Il Messaggero, 26 giugno 2019
«Gli studenti romani non vogliono il rave, ma studiare»
C’è un’altra Sapienza, al di là del dancefloor, delle luci stroboscopiche, degli spinelli e dell’alcol consumati di fronte allo sguardo della Minerva. Ed è quella della stragrande maggioranza degli studenti su un totale di 113mila – che di rave non ne vuole proprio sapere. Così, mentre gli antagonisti non sembrano ancora disposti a fare autocritica, rispetto all’evento abusivo organizzato tra venerdì e sabato dentro l’ateneo, gli altri ragazzi si augurano che fatti drammatici di questo tipo non si ripetano più. Non solo: l’auspicio, infatti, è che le feste illegali vengano vietate, ma per davvero. Sono un fiume in piena, sui social, sulla pagina ufficiale della Sapienza. Accusano gli organizzatori di quella serata danzante, nella quale ha perso la vita un ragazzo come loro. «Spero vivamente che non si ripetano più attacca Francesco G., studente di Biotecnologie Agro-industriali Non importa che non piacciano a me, importa che non piacciano alle autorità universitarie, che non li hanno mai autorizzati. Le cose vanno fatte nei limiti di chi ci autorizza a farle. Se poi vuoi sfasciarti, vai a San Lollo (San Lorenzo, ndr), ma lascia stare l’università». «Festicciola, rave o manifestazione semiculturale, poco importa come venga definito dice Marcela C. – si trattava di un evento non autorizzato e quindi illegale». «Come sempre accade in Italia, prima di vietare alcune cose c’è bisogno del morto scrive Damiano V. – La Sapienza è fatta per studiare, se volete drogarvi, ballare fino a tarda sera, andate in discoteca oppure nella vicina San Lorenzo».
IRA SUI SOCIALA parlare c’è anche chi, tra il personale dell’ateneo, quelle feste non le manda giù: «Perché siete autorizzati ad invadere i vialetti della Sapienza vendendo alcol o altro? chiede polemicamente agli organizzatori Patrizia D. A. – Siete autorizzati a vendere il biglietto per entrare? Siete autorizzati a sporcare e vomitare? Uno schifo per chi lavora ogni giorno e per chi, a differenza vostra, alla Sapienza ci viene per studiare». Parla anche Sapienza in Movimento, una delle associazioni maggiormente rappresentative, con il presidente, Antonino Carbonello, i due rappresentanti degli studenti in Senato (Simone Rebichini e Giancarlo Caiazzo), e il rappresentante in Cda (Antonio Lodise): «Queste attività pseudoculturali, di sicuro non inclusive e non aperte a tutti, si organizzano da diversi anni, con il beneplacito delle Istituzioni regionali e locali che le hanno favorite, con il disinteresse per tali azioni di illegalità, e hanno allontanano tutti coloro che continuano a rispettare le regole e che credono nell’inclusione, nel rispetto e nella legalità. Non mancano partiti che utilizzano e strumentalizzano a convenienza queste organizzazioni per deviare nell’opinione pubblica il concetto di antifascismo: non si tratta più di una tutela delle libertà degli individui, ma la salvaguardia di posizioni autoreferenziali». Per i leader di Sapienza in Movimento, «la residenza universitaria di Lazio Di. S. Co. in via De Lollis, è uno dei maggior punti nevralgici di queste attività pseudo culturali (commerciali più che altro) che godono dell’appoggio della Regione Lazio e dell’assessorato al diritto allo studio che fanno finta di non sapere e non vedere». Domiziano Salvati, studente di giurisprudenza e responsabile di Azione Universitaria, attacca: «Non posso credere che il rettore non possa porre rimedio a queste situazioni. È chiaro che non voglia intervenire. Serve un lavoro congiunto, anche tra gli studenti, per impedire che questi eventi si svolgano ancora». Imbarazzo nell’Udu, che, con la coordinatrice Matilde Santarelli, sceglie la linea del silenzio. «Condanniamo qualsiasi attività che non rispetti le regole – dicono, invece, i rappresentanti della lista Vento di Cambiamento – Fenix – Le regole di queste attività sono state studiate proprio per garantire la sicurezza degli studenti». La stessa lista aveva promosso la creazione «di un albo delle associazioni, attraverso un regolamento». Che però, i collettivi hanno sempre rispedito al mittente: «L’università è nostra e la gestiamo noi». E, intanto, ieri pomeriggio si sono riuniti di nuovo nel centro sociale Tre serrande, per mettere a punto la linea d’azione delle prossime settimane.
M. Pas.