la Repubblica, 25 giugno 2019
Ineleggibile il nuovo sindaco di Riace
REGGIO CALABRIA – Ha portato in dote alla Lega il borgo dell’accoglienza, ma per legge non può essere eletto. Rischia di durare molto poco il mandato di Antonio Trifoli come sindaco di Riace. Da capo di una civica a trazione leghista, il 26 maggio ha vinto con ampio margine le ultime ammini-strative, strappando a Lucano e ai suoi sostenitori la guida di quel paesino della Locride che per Matteo Salvini è sempre stato una spina nel fianco. Per legge però, a quelle elezioni Trifoli non avrebbe potuto neanche partecipare. Motivo? Un eccesso di prudenza che lo ha reso ineleggibile. Quando si è improvvisamente innamorato della politica, ha deciso di mettere insieme una lista ed ha iniziato a battere il paese casa per casa per raccogliere voti, Trifoli era un ispettore della sicurezza del Comune, con contratto a tempo determinato. Un vigile urbano, insomma, e come tale – dice il Tuel, la bibbia della pubblica amministrazione – ineleggibile. Avrebbe potuto dare le dimissioni e puntare tutto sulla politica. Ma evidentemente non se l’è sentita. Così, per aggirare il divieto, il 26 aprile scorso, il neo-sindaco di Riace ha chiesto alla precedente Giunta comunale di andare in aspettativa non retribuita per motivi elettorali. Periodo? Poco più di quello necessario alla campagna elettorale: dal 27 aprile, data di presentazione delle liste, fino al 31 maggio, quattro giorni dopo lo spoglio. Magari all’epoca non pensava di avere molte chance e contava di tornare presto al lavoro. Le urne però lo hanno sorpreso. E ancor prima delle consultazioni, magari anche l’amministrazione che, acquisito il parere tecnico favorevole dei responsabili dell’area amministrativa, Domenico Pazzano, e dell’area Vigilanza, Cosimo Capone, ha esaudito la sua richiesta. Ma non avrebbe potuto farlo. Meno che mai Trifoli sindaco avrebbe potuto accondiscendere alle richieste di Trifoli dipendente comunale, concedendo a se stesso di prolungare il periodo di aspettativa «fino a fine mandato». Il Tuel sul punto è estremamente chiaro. È vero, ai dipendenti è consentito di candidarsi nel proprio Comune se l’Ente concede loro un periodo di aspettativa non retribuita. Ma questa possibilità c’è solo per chi ha un contratto a tempo indeterminato. Trifoli non rientra nella categoria. Il suo è un contratto a tempo e al comma 8 dell’articolo 60, il Tuel esclude espressamente che i lavoratori così inquadrati possano godere dell’aspettativa. Un’ingiustizia? Per la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sul tema in un caso simile, non è così. Un rapporto di lavoro a termine – hanno spiegato in passato gli ermellini – significa «disporre di un lavoratore per un determinato periodo di tempo e per lo svolgimento di una specifica attività». L’aspettativa, anche non retribuita, significa invece derogare alle «specifiche ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustificano la diversità di disciplina del rapporto» ed è in conflitto «con la ratio stessa del contratto a termine». Traduzione, in caso di ambizioni elettorali all’interno del proprio Comune, l’unica strada per un dipendente a tempo determinato dell’Ente è quella delle dimissioni. Tutti elementi che neanche la Prefettura, nel passato recente così attenta e puntigliosa nei confronti dell’amministrazione di Riace, sembra aver visto o considerato. La lista di Trifoli ha passato indenne il vaglio dell’Ufficio del governo, lui è stato eletto e adesso a Riace hanno un problema. «I cittadini ci hanno chiesto di ripartire dalla normalità e noi questo faremo», aveva proclamato il neo sindaco, fresco di vittoria. Dalle prime mosse però, sembra proprio di no.