Corriere della Sera, 24 giugno 2019
Il ritratto di Olimpia, l’amante di papa Innocenzo X ritratta da Velázquez va all’asta: base 2 milioni
Camillo Massimo. Così si chiama un aristocratico molto in vista nella Roma del XVII secolo. È tra gli intellettuali più ascoltati dell’Urbe. Nel 1670 viene nominato cardinale. Da quel momento si fa promotore di una politica culturale di rara lungimiranza, come ha raccontato Tomaso Montanari in Velázquez e il ritratto moderno (Einaudi). Con intuito Massimo avvicina, tra gli altri, uno tra i più grandi pittori dell’epoca, Diego Velázquez. È il 1650. Camillo Massimo commissiona al pittore spagnolo due ritratti.
Uno è quello dello stesso Massimo; l’altro è dedicato a Donna Olimpia Maidalchini Pamphili. Il primo è conservato a Wimborne, presso il Kingston Lacy Estate. Dell’altro, sin dalla metà del Settecento, si erano perse le tracce. Piste, indizi. Negli anni Ottanta, l’opera è stata ritrovata in Olanda, dove è stata battuta all’asta come dipinto di un anonimo autore di scuola olandese. In seguito, qualcuno ha detto che la Donna Olimpia era stata persa o addirittura distrutta.
Siamo ai giorni nostri. Mesi fa la Donna Olimpia è stata portata nell’ufficio di Sotheby’s ad Amsterdam. Ed è stata subito sottoposta a lunghe perizie, che ne hanno stabilito la paternità. Quel capolavoro dimenticato di Velázquez sarà battuto all’asta nei prossimi giorni, con una base di 2 milioni di sterline. Allora sapremo se sarà acquisito da un museo o entrerà in una collezione privata.
La «Papessa»
Il cognato, Innocenzo X, le diceva: «Senza di te mi sento come una nave senza timone»
Non siamo solo dinanzi a una tra le vette della ritrattistica moderna, che rivela la maestria introspettiva del suo autore, sapiente nel rappresentare stati d’animo e scenari sociali. Quest’olio su tela, evoca anche una storia di straordinaria attualità. È la storia di Olimpia Maidalchini Pamphili, che è stata definita un’autentica rockstar barocca: femminista ante litteram, intelligente, cinica, spregiudicata, ribelle e volitiva, protagonista nella Roma aristocratica e papalina del Seicento.
A sedici anni Olimpia sposa un anziano e ricco borghese, Paolo Nini, che presto muore. Non bella, ma seduttiva, ambiziosa e determinata come appare nell’opera di Velázquez, la «Pimpaccia di Piazza Navona» – così era ribattezzata – sposa poi in seconde nozze Pamphilio Pamphili, di antichissima nobiltà. È il 1612: lei non ha ancora vent’anni. Si trasferisce a Roma, nel palazzo Pamphili (in piazza Navona), con il marito e con un cognato che ha abbracciato la carriera ecclesiastica: Giovan Battista Pamphili, il futuro papa Innocenzo X. E le cronache escludono che si sia trattato di un matrimonio d’amore. «Andava la giovane sposa più spesso in carrozza col cognato che col marito; si tratteneva molto più nello studiolo con quello che nel letto con questo». Un’ambigua intesa umana, intellettuale, forse sentimentale lega Olimpia a Giovan Battista, che confessa: «Senza di te mi sento come una nave senza timone». Con lungimiranza, Olimpia sostiene, anche economicamente, la carriera ecclesiastica del cognato fino alla nomina a cardinale, e poi alla conquista del soglio di Pietro. Chiunque voglia avvicinare il cardinale per richieste, suppliche o favori deve preventivamente rivolgersi a Olimpia, il cui potere, quando il cognato è eletto Papa, diviene talmente grande che il popolo, con un misto di soggezione e di ironia, inizia a chiamarla «papessa». Soggiogato dalla sua influenza, il pontefice talvolta appare incapace di assumere decisioni di un qualche rilievo senza l’avallo di Olimpia. Che acquisisce un ruolo di assoluta preminenza nella corte vaticana. Orienta scelte e progetti, generando invidie e maldicenze.
A queste storie torbide e romanzesche rimanda Donna Olimpia di Velázquez. Il quale scolpisce con il pennello una figura femminile viva e, insieme, distante da noi, assoluta, colta in una sorta di abissale melanconia. In quel volto, si sente respirare «il passaggio dell’ombra della vita», come disse Francis Bacon. Che a Innocenzo X dedicherà un memorabile e visionario ritratto nel 1953.