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 2019  giugno 26 Mercoledì calendario

Test di assunzione negli alberghi del Nord

Test di assunzione

Il Fatto quotidiano

Inizio giugno: su siti e giornali viene segnalata la difficoltà degli albergatori e degli operatori turistici di Gabicce Mare, Pesaro, a reclutare lavoratori stagionali. «Colpa del reddito di cittadinanza» titolano, riportando le parole del presidente degli albergatori del posto, Angelo Serra. «È così da anni», precisa però Serra al Fatto. Qualche giorno dopo si accoda un imprenditore del Veneto: «Pochi hanno voglia di fare sacrifici». La colpa è sempre di ragazzi e lavoratori, soprattutto del Sud, che preferiscono stare sul divano invece che lavorare per tre mesi nelle località di vacanza. Ma quali sono le condizioni offerte agli stagionali? Ho creato un curriculum finto ma credibile e ho provato a candidarmi a decine di offerte.

Il curriculum

 «I giovani alle prime armi si trovano facilmente, persone di esperienza no», lamentava l’albergatore di Gabicce, Angelo Serra. Per questo preparo un curriculum che vanta un percorso solido: dal servizio in sala in un hotel del centro di Roma per quattro anni con mansioni di coordinamento e gestione dei fornitori ai due anni da barista in una struttura pubblica. Lo inserisco in un sito di annunci e rispondo a quelli disponibili. La prima chiamata arriva da un hotel di Cervia: il titolare chiede età e quanto voglio essere pagata. Il lavoro: almeno 11 ore al giorno («di più ma non di meno», specifica), non c’è il giorno libero e nel weekend si lavora, «è il momento di maggiore affluenza». Ripete: «Si lavora, si lavora, si lavora». C’è il turno delle colazioni, dalle 6.30 alle 10.30, poi quello del pranzo dalle 12 alle 15 e quello della cena dalle 18 alle 22. C’è da pulire la sala, lavare a terra e riordinare. Alloggio e vitto sono inclusi: «Una stanza spartana con altre due ragazze». Per queste mansioni io chiedo almeno 1.100 euro netti al mese. Risposta: «Dipende, puoi valere di più o di meno. Facciamo il periodo di prova e poi vediamo». Una decina di giorni di prova e poi due mesi di lavoro. La paga? «Intorno ai 35 euro al giorno» per il periodo di prova.

La proposta dignitosa

La seconda proposta arriva dal gestore di due hotel di Rimini, a 50 metri dal mare. «Ho ricevuto un suo curriculum per la nostra ricerca di personale di sala – scrive su Whatsapp – Ci serve un cameriere/a giornata intera colazione/pranzo e cena, contratto fino al 15 settembre con messa in regola. Non abbiamo giorno di riposo e la retribuzione è di 1.600 euro/mese con alloggio oppure 1.800 euro/mese senza alloggio». Non male, se sono netti. Sembra di sì: «La cifra è forfettaria ed è netta per lei. Mentre per l’alloggio sarebbe in una camera tripla dell’hotel con un’altra ragazza del Marocco che già lavora con noi, poi dal 12 luglio a dopo ferragosto si aggiungerebbe la terza ragazza». E il bagno? «Ne avete uno di uso esclusivo ma nel corridoio».

La terza offerta è di un signore che ha molta fretta. Lavora nel Chianti, ha una piccola trattoria in cui – spiega – vanno soprattutto stranieri, 60 coperti. Cerca un lavapiatti, ma anche qualcuno che possa aiutare in cucina. «Il lavoro è un po’ ballerino – premette –. Il primo turno è dalle 10 del mattino fino alle 15-16. La sera iniziamo alle 18 ma alle 22.30 il servizio è finito. Può capitare che ci sia qualche evento e si chiuda a mezzanotte, ma è raro». Vitto e alloggio inclusi, una casa da condividere con tre o quattro persone, due per camera e bagno in comune. «Noi si paga 800 euro netti», dice. Si lavora fino a ottobre.

L’intermediario

Un ’altra offerta arriva da un hotel di Riccione. Cercano però una cameriera ai piani. «Non è un problema se sei di sala, puoi fare anche questo – spiega per convincermi l’intermediario che procura gli stagionali al titolare – basta un po’ di buona volontà. Tu a casa fai i servizi? Ecco, è la stessa cosa. Devi pulire la stanza e il bagno». E gli orari? «Quelli del cameriere di sala: 7-14.30 e poi dalle 16.30 fino alle 21.30 circa». Il lavoro dura due mesi, fino a settembre, 1.500 euro netti al mese, inclusa la prova di 15 giorni. «Ma se sei brava, qualcos’altro ci esce sempre», ripete l’intermediario facendo capire che c’è la possibilità di un fuori busta. L’alloggio è incluso, tre persone per camera e non c’è giorno libero.

Milano Marittima

«C’è una ragazza ora, in sala, che sta però sempre male e la stiamo mandando via. Abbiamo pochi mesi di lavoro e stare dietro ai problemi di una persona che si assenta per un po’di mal di schiena, poi un po’di mal di testa, un po’ di mal di stomaco… diventa difficile». Il titolare di questo albergo a 3 stelle chiama da Milano Marittima e chiede: «Ha mai lavorato in Romagna? Qui il lavoro è diverso, è più complesso, abbiamo rapporti stretti con i clienti, ci sono quelli fissi, hanno gusti particolari…». Non specifica quali. Vitto e alloggio sono inclusi, tre ragazze in una camera, 1.600 euro netti così divisi: «Una parte in busta, il resto in contanti fino a raggiungere la cifra». Il contratto nazionale di lavoro prevede 6 ore e 40 al giorno, l’albergatore sostiene che almeno formalmente sarà rispettato: «Non facciamo inganni, svilupperà le sei ore e 40 e poi le verrà pagata la differenza di ore che farà». Una differenza che però, faccio notare, è del cento per cento. I turni sono vicinissimi: 7-12 del mattino, poi 13 -15 e infine rientro alle 17.30 fino alle 21.

Sfruttamento

Un rapido calcolo, sulla base di questo campione di offerte: in media, si lavora 12 ore al giorno, senza giorno libero per trenta giorni al mese a circa 1.500 euro, inclusi vitto e alloggio e una parte di nero. I lavoratori sono pagati quindi tra i 4 e i 5 euro l’ora, per un minimo di due mesi e fino a un massimo di quattro. Eppure non sono i soldi il problema. «La fuga degli stagionali non dipende dallo sfruttamento e dalle condizioni di lavoro – spiega il presidente de ll’Ansl, l’Associazione nazionale lavoratori stagionali, Giovanni Cafagna – quello c’è sempre stato. La colpa è del dimezzamento del sussidio agli stagionali dopo l’introduzione della Naspi nel 2015». Prima uno stagionale lavorava infatti per sei mesi all’anno e negli altri sei viveva del sussidio. «Certo, venivano sfruttati 12 ore al giorno, sette giorni su sette per sei mesi, però sapevano che quello sforzo eccessivo e non adeguatamente remunerato avrebbe comunque garantito il sostentamento nel resto dell’anno, grazie alla disoccupazione». Oggi, invece, è rimasto lo sfruttamento nella stagione, ma i contratti sono diventati più brevi e il sussidio viene percepito per la metà del tempo. «Prima il datore di lavoro ti assumeva per sei mesi anche se per due lavoravi solo quattro ore al giorno: pareggiavi poi con le 12 ore consecutive in alta stagione. Oggi offrono due mesi, stessa paga ma con il doppio dello sforzo e la metà del sostentamento», spiega sempre Giovanni Cafagna dell’Ansl. «Il sussidio è di 700-800 euro al mese – aggiunge – Per chi ha famiglia è un problema anche perderlo per soli tre mesi».

I numeri

Secondo il rapporto dell’Osservatorio Excelsior di Unioncamere, sul 2018 (stilato in collaborazione con Anpal) l’anno scorso sono stati circa 1,3 milioni i rapporti di lavoro maturati nel settore del turismo tra giugno e agosto 2018. L’Inps ha stimato la firma di 550 mila contratti stagionali nello stesso periodo e in tutti i settori. Solo in 200 mila arrivano almeno a sei mesi di lavoro. Gli stipendi medi degli stagionali vanno dai 1.200 euro al mese del Sud ai 1.700 euro per un cameriere o un aiuto cuoco al Nord. Tutti in regime forfettario, con massima elasticità di ore e applicazione.

Stile di vita

A queste condizioni il lavoro stagionale ormai attira soltanto chi è in difficoltà e ha bisogno di un impiego subito, non è più uno stile di vita che, per quanto non redditizio, è stato a lungo almeno sostenibile. L’introduzione del reddito di cittadinanza non sembra aver inciso sulle dinamiche di un settore in cui da tempo è saltato il fragile patto tra datori di lavoro e stagionali.

Virginia Della Sala