Libero, 25 giugno 2019
Isabella d’Este, così intelligente che faceva paura agli uomini
Un uomo saggio dovrebbe sempre temere una donna, prima ancora di adularla. Ella è realmente superiore, ed il risentimento provato verso di questa è spesso dovuto alla dappocaggine di chi non è alla sua altezza. Per ciò, durante la storia, le donne sono state emarginate: per paura che potessero disvelare la debolezza e l’inettitudine di chi ha preteso di dominarle per secoli, senza possederne l’autorità. Il Medioevo è stato il periodo in cui forse più di ogni altro la superstizione e l’ignoranza hanno ottenebrato i cuori e le menti dell’umanità. Certo, anche questa età ha prodotto il genio di Dante e quello di Christine de Pizan. Tuttavia, è con la resurrezione della cultura europea del XV e del XVI secolo, in cui si sentono gli echi del classicismo, che alla donna viene di nuovo resa la dignità. In una delle più splendide corti italiane, simile ad un locus amoenus di delizie e di frutti proibiti, viene alla luce Isabella d’Este. Francesco Del Cossa ed Ercole De Roberti hanno già lasciato la loro traccia a Palazzo Schifanoia, simbolo della gloria monumentale della dinastia estense. Isabella è una donna del suo tempo, cresciuta in un ambiente colto ed elegante, sottoposta troppo presto ai precetti della ragione. È ciò che rende gli uomini delle creature senza senno, o degli spiriti superiori. Nel 1490, all’età di soli sedici anni, si sposa con un pischello, un nanetto che solo a guardarlo vien da sorridere. Il suo nome è Francesco ed è il nuovo marchese di Mantova. Non il primo della sua stirpe, bensì il quarto Gonzaga ad aver l’onore di reggere la regione su cui poco prima aveva dominato il padre Francesco I. Con l’illuminatissima Isabella ha sei pargoli, di cui tre figlie. Livia e Ippolita si avviano alla vita claustrale, mentre la suadente Eleonora si unirà ai Della Rovere di Urbino, lontana dal fervido clima culturale e artistico di una Roma trionfale in campo lombardo. Tutte le speranze per le sorti del dominium vengono riposte in Federico, mentre Ercole verrà nominato cardinale da papa Clemente VII e Ferrante farà carriera grazie al cattolicissimo ma spietato Carlo V d’Asburgo, re di Spagna.
UNA MECENATE A CORTE
Isabella d’Este è l’incarnazione della sensualità, della virtù politica e del gusto per le arti liberali, in particolare la musica, oltre che per la pittura lattiginosa e armonica di Raffaello; per quella più sofisticata di Mantegna, o vibrante di Tiziano, in cui si stabilisce un primato del colore sulla forma. Il suo è uno spirito eclettico, in grado di cogliere e calcolare ogni singola sfumatura del proprio secolo. La sua finezza nel vestire viene ritratta mirabilmente dallo stesso Vecellio, il quale ci mostra una fanciulla più composta e fiera della maliziosa ostentatrice Lucrezia Borgia, sua rivale e cognata. Il suo esempio, ma anche la sua attività, ci restituiscono non soltanto l’immagine di una donna emancipata, ma perfino superiore rispetto al marito, per quanto abile e valoroso. Francesco II, infatti, sembrava più adatto a portare le armi, la corazza e lo scudo.
VEDOVA POTENTE Divenne capitano della Repubblica di Venezia, distinguendosi per abilità e coraggio nella battaglia di Fornovo del 6 luglio 1495, in cui le truppe italiane si scontrarono con i francesi di Carlo VIII. Per governare, pertanto, occorre sempre un sostanziale equilibrio tra il pragmatismo e la diplomazia: il libro e il moschetto (in senso figurato, si intende). In ciò consiste l’ideale machiavellico, riunito sostanzialmente nella persona di Francesco, ovvero colui che impugna la spada, e della moglie Isabella. Grazie a quest’ultima furono stipulati numerosi accordi ed ottenuti immensi benefici. Alla morte del marito, avvenuta nel 1519, la sottigliezza politica le consente di accrescere la potenza del marchesato, innalzato al ruolo più prestigioso e autorevole di ducato. Le sue linee guida furono sempre la tenacia, l’ostinazione e la passione. Ma è soprattutto l’arte di contrattare che le ha permesso di ottenere tanti successi, tra cui la presa del Ducato di Urbino nel 1502. Persino i nostri governanti dovrebbero ereditare un po’ della sua prudenza. Chissà se in questo modo gli eurocrati di Bruxelles ci darebbero più ascolto. Così ce la restituisce Leonardo in un disegno preparatorio eseguito a carboncino e conservato al Museo del Louvre: con le sembianze di una principessa o addirittura di una santa. Senza dubbio, tale doveva apparire ad un suo allievo, in realtà molto meno sofisticato, la cui opera è stata ritrovata nel caveau di una banca di Lugano. Seppur abbastanza raffinata, la pittura è più legnosa; il volto e la bella chioma un po’ sfumati. Rispetto al ritratto autentico di Leonardo, Isabella ha qui tutti i tratti della regalità e della santità, resi manifesti da una corona che le cinge il capo e la palma del martirio. La presenza della ruota dentata fa pensare a Santa Caterina. Non è chiaro, dunque, se l’autore intenda stabilire un parallelismo tra le due figure.