Corriere della Sera, 26 giugno 2019
Lo chef argentino Mauro Colagreco vince il World’s 50 Best Restaurants
Un pezzetto d’Italia ci è arrivato, sul podio della diciottesima edizione dei World’s 50 Best Restaurants, ma di certo non nella maniera trionfale dello scorso anno. La classifica che dal 2002 disegna la mappa mondiale dell’alta ristorazione, trasformando locali (e interi Paesi) in destinazioni gourmet, ieri a Singapore ha eletto al vertice uno chef argentino con origini italiane, Mauro Colagreco, classe 1976, titolare dal 2006 del «Mirazur» di Mentone, a pochi metri – letteralmente – dal confine con la Liguria. È stato lui, sul palco del Sand Theatre di Singapore, a sventolare quattro bandiere cucite insieme per rappresentare i frammenti della sua storia: l’Argentina, in cui è nato, il Brasile, terra di sua moglie Julia, l’Italia, «il Paese da cui viene metà della mia brigata, e nel quale ho capito che cosa significa fare alta cucina», la Francia, dove si è formato e dove lavora.
Ma al di là di questo tributo la Penisola, grande trionfatrice del 2018 con il primo posto di Massimo Bottura, ha perso parecchie posizioni. Lo chef modenese è finito, insieme ai vincitori delle passate edizioni, nella «Best of the Best», una specie di hall of fame che raccoglie tutti i primi ristoranti eletti finora, sottraendoli però alla classifica vera e propria. Una novità che gli organizzatori – il gruppo editoriale inglese William Reed Business Media – hanno inserito da gennaio 2019 per movimentare il podio, negli ultimi anni molto simile a sé stesso, ma che ha scatenato diverse polemiche. Così i migliori non si confronteranno più con gli altri: una volta che si vince si sparisce dalla gara. E sulla stessa gara ci sono, da sempre, svariate perplessità: i giudici, mille esperti da tutto il mondo tra giornalisti, cuochi e professionisti del settore, non hanno l’obbligo di restare anonimi, né di pagare il conto. Insomma il sistema si presta alle lobby e agli accordi per spingere questo o quel locale e questo o quel Paese. E non si tratta di un affare da poco, dato che comparire in classifica porta una visibilità globale e un’impennata di clienti (lo chef spagnolo Joan Roca ha raccontato di aver raccolto due milioni di prenotazioni dopo la vittoria del 2015). In ogni caso, il podio 2019 vede un grande ritorno: il «Noma» di René Redzepi, quattro volte vincitore in passato prima della chiusura, riaperto nel 2018 in un’altra sede e adesso secondo. Ma il cuoco danese non era presente a Singapore. Terzo il basco Victor Arguinzoniz. Gli italiani sono tutti scesi: Enrico Crippa («Piazza Duomo», Alba) dalla posizione 16 alla 29, Massimiliano Alajmo («Le Calandre», Rubano) dalla 23 alla 31, Niko Romito («Reale», Castel di Sangro) dalla 36 alla 51. Qualche new entry c’è stata nella seconda parte della classifica: Mauro Uliassi 61esimo, Riccardo Camanini 78esimo e premiato come «One to watch», Norbert Niederkofler 116esimo. Sempre poche le donne, quattro, nessuna nella top ten. E una decana come Elena Arzak è sparita dai primi 50. Ora l’appuntamento è a Parigi nel 2020.