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 2019  giugno 26 Mercoledì calendario

Il dittatore di Pansa

Arrivato al Viminale, Salvini si scontrò subito con un problema gigantesco: la migrazione dall’Africa verso l’Europa di milioni di persone. Gente infelice, pronta a tutto pur di trovare un destino meno crudele. Che cosa poteva fare Salvini messo di fronte a una prova così terribile? Niente, tranne quel poco che aveva tentato il suo predecessore Marco Minniti, il ministro dell’Interno del governo di centrosinistra. Ma Salvini ha deciso di far diventare i neri il pericolo numero uno degli italiani. Rivolgendosi a un elettorato che nessuno conosceva, ma che odiava, con mille ragioni, la Casta dei partiti tradizionali. Il Capitano l’ha fatto uscire dal buio ed eccitando le paure più diffuse si è proposto come un leader che ne teneva conto, lo rispettava, si metteva al suo servizio. Conquistarne il voto era il suo obiettivo. E a oggi ci è riuscito alla grande. Anche grazie agli errori di altri leader che ormai non hanno più potere. Uno di questi è Matteo Renzi, colpevole di aver distrutto, sia pure non da solo, il Pd, l’unico che poteva opporsi al leghismo di guerra. L’altro è Silvio Berlusconi. Lui era convinto che con il proprio carisma e i propri miliardi gli sarebbe risultato facile continuare a regnare su tre partiti: Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Ma si trattava di una previsione sbagliata. Visto nella tarda primavera del 2019, Silvio si rivela un ottantenne malmesso, con poche energie e all’apparenza stanco di un gioco frustrante come la politica di oggi. Forse non ce ne rendiamo conto, ma nella Prima Repubblica nessun leader politico aveva rivelato una vocazione dittatoriale della stessa forza di quella di Salvini. Il numero uno del Pci, Palmiro Togliatti, che la borghesia moderata temeva come la peste, era un funzionario sovietico che si atteneva al patto di Jalta e considerava l’Italia un protettorato americano. Amintore Fanfani, che noi giornalisti democratici consideravamo un diavolo in terra, era in realtà un signore che da buon toscano non risparmiava le parole, ma aveva un solo traguardo: invecchiare bene accanto alla giovane moglie. Giorgio Almirante, il leader neofascista, capo del Msi, non aveva nessuna intenzione di far rivivere i tempi di Benito Mussolini. Salvini è sempre stato molto diverso da loro. Prima o poi i politologi dovranno studiare il suo caso. A loro offro uno spunto che non è mai stato oggetto di riflessione. Il capitano della Lega ha già sperimentato la dittatura nel suo stesso partito. Rispetto ai tempi della segreteria di Umberto Bossi, il partito delle Camicie verdi è cresciuto parecchio, accettando l’arrivo di militanti molto diversi per cultura politica e storia personale. Ebbene, non si è mai saputo dell’esistenza di dissidenti nella Lega di Salvini. Non c’è nessuno che in pubblico osi dire che Matteo sbaglia. Nella Seconda guerra mondiale, persino Winston Churchill aveva degli oppositori. A cominciare dal conte di Halifax che proponeva di trattare con Hitler. Ma il supercapo leghista sembra aver tagliato la lingua a tutti i suoi vassalli. E nulla impedisce di pensare che farà lo stesso con gli oppositori che oseranno contraddirlo. Un’ultima caratteristica di Salvini è di non fare mai il passo più lungo della gamba. Ha saputo programmare con astuzia la sua scalata politica all’interno della Lega. È stato un seguace di Bossi, poi un graduato leghista, quindi un apprendista veloce e scaltro che ha fatto dimenticare i dirigenti del passato, come i Maroni o i Formentini, infine si è presentato come il sostituto naturale dell’Umberto. Nel l’agosto del 2018 scrivevo su Dagospia: “Non è azzardato prevedere che le prossime elezioni politiche lo vedranno trionfare in tutti i collegi, a cominciare da quelli del Mezzogiorno. Salvini ci spera molto. Ha tolto la parola Nord dall’insegna della ditta. E non parla più di terroni, di clientele sudiste, di mangia spaghetti e ancora meno di Roma ladrona”. Adesso sappiamo come sono andate le Europee. Non è stata una prova da poco per Salvini. Ma il Capitano leghista ha portato a casa una quantità impressionante di voti. La sua Lega è diventata il primo partito italiano, ribaltando il rapporto con i 5 Stelle