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 2019  giugno 26 Mercoledì calendario

«Siri ci lavora un secondo per guadagnare trentamila euro». Le intercettazioni Paolo Arata

«Guarda che l’emendamento passa». E qualche frase dopo, un riferimento all’allora sottosegretario leghista alle Infrastrutture oggi indagato per corruzione: «Siri ci lavora un secondo per guadagnare trentamila euro». Così parlava Francesco Paolo Arata, era il 10 settembre dell’anno scorso, e non sospettava che il suo telefonino fosse stato trasformato dalla Dia di Trapani in una microspia ambulante: il consulente per l’energia del ministro Salvini in società con Vito Nicastri, il re dell’eolico vicino ai clan, annunciava al figlio Francesco e a Nicastri junior, Manlio, che sarebbero arrivati presto tempi d’oro. Proprio grazie al sottosegretario Armando Siri e al suo emendamento nel decreto “rinnovabili”, che avrebbe aperto le porte a un fiume di finanziamenti per il mini-ecolico. «Sono milioni per noi l’emendamento, che cazzo». E ancora: «L’emendamento è importante».
Arata era entusiasta. Oggi è indagato dalla procura di Roma per aver «promesso o consegnato» quella tangente da 30 mila euro, ed è detenuto nel carcere romano di Regina Coeli per i suoi loschi affari nella provincia di Trapani. Il senatore Armando Siri ha invece resistito finché ha potuto, con il sostegno del vertice della Lega, nella sua poltrona di sottosegretario. Ma l’8 maggio scorso, venti giorni dopo l’avviso di garanzia, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte lo ha dimissionato.
Eccole le parole che accusano Siri, adesso depositate dalla procura di Palermo agli atti dell’ordinanza che il 12 giugno ha portato in carcere gli Arata e i Nicastri. E non sono ancora tutte le accuse. A Palermo, ci sono infatti alcuni omissis nell’intercettazione del 10 settembre 2018, sono oggetto di valutazione da parte della procura di Roma. Per quanto risulta a Repubblica, dietro quegli omissis ci sarebbe una frase ancora più esplicita pronunciata da Arata a proposito della mazzetta a Siri: «Io gli do 30 mila euro».
La conversazione
Dunque, il cuore delle contestazioni: la conversazione di Arata con i due rampolli. Un’intercettazione che la “macchina del rumore” aveva provato a bollare come fake news dopo gli avvisi di garanzia: «L’intercettazione dei 30 mila euro contro Siri non esiste», aveva strillato il quotidiano la Verità. E giù con un profluvio di commenti indignati provenienti da un coro di giornalisti, parlamentari e social influencer. Già allora, era il 26 di aprile, Repubblica aveva confermato l’esistenza dell’audio. Adesso è possibile fornire anche gli estremi di quell’atto giudiziario disposto dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e dal sostituto Gianluca De Leo nel loro filone d’inchiesta. È l’allegato “I-44” del rapporto della Dia di Trapani che ha il numero di protocollo 2567 del 26 aprile 2019.
Dieci settembre 2018, Castellammare del Golfo, casa degli Arata. «Progressivi 140 (delle ore 21.43.04 durata 5 minuti) e 148 (delle ore 21.48.04 durata 5 minuti)». Intercettazione eseguita sulla base del «decreto numero 1560/2018 emesso in data 18 luglio 2018», ad ottobre poi trasmessa per competenza alla procura di Roma.
Quella conversazione è solo un tassello di un’inchiesta che appare in pieno svolgimento. Lo si comprende scorrendo le 844 pagine del rapporto della Dia. Arata, ex parlamentare di Forza Italia e uomo di grandi relazioni romane, aveva con Siri un rapporto strettissimo. E ora i pm della Capitale sono a caccia anche di altre mazzette, per altri affari, tutti romani. Arata ripeteva: «Siri è un carissimo amico, ma proprio caro». E spiegava: «Armando è uno che ama la Sicilia».
Il programma di governo
L’allora consulente di Salvini raccontava di quando “l’amico Siri”, non ancora sottosegretario, gli aveva fatto un altro gran favore per il lancio dell’ennesimo affare in provincia di Trapani: «Il biometano l’ho fatto inserire anche nel programma tra Lega e Cinque Stelle, proprio da Armando Siri». Una mossa per spazzare via alcuni ostacoli che erano intervenuti a sorpresa: «A Gallitello, la cosa si è fermata perché i Cinque Stelle ci contestano», spiegava Arata, che andava orgoglioso della sua mossa: «Non ci possono contestare, perché io l’ho fatto inserire, li ho fottuti, l’ho fatto inserire nell’accordo di governo». Il capitolo sul biometano del contratto Lega Cinquestelle era diventato un lasciapassare per due faccendieri senza scrupoli. «La settimana prossima verranno gli americani», spiegava Arata, che puntava a vendere l’impianto sul biometano. «Io Paolo Arata, sotto indicazione del governo americano, sotto indicazione del governo italiano, il più grosso investimento infrastrutturale siciliano privato».
Per questo servivano le entrature giuste, all’interno della Regione siciliana. Ancora una volta, il biglietto da visita di Arata era Siri. Così ha raccontato alla Dia un testimone, il dirigente Salvatore D’Urso: «Arata si presentava come ex deputato nazionale e referente nazionale per il centrodestra delle problematiche energetiche. Mi parlava dei suoi rapporti con esponenti di vertice della Lega, come Siri e Giorgetti, con i quali sosteneva di essere in familiarità al punto che qualche giorno dopo sarebbero stati ospiti a casa sua». E dopo l’eolico, Arata puntava a nuovi affari in Sicilia. «Ad Armando gli ho parlato dell’aeroporto di Trapani – diceva – e lui se l’è appuntato».