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 2019  giugno 27 Giovedì calendario

Parla lo chef del miglior ristorante del mondo

Cinquemila prenotazioni in meno di 20 ore. Telefoni ed emozioni in tilt. Potere delle classifiche. In questo caso della «World’s 50 Best Restaurants», che da Singapore ha assegnato lo scettro di miglior ristorante del mondo al Mirazur guidato da Mauro Colagreco a Mentone, in Costa Azzurra. Lo chef argentino di origini italiane, 43 anni e una lunga carriera iniziata dalla gavetta con i grandi e proseguita fra premi e stelle Michelin (3 nel 2019), ha la voce emozionata e il tono gentile. «Ora faremo una grande festa con tutta la squadra» promette. 
È un’edizione particolare, questa, perché per la prima volta il regolamento del premio prevede che non siano più in gara i vincitori del passato, da Massimo Bottura (primo posto nel 2016 e nel 2018) ai fratelli Roca, che entrano in una sorta di Hall of Fame fuori graduatoria chiamata «Best of the Best». Una decisione che ha scatenato polemiche.
I vincitori del passato non sono più in gara. Per alcuni questo falsa la graduatoria perché elimina i rivali più forti. Cosa ne pensa?
«Non sono d’accordo. Credo sia giusto dare respiro ai giovani. Ce ne sono tanti nel mondo che fanno cose fantastiche e devono avere una chance. Per quanto riguarda noi del Mirazur, poi, già l’anno scorso eravamo terzi, insomma non eravamo fuori dalla corsa. Questa non è una competizione ma un’opportunità, ed è giusto che sia allargata a nuovi nomi. Non mi dispiace pensare che l’anno prossimo sarò fuori e lascerò questa possibilità ad altri».
In alcune cucine resiste il luogo comune della tensione come strumento per lavorare meglio. Lei viene descritto come uno chef che non fa sfuriate. È davvero così?
«In cucina serve precisione e qualche volta bisogna rimettere un po’ di ordine. Però in generale è vero, ho un’altra filosofia. Lunedì e martedì siamo chiusi, e ora anche mercoledì a pranzo. Lo facciamo per poter lavorare con più serenità, perché il fine settimana al ristorante non diventi una sofferenza ma qualcosa di piacevole. Facciamo corsi di teatro e yoga per rilassarci e formarci. La pressione deve esserci ma deve avere una valenza positiva, non prescindere mai dal rispetto per l’altro».
Perché crede di aver vinto?
«La nostra è una cucina del cuore che parla al cuore. Apparentemente semplice eppure molto complessa. Io la definisco la cucina dell’amore ma non c’entra nulla con lo stereotipo delle spezie afrodisiache. È qualcosa di più profondo. È l’amore e il rispetto per l’altro e per il pianeta. È l’accettare le diversità e le differenze».
Le donne in queste classifiche sono sempre pochissime. Nella sua squadra?
«La mia chef di cucina è donna. E non è la sola. È vero che questo è un mondo che ha discriminato le donne, ma la situazione sta cambiando».
Come festeggerete?
«Con una grande festa. Dobbiamo organizzarla. Probabilmente la faremo un lunedì, giorno di chiusura, ovviamente al Mirazur. Con tutta la squadra (siamo in 50, di cui 11 venuti a Singapore per il premio), gli amici, i fornitori».
Quanto si è allungata la fila per venire a provare il ristorante?
«Da quando ho saputo del riconoscimento siamo stati sommersi di prenotazioni, ce ne sono arrivate cinquemila. Stiamo cercando di capire come gestirle».