Avvenire, 27 giugno 2019
Organoidi, il corpo in miniatura
Organoidi, un nuovo universo da esplorare. Anzi da inventare, considerato che, anche se sono circa dieci anni che si parla della possibilità di riprodurre ex vivo veri e propri organi del corpo umano, ora più che mai l’attenzione si è spostata verso questo filone di ricerca che sta accelerando il suo sviluppo. Si parla, infatti, di ’organoidi 2.0’ proprio per sottolineare un più alto livello di evoluzione rispetto agli inizi. Ma di cosa si tratta esattamente?
Lo chiediamo a Massimiliano Pagani, docente di Biologia molecolare del Dipartimento di biotecnologie mediche e medicina traslazionale dell’Università di Milano che, insieme a Giuseppe Testa del Dipartimento di oncologia ed emato- oncologia dello stesso istituto, ha contribuito alla nascita del Centro di ricerca coordinata sulla biologia degli organoidi ( Human Organoid Models Integrative Center – Homic) presso la Fondazione dell’Istituto nazionale di genetica molecolare (Ingm) ’Romeo ed Enrica Invernizzi’ di Milano.
Fra i primi centri in Italia che hanno puntato sulle potenzialità di questo orizzonte di ricerca, Homic è parte di un progetto selezionato dalla Commissione Europea, il LifeTime FET Flagship Initiative, che raggruppa i migliori scienziati del settore che lavorano in 67 istituti di ricerca in 18 Paesi dell’Unione Europea. Uno dei più importanti obiettivi di LifeTime è di contribuire allo sviluppo di organoidi paziente-specifici che consentano, con tecnologie avanzatissime, di definire i meccanismi di malattia e la loro genesi. L’Università degli Studi di Milano è stata riconosciuta come partner italiano di LifeTime.
Professor Pagani, ci può spiegare cosa sono esattamente gli organoidi?
Gli organoidi sono strutture multicellulari tridimensionali che cercano di riprodurre i tessuti umani nella loro architettura in vivo. Tali strutture corrispondono, in maniera semplificata, all’organo desiderato e si ottengono da cellule staminali, che possono differenziarsi in più direzioni. È fondamentale guidarle nel processo di differenziazione attraverso segnali chimici (fattori di crescita) e meccanici per permettere alle cellule di organizzarsi nello spazio, spesso utilizzando biomateriali che mimano la matrice organica extracellulare. Il nostro gruppo si cimenta già da alcuni anni con gli organoidi e il nuovo Centro è stato creato per consentire una convergenza di tecnologie e competenze necessarie alla ricerca in questo ambito. Vi lavoreranno una decina di ricercatori e tecnici, studiando, in particolare, patologie quali i tumori, le malattie autoimmuni e quelle del sistema nervoso centrale.
A cosa servono, dunque, gli organoidi?
Il lavoro è in continuo sviluppo. Potremmo semplificare parlando di tre direzioni di ricerca: la prima è quella di riprodurre parti del corpo umano
per avere dei modelli su cui studiare i meccanismi delle patologie. In sostanza, questa tecnologia può dare una visione dettagliata di come si formano e crescono gli organi e come possono ammalarsi. Nell’ambito della medicina rigenerativa, abbiamo la possibilità di creare organoidi paziente-specifici con il vantaggio anche di correggere, in caso di disordini genetici, il difetto alla base della patologia. Il tessuto sano così ottenuto è poi disponibile per il trapianto. Inoltre, gli organoidi si prestano per fare multiscreening in vitro allo scopo di identificare la migliore risposta farmacologica. Tra i primi risultati, quello del paziente olandese affetto da fibrosi cistica causata da una mutazione rarissima: grazie agli organoidi intestinali ottenuti con le sue cellule, è stato possibile saggiare e identificare il cocktail di farmaci più giusto rispetto alle altre combinazioni genetiche della malattia. Infine, anche il nostro gruppo si occupa di tumoroidi, ovvero delle strutture tridimensionali ricavate da cellule tumorali sulle quali testiamo i chemioterapici più efficaci. Disponiamo di banche estese di questi tessuti provenienti dai pazienti, preziosissimi per testare nuove terapie.
Alla base di questo orizzonte scientifico c’è il concetto di medicina personalizzata?
L’interesse verso una medicina ’personalizzata’ è cresciuto moltissimo negli ultimi anni perché gli strumenti di indagine sono diventati estremamente sofisticati e permettono di scendere a questo livello. Si parla anche di medicina ’di precisione’ perché lo scopo è quello di ottenere terapie basate sul profilo molecolare dei pazienti. Seguendo questa scia, le potenzialità di cura sono enormemente amplificate.
Quali sono le caratteristiche degli ’organoidi 2.0’ rispetto ai primi esperimenti?
Ad oggi, i ricercatori sono stati in grado di ottenere organoidi che riproducono rene, polmone, intestino, stomaco, cervello e fegato, e molti altri sono in arrivo. L’approccio è necessariamente multidisciplinare e sta consentendo sempre più di ricreare l’habitat naturale in cui si trova l’organo in vivo. Ad esempio, si lavora sulla riproduzione del processo di vascolarizzazione nei mini-organi, dedicando maggiore attenzione alla tempistica nel processo di costruzione dell’organoide, ovvero al ’timing’ delle sue varie fasi di sviluppo. La bioingegneria, la microfluidica, il lavoro delle stampanti 3D sulla persona e molte altre discipline sono all’opera in questo scenario che consente di immaginare, già da ora, buoni risultati futuri a favore della salute dell’uomo.