Corriere della Sera, 24 giugno 2019
Il Papa a Napoli
Il Mediterraneo è il mare dell’irriducibile complessità. Per questo, mare di tanti conflitti, dove le religioni giocano un grosso ruolo. Queste sono state anche un «rifugio» per i cristiani d’Oriente e per i musulmani, preservandone l’identità sotto il dominio altrui. La Chiesa cattolica è stata invece formata da minoranze nel Sud, staccatesi dai cristiani orientali per opera dei missionari, salvo i maroniti, fulcro dello Stato libanese dal 1920. Il cattolicesimo del Nord del Mediterraneo è stato estraneo alle vicende della riva Sud. Invece, dopo la metà del Novecento, avviene una svolta: la Chiesa matura una visione mediterranea all’insegna dell’incontro con le altre religioni. Gli attori sono i Papi: Giovanni XXIII, che visse a lungo a Istanbul, Paolo VI, che aprì al dialogo con islam ed ebraismo, e Giovanni Paolo II.
In questo quadro si staglia Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, che ricorda a un’Europa distratta e a cattolici autoreferenziali come il Mediterraneo sia un sistema di convivenza unitario e complesso, dalle cui crisi si esce insieme e in cui si deve vivere insieme tra cristiani, ebrei e musulmani. Del resto l’ebraismo, da convivente umiliato, si era trasformato in interlocutore di rilievo con la nascita dello Stato d’Israele nel 1948. La Pira invita cattolici esitanti e Paesi arabi ostili a dialogare, riconoscendo la realtà d’Israele.
Il riconoscimento vaticano d’Israele però arriva tardi, nel 1993, nonostante Giovanni Paolo II lo volesse da tempo. Il Papa ha una strategia mediterranea analoga a La Pira. Promuove l’incontro con ebrei e musulmani; viaggia in Israele, Siria, Egitto, Tunisia. Soprattutto la preghiera interreligiosa di Assisi del 1986 mostrò il suo disegno: vivere insieme in pace, a partire dal mutuo riconoscimento delle diverse radici spirituali.
Opinioni
Alcuni leader cristiani mediorientali «avvertono» l’Occidente di non illudersi su musulmani e migranti
Francesco, nonostante l’origine argentina, ha una visione approfondita del Mare Nostro, rilanciata proprio quando questo mondo si è «infuocato»: terrorismo, guerra in Siria e in Iraq, sfida del califfato islamico dal Sud all’Europa, migrazioni, profughi, inquietudine delle società arabe... Papa Bergoglio ha ripreso lo «spirito di Assisi» nel 2016, trentennale dell’incontro di Giovanni Paolo II nella città di Francesco, dichiarando, in presenza del patriarca Bartolomeo (che in precedenza aveva coinvolto in un incontro per la pace in Vaticano con Peres e Abbas): «Il nostro futuro è vivere insieme. Per questo siamo chiamati a liberarci dai pesanti fardelli della diffidenza, dei fondamentalismi e dell’odio». Bisogna impedire il cozzo dei «monologhi» dei mondi mediterranei, intrecciando un dialogo che aiuti a vivere insieme e a gestire insieme la complessità. L’altro giorno, a Napoli, ha sistematizzato la sua visione mediterranea in una lectio alla Facoltà teologica dei gesuiti: «Non si perde niente con il dialogare. Sempre si guadagna. Nel monologo perdiamo, tutti», ha affermato.
Non è questa la posizione di tutti i cristiani. Alcuni leader cristiani mediorientali – come il patriarca siro-cattolico presente al congresso di Verona sulla famiglia – «avvertono» l’Occidente di non illudersi sui musulmani e i migranti, una vera quinta colonna islamizzante in Europa. Accusano i governi europei di non difendere i cristiani nel mondo arabo. Alcuni patriarchi sono stati ricevuti con grande onore e generosità dal primo ministro ungherese Orbán, qualificandosi come testimoni dell’impossibilità di vivere con i musulmani. Che fare allora? La guerra all’islam? Nessuno ha questa intenzione. Al massimo evitare i migranti.
Prospettive
Francesco
per il bacino pensa
a un disegno di lungo periodo che riprende
lo «spirito di Assisi»
Papa Francesco ha lavorato per intervenire sulla dura situazione dei cristiani mediorientali. A luglio scorso, ha promosso a Bari un incontro dei primati cristiani del Medio Oriente, il primo di questo tipo nella storia. Ha cercato interlocutori musulmani credibili, come il grande imam Al Azhar Al Tayyeb, con cui ha firmato ad Abu Dhabi nel febbraio scorso il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. Il testo afferma il valore della libertà religiosa e insiste su un’azione contro gli estremismi. È l’inizio di un processo, come ama dire Bergoglio. Finalmente, la Santa Sede ha trovato un partner credibile di questo processo. Tanto va ricomposto, ma qualcosa si muove in un mondo complesso, dove le diversità sono spesso all’origine di conflitti.
Ci vuole un grande disegno per il Mediterraneo e di lungo periodo. Francesco, venerdì, parlando a Napoli, ha provato a delinearlo: «... se noi non capiamo il meticciato, non capiremo mai il Mediterraneo, un mare geograficamente chiuso rispetto agli oceani, ma culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione». Il Mediterraneo, non più il mondo di ieri, va ricompreso: c’è bisogno di «narrazioni rinnovate e condivise... in cui sia possibile riconoscersi in maniera costruttiva, pacifica e generatrice di speranza». Il cattolicesimo, in difficoltà in varie parti del mondo, presenta oggi una strategia sulla frastagliata frontiera mediterranea che i governi europei spesso affrontano solo nella prospettiva di parziali interessi nazionali.