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 2019  giugno 24 Lunedì calendario

La maturità dei tre nipoti di Borsellino

Lo so, dei temi della maturità ho già scritto. Ma c’è una piccola perla di cronaca che vorrei offrire in più ai lettori del Fatto. E riguarda una speciale combriccola di candidati, fatta di tre ragazzi che hanno tra loro un legame affettivo particolare. Sono uno studente, Nicola Hasan, e due studentesse, Francesca Fiore e Valentina Corrao. Cognomi e città diverse. Il primo si è presentato al liceo scientifico Fardella di Trapani. Le ragazze, invece, rispettivamente al liceo scientifico internazionale Capponi-Machiavelli di Firenze e al liceo classico Don Bosco-Ranchibile di Palermo. Che cosa li lega, dunque? Una parentela impegnativa: sono tutti e tre nipoti di Paolo Borsellino. Tutti e tre appartenenti a quella grande nidiata di giovanissimi allevata nel nome del giudice, discendenti di Rita o di Adele, le sorelle. Quando mercoledì scorso ho ricevuto da Chiara Corrao, la nipote maggiore di Rita, il messaggio che «tutti i maturandi della famiglia Borsellino hanno fatto il tema sul tuo papà» ho riavvertito d’improvviso la forza dei fili magici che si sono formati nel tempo a costituire una grande comunità morale che attraversa le generazioni. Una comunità senza vincoli di sangue, salvo quello versato da centinaia e centinaia di persone in nome della democrazia italiana. E allora ho voluto sapere. E ho chiesto.
Nicola ha intitolato il suo tema “La memoria che cambia il mondo”, Francesca “Antimafia: una memoria operante”, Valentina “Un passato presente”. Tutti e tre hanno messo al centro la memoria e il suo rapporto con la contemporaneità, la sua forza propulsiva per costruire un mondo più giusto. E questo nella società senza memoria, in cui i nomi trionfano e scompaiono, in cui si dissolvono i disastri dell’uomo e le sue sofferenze, in cui si è incapaci di trarre lezioni dal passato, come guerre, genocidi e dittature insegnano, non è banale affatto. È anzi il contrario di quel conformismo che Ernesto Galli della Loggia ha evocato a proposito delle tracce di italiano sul Corriere. I ragazzi non dovevano parlar bene dei protagonisti dei temi civili assegnati loro, ma trarre dalle loro storie insegnamenti per il presente. Spiega Nicola, per esempio, che «il solo ricordo non basta per portare avanti la loro battaglia, occorre una memoria che ci porti a far nostre le loro idee. Si faccia memoria, dunque: se ne parli in famiglia, la si insegni nelle scuole», ovvero si costruisca esattamente quel “sapere” che Galli della Loggia giustamente reclama per le scuole, anche se su certi temi, chissà perché, il sapere è poi sempre un minus, perdita di tempo, divagazione un po’ cialtrona. E proprio l’importanza del sapere è stata sottolineata da Francesca, che perciò ha scelto di iniziare il suo tema con una breve storia della mafia. Per poi spiegare che i caduti per la democrazia non devono essere acriticamente considerati degli “eroi”, ma che occorre piuttosto interrogarsi sui loro valori e sui nostri doveri; tra cui quello, richiamato anche da Nicola, di fare “camminare le loro idee sulle nostre gambe”, secondo la celebre frase di Falcone.
Nel tema di Francesca si trovano peraltro diversi passaggi sui problemi più acuti dell’oggi. Il suo essere siciliana antimafiosa in Toscana, ad esempio, con l’obbligo di contrastare i pregiudizi sui siciliani “mafiosi” quasi per definizione. E la domanda urgente, urgentissima, se «davvero si può scherzare su tutto?». Valentina, invece, ha chiamato in causa la virtus stoica di Seneca e Lucano, l’apatheia da intendersi come controllo della paura, in un tentativo di leggere il generale dalla Chiesa alla luce della letteratura e della filosofia latina e greca
È tutto questo al di fuori della sfera del “sapere”? È pura ideologia? Di più: la cultura classica si mescola nel suo tema con il riferimento alle proprie letture sulla vita del generale (anche questo è un sapere…) e al tenero passaggio sulla nonna Rita (di cui non ha scritto di essere parente), ovvero la guida di cui sentirebbe ancora il bisogno, collegamento ideale –nella sua esperienza – tra il passato e il presente. Ecco, questo hanno scritto i nipoti di Borsellino, di questo hanno scelto di parlare all’insaputa l’uno dell’altra. Non per conformismo, ma anzi finalmente liberi dal conformismo di una scuola che di queste cose (vitali per loro tre, ma anche per un pezzo di nazione) non parla sui libri di storia.
P. S: A Milano, ho poi saputo, il tema sul generale è stato svolto, tra gli altri, anche da un ragazzo di nome Stefano Mattacchini. Curiosità: è il nipote di Giorgio Ambrosoli...