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 2019  giugno 24 Lunedì calendario

L’auto elettrica inquina quanto un diesel

Benedetta auto elettrica, ma occhio a finirci sotto, potrebbe fare molto male». È il grido d’allarme di Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Aci e guidatore felice di una vettura ecologica. «È comodissima, è il futuro, e non voglio essere frainteso» si affretta a precisare, perché sono tempi in cui ogni affermazione di buon senso e documentata, se non alla moda, può procurare grossi guai, specie se va a scalfire un mito ecologista, «però in questo momento sta ammazzando il mercato dell’auto, specie del diesel, e questo significa (...) segue dalla prima pietro senaldi (...) centinaia di migliaia di posti a rischio, senza peraltro avere nessun vantaggio in cambio, visto che siamo indietro come infrastrutture, costi, tecnologia». E in effetti le elettriche rappresentano solo lo 0,66% del parco auto italiano – 250mila su 39 milioni -, il più vecchio d’Europa, con una media di 13 anni dall’immatricolazione per le vetture circolanti. «Per forza» spiega Sticchi Damiani: «Costano non meno di 30mila euro, ci impieghi ore a ricaricarle, hanno un’autonomia non superiore ai 300 chilometri per le più grandi, ma le utilitarie si fermano a 120, e solo se non accendi l’aria condizionata e non corri. In più non è facile trovare sul territorio stazioni di ricarica». Perché il mercato delle elettriche stenta a decollare, presidente? «Sono delle straordinarie vetture da città: non pagano nelle aree a traffico limitato, le parcheggi nelle strisce blu, non inquinano, non fanno rumore, e questo è un gran vantaggio, tranne per i pedoni, che non si accorgono quando arrivano». E però? «Sono per ricchi, costano. Quella elettrica è di fatto una seconda auto, perché non risponde alle esigenze di una famiglia, che deve fare lunghi spostamenti o usarla quotidianamente. Anche per i trasporti pubblici non sono ancora veicoli convenienti, tant’è che negli ultimi anni sono diminuiti anziché aumentare». E poi ci vogliono ore per caricarle? «Ci sono anche ricariche veloci, le prospettive per il prodotto sono ottime, il problema è che al momento mancano le infrastrutture. Ci sono importanti e seri programmi per realizzarle ma dovranno essere spesi miliardi prima di vedere le auto elettriche circolare numerose sulle nostre strade: miliardi per costruire le infrastrutture e le stazioni d’approvvigionamento, miliardi per riconvertire la produzione dei veicoli, miliardi per investire nella realizzazione delle batterie, miliardi per alimentarle con energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, miliardi per comprarle una volta prodotte». Nel frattempo? «Il mercato tradizionale soffre. Il diesel in Europa ha perso il 23%. Nei primi mesi del 2019 le vendite in Italia sono calate del 10%, a maggio è andata meglio ma si è perso lo stesso l’1,2%, non c’è da stare allegri. Non si tratta solo di Fca, che segna quasi il 20 in meno, lei sa che il 60% della componentistica delle vetture tedesche viene prodotto in Italia?». Perché nessuno compra più auto? «Perché c’è incertezza e disinformazione. Fioccano eccessive limitazioni, annunci che terrorizzano. I consumatori pensano che tra due-tre anni sarà vietata la circolazione dei diesel nei centri delle città e così non acquistano. I sindaci sono portati ad una politica ambientalista che produce a volte annunci di provvedimenti catastrofici; in realtà in questo modo si paralizza il mercato e si confondono le idee agli automobilisti». Ma con l’auto elettrica non staremmo tutti meglio? «Sì, ma è un percorso molto lungo, e poi il diesel è stato criminalizzato ingiustamente. Per valutare quanto inquina un’auto bisogna calcolarne l’impatto lungo tutta la sua vita, dalla produzione alla rottamazione e le posso assicurare che se lei compara una vettura elettrica a un euro 6 di ultima generazione alimentata con carburanti ecologici, non vi è una sensibile differenza tra le due». Non ci credo, me lo dimostri. «Le tanto temute polveri sottili vengono sollevate anche dalle auto elettriche ed esse, pesando molto in quanto hanno le batterie, ne sollevano più dei diesel. Lo stesso discorso vale per i residui delle pastiglie dei freni. Non dico di fermarsi, c’è bisogno di produrre veicoli verdi, ma non si può far fuori dal mercato 39 milioni di vetture tradizionali, la gente non ha neppure i soldi per sostituirle». Che cosa suggerisce, presidente? «Dal diesel euro 3 a quello euro 4 è stato fatto un salto epocale in quanto a impatto ambientale. Bisogna favorire con sconti fiscali l’acquisto di usato recente, così che i cittadini rinnovino a basso prezzo il parco auto comprando veicoli meno inquinanti. Il boom dell’elettrico non è ancora maturo, mancano i quattrini». A che cosa pensa in particolare? «Le indico una via, ma ce ne potrebbero essere anche altre. Chi viaggia ancora su una euro 3 non lo fa per scelta ma per ragioni economiche, solo che oggi se compri un usato paghi una tassa di circa 800 euro sia che tu faccia un acquisto da 5.000 euro sia che ne spenda invece 40mila. È incoerente e pericoloso, perché dopo dieci anni l’auto è obsoleta, sfruttata, poco sicura. Bisogna incentivare le compravendite e levare certi cassettoni dalle strade. Il governo ha cercato di raggiungere questo obbiettivo inserendo l’ecobonus e l’ecomalus». Però l’ecotassa colpisce solo i veicoli costosi e che inquinano… «Ma anche alcuni modelli di Panda sono ecotassati. Tassando il nuovo e scontando il bollo al 50% a tutte le autovetture ventennali, che sono 3 milioni e 800 mila anche se ben conservate, non si va a rinnovare il nostro parco circolante che è il più vecchio d’Europa». È contro le auto d’epoca? «Niente affatto, le amo, per questo vorrei difenderle. Invece oggi qualsiasi auto che ha più di vent’anni può diventare vettura d’epoca; per una Punto qualsiasi basta aprire una pratica da circa 150 euro, farsi rilasciare il certificato di rilevanza storica dall’Asi e il gioco è fatto. Senza veri controlli di qualità si godrà di un notevole risparmio sul bollo e si sarà incoraggiati a non cambiare automobili che il più delle volte non hanno un vero valore storico». Cosa chiede, presidente? «Una politica chiara. A breve pubblicheremo uno studio che con riscontri scientifici smonta tutte le leggende sull’inquinamento da auto. Il diesel viene criminalizzato dagli Usa, che non lo hanno mai prodotto, e dalla Cina, che partendo da zero, perché priva di un’importante industria auto, ha puntato tutto sulle batterie e sull’elettrico, dove è all’avanguardia, e vuole distruggere il mercato tradizionale. Noi ci stiamo cascando, vittime dei nostri pregiudizi, alimentati da una propaganda a volte straniera». Ci salveranno le biciclette, ormai nelle città in molti le preferiscono alle quattro ruote. E costano anche poco… «Ahahahha, la ringrazio per la battuta, mi permette di affrontare un argomento che mi sta molto a cuore, quello del difficile rapporto tra ciclisti e automobilisti». I primi sono santi e i secondi il diavolo, sbaglio? «Si tende a dipingere così la situazione, ma non è il caso di scherzarci troppo. In Italia ogni 32 ore muore un ciclista, quasi sempre investito, ma spesso la colpa non è di chi è seduto in macchina». Presidente, ce l’ha con i ciclisti? «Al contrario, tengo alle loro vite. Infatti Aci e Sara Assicurazioni hanno sponsorizzato l’ultimo Giro d’Italia, promuovendo un patto tra automobilisti e ciclisti, con cinque regole tassative da rispettare per gli uni e cinque per gli altri». Me ne dica qualcuna… «Mai superare un ciclista se devi svoltare a destra, tenersi sempre a una distanza minima di due metri dalle biciclette, anche se per il codice della strada basta un metro e mezzo. E poi regaliamo adesivi da attaccare allo specchietto retrovisore con la scritta “prima di aprire la portiera, guarda chi sopraggiunge da dietro”». Lo dica: i ciclisti sono indisciplinati quanto gli automobilisti? «Se penso a quelli che, pur con la pista ciclabile a fianco, pedalano sulla strada, o a chi gira con le cuffie alle orecchie, mi viene da rispondere di sì. Poi però mi dico: la colpa non è dei ciclisti, ma di chi, fa credere loro che possono fare qualsiasi cosa, perfino infrangere le regole». Mi spieghi meglio… «Ma lei sa che in certe strade cittadine, quelle con il limite di velocità a 30 chilometri orari o nelle cosiddette zone 30, a chi è in bicicletta è consentito viaggiare controsenso? Per pedalare non ci vuole la patente, in sella ci sono anche bambini di undici anni. Che insegnamento gli diamo, che le eccezioni arrivano prima delle regole?». Insomma, ci vorrebbe un giro di vite sui ciclisti? «Su quelli che infrangono il codice della strada, sì. Anche per loro dovrebbe valere l’infrazione della guida pericolosa. Avrà presente i riders, quelli che portano il cibo a casa, spesso viaggiano la sera a velocità sostenuta, passano con il rosso, tagliano la strada, pedalano controsenso. I vigili dovrebbero iniziare a multarli, per salvargli la vita, ed evitare che un automobilista si rovini la propria investendoli senza colpa».