Il Sole 24 Ore, 27 giugno 2019
Nella sede vuota di Libra a Ginevra
Libra è una moneta virtuale ma anche l’Associazione che dovrebbe finanziarla, al momento, non esiste. Dei 280 milioni di dollari che 28 soci fondatori avrebbero già dovuto versare non c’è, per ora, neppure un cent.
Nel palazzo sul lago di Ginevra risultano avere sede Libra Association, alla testa del progetto di valuta virtuale di Facebook e Libra Networks, una srl controllata al 100% da una holding di Facebook domiciliata nel Delaware (Stati Uniti). In realtà l’edificio di sei piani al numero 13 di Quai de l’Ile è interamente occupato da Spaces, una società di coworking che mette uffici e spazi a disposizione delle società. Non c’è traccia alcuna di Facebook e di Libra ma ci sono i nomi di oltre 30 aziende tra cui PayPal (tra i partner di Libra Association), Aig (compagnia assicurativa Usa) e diverse società tecnologiche.
Nel registro del commercio di Ginevra non esiste Libra Association, che non è ancora stata iscritta. Facebook probabilmente ha voluto calcare la mano sull’effetto annuncio, riservandosi il tempo necessario per completare le procedure, avviare l’organizzazione e, contemporaneamente, dare il via alla raccolta dei finanziamenti.
Le conferme arrivano direttamente dal quartier generale di Facebook a Menlo Park, nell’area di San Francisco (California).
Elka Looks, communications manager di Calibra, società di Facebook che investirà nel progetto, spiega al Sole 24 Ore che «Facebook avvierà la registrazione alla Camera di commercio di Ginevra nelle prossime settimane».
Lo statuto c’è anche se «evolverà dalla forma attuale per includere i 28 soci fondatori. Il processo – continua Looks – sarà completato prima dell’ingresso del successivo gruppo di soci. Lo statuto preliminare è stato utilizzato per dare vita alla Libra Association ma verrà rapidamente modificato nelle prossime settimane e verrà aggiornato secondo i principi di governance fissati».
Quanto ai fondi, per ora le casse sono vuote. La communications manager di Calibra afferma che «il conferimento dei fondi sarà realizzato nei prossimi mesi e ci attendiamo che sarà completato nel 2020».
Al momento esiste soltanto Libra Networks, dunque, che, secondo i piani di Facebook, sarà controllata interamente da Libra Association. Looks afferma che «Libra Networks è una società a responsabilità limitata, sottoposta all’Associazione, della quale diventerà il braccio finanziario. Libra Networks rimarrà una società interamente controllata da Libra Association».
Il gigante californiano declina i verbi al presente ma per ora non c’è nulla di concreto, al punto che «non ci sono informazioni sul giorno in cui si terrà a Ginevra la prima assemblea dei soci».
Facebook rassicura su tutto, a partire dalla netta separazione giuridica tra i due soggetti ma un po’ di confusione affiora. Interpellato dal Sole 24 Ore, l’ufficio che ne gestisce la comunicazione dichiara infatti che «Libra Networks è il nome ufficiale registrato della Libra Association».
Per cercare di fare chiarezza, il Sole 24 Ore ha contattato 20 dei 28 soci fondatori. In pochissimi hanno risposto e tra quei pochi spiccano le associazioni no profit, che non verseranno un cent per finanziare la moneta virtuale.
Spotify – servizio che offre lo streaming on demand di brani musicali – «non fornisce ulteriori informazioni oltre a quelle pubblicate nel proprio sito». Anche Andreessen Horowitz, azienda statunitense di venture capital da 4 miliardi di dollari, con sede a Menlo Park, non rilascia dichiarazioni.
Alcune risposte vengono dai partners sociali di Libra Association. Mercy Corps, organizzazione globale non governativa di aiuti umanitari, con sede a Portland (Oregon), dichiara che «il nostro potere di voto sarà lo stesso di tutti gli altri soci fondatori. Mercy Corps userà il proprio voto e la propria influenza per mantenere l’obiettivo sugli effetti positivi di impatto sociale».
Il Creative Destruction Lab, programma di seed-stage per aziende, promosso dall’Università canadese di Toronto, spiega che non verserà quote e che «è l’unico socio fondatore accademico».
La morale è che è bastato un effetto annuncio per scatenare l’ecosistema delle monete virtuali e far calare una coltre di silenzio tra i soci fondatori.