esponenziale delle misure di mitigazione e della preoccupazione di chi abita intorno al cantiere. «Demolire i ponti è un procedimento abbastanza consolidato. Qui stiamo cercando, forse per la prima volta in Italia, di ridurre in maniera importante la produzione di polveri», ha spiegato Alberto Iacomussi, ingegnere e capo progettista del consorzio delle aziende demolitrici. Genova si prepara a una giornata di passione: 35 gradi, tutte le strade nel raggio di 300 metri dall’esplosione chiuse e 3. 400 persone evacuate, smistate in nove centri di accoglienza: palestre, chiese, palazzetti dello sport. Pronte 1. 200 brandine Dovranno lasciare finestre e porte chiuse e non potranno rientrare prima delle 22, quando si attende il responso delle analisi sulla qualità dell’aria e sull’eventuale presenza di fibre di amianto. La Protezione civile regionale ha preparato 1. 200 brandine, da distribuire nel caso in cui non ci fosse l’ok al rientro in tarda serata. Sospesi anche gli orali della maturità nelle scuole cittadine. Sarà bloccato il tratto terminale della A7, chiusrura che ha obbligato a un piano straordinario per la viabilità: in tutta la città è vietato il transito dei mezzi pesanti, esclusi alcuni corridoi pensati per quelli diretti in porto, che useranno la A26 o la A10. A preoccupare è anche il traffico privato diretto in porto per il terminal traghetti: diciotto accosti previsti, 4. 000 auto da imbarcare e oltre 12. 000 passeggeri movimentati. Dovranno arrivare dalla A10 o dal casello di Genova Est, mentre saranno minori le ripercussioni sul funzionamento dei treni. «Ma noi prevediamo che intorno alle 18 tutti i tratti del nodo genovese possano riaprire regolarmente», ha detto ieri il sindaco-commissario alla ricostruzione Marco Bucci. Non è un caso se lui stesso si autodefinisce “campione mondiale del bicchiere mezzo pieno”.