la Repubblica, 25 giugno 2019
Ellroy, lo scrittore che vive nel passato
Hay-On-Wye (Galles). Pare un manichino molleggiato e fuorilegge, con la pelle, i pantaloni e la camicia fiorata di un unico beige, e gli occhiali tondi e intellettuali. L’intervistatore Mark Lawson suda, beve acqua. L’ospite americano sale sul palco come una rockstar, domina l’affetto del pubblico con le sue braccia lunghe e secche tagliandolo come un’onda, allarga le gambe e inizia a leggere le prime pagine di This Storm, il suo prossimo martellante romanzo già uscito in America e Inghilterra, in Italia arriverà nella primavera del 2020 per Einaudi (ora in libreria c’è Cronaca nera ). Ma intanto This Storm, “la tempesta”, non di Shakespeare ma dell’indomabile 71enne James Ellroy, seguito del precedente Perfidia per la serie The Second Los Angeles Quartet, è arrivata qui in Galles, a Hay-on-Wye, quella del celebre Hay Festival, “capitale del libro”. Ellroy è in gran forma ed essendo “cane indiavolato” (autodefinizione), ringhia dalla sedia, quasi morde Lawson e professa che Chandler – cui viene spesso paragonato – è «lo scrittore più sopravvalutato del canone americano». Il suo Philip Marlowe «era soltanto il personaggio che voleva essere. Mentre Dashiell Hammett, lui sì che mi piace: Sam Spade era colui che l’autore aveva paura di essere. Oggi adoro Daniel Silva per la sua scrittura intelligente e lo sconosciuto Kidnap di George Waller del 1961. È una bomba, leggetelo».
Risate e sdegno in sala, che risalgono a quando l’intervistatore gli rinfaccia un linguaggio vagamente “antisemita” nel nuovo romanzo, come il nome “di Roosevelt ebraicizzato”, ed Ellroy risponde con un oscillante pugno onanista e versi bestiali. Poi argomenta: «Nessuna censura, vorrà dire qualcosa. Il linguaggio di This Storm è razziale perché è legato a quell’epoca particolare, agli anni Quaranta in Stati Uniti e Messico. Che vi piaccia o meno, io vivo nel passato. La mia missione è darvi la segreta infrastruttura umana dei grandi eventi». Quindi non permettetevi di chiedere a Ellroy commenti sulla contemporaneità, sul futuro o peggio su Donald Trump: «Per me la storia americana finisce nel 1972, quando muore J. Edgar Hoover (il primo direttore dell’Fbi, ndr) e scoppia lo scandalo Watergate». Ma perché? «Dopo quei due eventi ho perso tutta la mia curiosità intellettuale nel presente». E quindi il densissimo e travolgente This Storm torna al passato, si riallaccia al precedente
Perfidia, al 7 dicembre 1941 di Pearl Harbour, ai giapponesi internati in California, a poliziotti corrotti, ai nazisti americani, alla criminale Los Angeles, a un caro vecchio inferno «che si concluderà con l’ultimo capitolo del Quartetto ambientato nel 1945».
«Voi volete risucchiarmi nella vostra mentalità del presente, ma non ci riuscirete mai. Non me ne frega niente: non guardo la tv o le news, non ho un cellulare, possiedo solo un fax. Posso solo dirvi che sono contro i totalitarismi, i fascismi e i comunismi, ma non ci vuole tanto a capire dai miei libri che sono dalla parte della libertà». C’è Mussolini, però, come epigrafe di This Storm : «Solo il sangue muove le ruote della Storia». Perché, gli chiediamo nel backstage? «Perché l’ho sempre considerato una figura ambigua, dunque andava bene per i personaggi sfuggenti del mio romanzo». Ma è stato un fascista vero: «Vero, ma è sempre stato sottomesso a Hitler». E perché questo amore per la Storia? Ellroy si confessa. Primo: «Nel 1956», un paio di anni prima che venisse stuprata e uccisa da ignoti, «chiedo a mia madre», cui poi dedicherà Dalia nera, «Mamma, ma la Seconda guerra mondiale è ancora in corso? Lei: “No, figliolo, è finita nel 1945”. Ma io non le ho mai creduto. Sentivo che quella guerra era ancora viva, e potentissima, nella coscienza americana. Questo è stato fondamentale per la mia immaginazione. Poi quando i miei stavano per separarsi, avevo circa 8 anni, nel nostro appartamento a West Hollywood spesso mi nascondevo in un armadio pieno di vecchie riviste, articoli sulla Seconda guerra mondiale, libri sulla Guerra civile spagnola, e così la passione per la Storia mi è entrata dentro e mi ha incendiato il cervello. Poi la morte di mia madre mi ha segnato parecchio, così ho iniziato ad andare in biblioteca per dieci ore al giorno. Pian piano, ho scoperto che nessuno aveva ancora scritto i libri che volevo creare io».
A Ellroy non piacciono i film tratti dai suoi romanzi: L.A. Confidential, per esempio, due Oscar nel 1997, «è profondo quanto una tortilla, non ha il senso drammatico dell’azione. Ma porta soldi e va benissimo: il denaro è l’unico regalo che non torna mai indietro». Ma come nascono i suoi libri? «Ogni mattina mi alzo con una voglia matta di scrivere: adoro raccontare storie. Per un romanzo preparo uno schema per dieci mesi, in cui faccio anche molta ricerca storica, la quale però è solo un punto di partenza: poi invento io. E ho una memoria fantastica: la scrittura effettiva impiega circa quattro mesi. Scrivo a mano, mai usato un computer per niente».
Lo stile: «Amo la narrativa compatta, lo slang americano, le allitterazioni, il suono puro dello yiddish, il gergo poliziesco, la concisione estrema. L.A. Confidential, Dalia nera e Sei pezzi da mille con i pazzi anni Sessanta hanno forgiato il mio stile in maniera decisiva. Successivamente, ho svoltato verso una scrittura volontariamente più esplicativa, per avere più impatto emotivo, come Il sangue è randagio, Perfidia e quest’ultimo This Storm. Aggiungo e tolgo parole in continuazione, fino a quando non ho raggiunto la perfezione. Il ritmo viene rileggendo tutto sulle labbra ma anche ascoltando la grande musica classica – adoro Beethoven, Wagner, Mahler e Bruckner – e un po’ di jazz e bebop». «Perché sono americano, mi piace tutto grande», ripete, «parafrasando l’incipit di Saul Bellow e del suo grande romanzo americano Le avventure di Augie March : “Sono un americano nativo di Los Angeles – Los Angeles, quella città fottuta – e nella vita me la sbrigo come ho imparato a sbrigarmela da me: in stile libero».
"Per me la storia americana finisce nel 1972 quando muore Hoover e scoppia lo scandalo Watergate. Non chiedetemi di Trump” “I film tratti dai miei libri? Orribili L.A. Confidential non ha il senso drammatico dell’azione. Ma porta soldi, va bene così"