la Repubblica, 26 giugno 2019
Le azzurre ai quarti
MONTPELLIER – Un gol di rapina (Giacinti). Un altro come un sasso tirato sull’acqua da lontano che rimbalza dove deve, quando deve (Galli). E dietro la muraglia: ma è quella italiana. Le azzurre sono brutte ma bellissime a Montpellier, spezzano le Rose d’acciaio della Cina con un 2-0 cinico e smanioso, e volano ai quarti. Era successo solo nel 1991, ma in quel caso dopo i gironi non c’era lo step degli ottavi. Sabato a Valenciennes troveranno l’Olanda campione d’Europa. «Stiamo facendo grandi cose» dice la ct Milena Bertolini avvolta nel primo tricolore di Reggio Emilia. È molto più di una bandiera, è un tatuaggio: «Questo è un gruppo con una missione: far conoscere il calcio femminile in Italia e innescare una lenta rivoluzione culturale contro i pregiudizi. Ha motivazioni extra, rappresenta un calcio di cambiamento: di valori nuovi, sportivi e civili. Ci siamo fatte un regalo bellissimo». 53 anni appena compiuti, la Mister che non vorrebbe essere chiamata così. Ma il calcio delle ragazze non ha le parole per dirlo. E lotta. «Oggi non c’è stato un bel gioco, a parte i primi 20’, abbiamo subito una Cina aggressiva e ci siamo impaurite. La difesa ha fatto un gran lavoro, siamo state ciniche, che in questo sport conta».
Conta come lo fa, Valentina Giacinti: subito, al 15’, dopo averci provato tre volte di fila. Uno lo segna ma viene annullato per fuorigioco, al secondo tentativo raccatta una palla vacante lasciata da Han Peng e la tira, esce di poco sul palo esterno. La rapinatrice non rifiuta un regalo della capitana cinese Wu che anziché buttare il pallone in fallo laterale glielo calcia addosso, Valentina parte sulla destra e serve Bonansea, la palla arriva a Bartoli che ci prova ma viene travolta dalla portiera Peng Shimeng in uscita. Sarebbe rigore, ma Giacinti si avventa sul rimpallo col mancino e la butta dentro. Settimo per lei con l’Italia in 29 presenze, ma primo qui in Francia per l’attaccante bergamasca del Milan, 25 anni, capocannoniere con 21 centri in A, premiata come migliore in campo. Alvaro Morata come idolo, le piace il cinema, la storia contemporanea. Dei 9 gol azzurri, è il primo non juventino. «Sì che ci tenevo, ma non era un’ossessione. Lo dedico a mio nonno Riccardo, che non c’è più da un anno. È stato importante perché subirlo subito so com’è: spezza le gambe». E il caldo strozza. Per paradosso, sono più le azzurre che accusano dopo il proprio vantaggio. Si rattrappiscono nella propria metà campo, le cinesi da un solo gol subito fino agli ottavi, avanzano (brivido dalla distanza con Wang Yan). Si soffre a centrocampo. Dentro Aurora Galli per Girelli. A muraglia Elena Linari, difensore dell’Atletico Madrid, 25 anni, di Fiesole, che le blocca tutte: «Oggi dovevamo far vedere che siamo granitiche. Niente vacanza a Jesolo prenotata per scaramanzia. Perderò i soldi, ma ne vale la pena per una pagina di storia anche per le generazioni che verranno». Scritta anche a sassate. Con Galli che nella ripresa lo fa di nuovo: gran destro da fuori area, la palla rimbalza, entra nell’angolino basso. Terzo gol per la centrocampista della Juventus, dopo la doppietta alla Giamaica. Anche lì entrava dalla panchina: «Chiederò di farlo anche alla prossima. La giornata al mare è servita: gol come un sasso che rimbalza sull’acqua». Sul polso destro ha una frase tatuata: …e manca ancora un po’.