Il Messaggero, 26 giugno 2019
L’occasione persa delle Olimpiadi romane
ROMA I conti non tornano. Fatto sta che dal breviario della propaganda del M5S viene riesumato anche il «no» a Roma 2024. Scelta rivendicata da Luigi Di Maio, vicepremier e capo politico dei grillini, con questa affermazione: «Nessun giornalista ha evidenziato la profonda differenza tra quello che era il progetto di Roma, a spese dei romani, e quello di Milano, che non prevede un solo euro da parte della città».
I fatti però hanno la testa dura. E basta fare una semplice ricerca per ricostruire altro. Il costo dei Giochi nella Capitale venne quantificato in 4 miliardi di euro. Di questi 1,7 miliardi di dollari sarebbero stati messi sul tavolo dal Cio come contributo (in poche parole a fondo perduto). Il Governo (all’epoca era premier Matteo Renzi) avrebbe coperto la parte restante: 2,1 miliardi di euro in sette anni. Cioè dal 2017 al 2024. Ovvero: 300 milioni all’anno. Dunque l’affermazione di queste ore – «progetto a spese dei romani» – è falsa.
Nemmeno un centesimo di questo stanziamento sarebbe stato a carico del Comune di Roma. Discorso diverso per i benefici: 70mila posti di lavoro, di cui 17mila definitivi. E proprio l’Università di Tor Vergata, insieme a OpenEconomics, era stata incaricata di provare a valutare non solo i costi dei Giochi di Roma 2024, ma anche i possibili benefici. Per farlo era stato utilizzato un modello messo a punto dalla Banca Mondiale, il «Vane», un acronimo che sta per valore attuale netto economico, una misura che indica la ricchezza finale prodotta dall’investimento nelle Olimpiadi. Nel caso di Roma 2024, il Vane sarebbe stato positivo per quasi 3 miliardi di euro. A fronte di un investimento di 4,2 miliardi, il totale dei benefici economici sarebbe stato di 7,1 miliardi. Per intendersi sarebbe stato come prestare dei soldi ad un tasso del 31,1%.
Altra fake news rilanciata ieri sul Blog delle stelle riguarda i debiti storici che Roma ancora paga per i Giochi del 60 per via dei contenziosi degli espropri. È vero che la voce espropri nel debito pregresso è iscritta per 975 milioni di euro, ma il debito residuo che riguarda i giochi del Sessanta, secondo i dati della gestione commissariale, non arriverebbe a 100 mila euro. Una cifra fisiologica, legata ai lunghissimi contenziosi che si legano alle pratiche di esproprio.
I DATIInfine, sempre per onor di verità, Raggi all’epoca incentrò il suo ragionamento citando uno studio dell’Università di Oxford nel quale sono stati calcolati gli extra-costi sostenuti dai Paesi che hanno ospitato i Giochi. In realtà oggi, con l’Agenda 2020, le cose sono ancora cambiate. Il Cio non premia più i mega progetti, ma quelle città che hanno bisogno di pochi investimenti perché hanno la possibilità di sfruttare strutture già esistenti, magari soltanto da rimettere a nuovo. Il presidente del Coni Giovanni Malagò pensando a quella ferita che ancora brucia spiega sempre: «Raggi nemmeno mi ricevette e non guardò il dossier». Infatti, quel 22 settembre del 2016 la sindaca fece attendere invano il presidente del Coni in una stanza del Campidoglio: lei non c’era si trovava a pranzo con i collaboratori in una trattoria nei pressi di Termini. E, dopo aver gustato un piatto di minestrone, andò in conferenza stampa: «Dire sì ai Giochi sarebbe da irresponsabili».
Simone Canettieri