il Fatto Quotidiano, 23 giugno 2019
La disoccupazione al Sud
Dopo una lenta ripresa, è dalla seconda metà del 2018 che i posti di lavoro al Sud sono tornati a diminuire. Il calo sta riguardando sia i precari sia i contratti a tempo indeterminato, nonostante nel frattempo sia arrivato il decreto Dignità che al Nord sta invece funzionando bene. Più di metà dei 2,7 milioni di disoccupati italiani vive nelle regioni meridionali, dove chi ha la “for – tuna” di avere un impiego è part tim e, involontario nel 14,3% dei casi, ma la percentuale sale di nove punti se consideriamo solo le donne. Quelli impegnati nelle grandi industrie, da Whirlpool a Fiat Chrysler, stanno lottando per mantenere il posto o – nel migliore dei casi – stanno aspettando con ansia la scadenza della cassa integrazione per conoscere il proprio destino. La fotografia sul mercato del lavoro nel Mezzogiorno, così come emerge dai dati Istat, dimostra una cosa: i sindacati in piazza dovrebbero andarci tutti i giorni per chiedere alla Lega di mettere da parte i progetti di autonomia e affrontare l’emergenza di un Paese spaccato in due. A partire dai risultati del decreto Dignità: a novembre 2018 sono entrate in vigore le nuove norme di contrasto al precariato, ovvero l’obbligo di causale per i rapporti superiori a dodici mesi, il limite di 24 mesi (non più 36) e di quattro rinnovi (non più cinque). L’obiettivo del ministro Luigi Di Maio era accelerare le stabilizzazioni dei contratti a termine, e in effetti è proprio quello che è successo. Non ovunque, però, perché a beneficiarne è stato soprattutto il Nord. I posti stabili nelle aree settentrionali erano 7 milioni e 972 mila nel terzo trimestre del 2018; poi è arrivata la stretta voluta dal governo e nel trimestre successivo sono saliti a 7 milioni e 995 mila e sono passati a 8 milioni e 126 mila nel periodo tra gennaio e marzo 2019. Tre trimestri di crescita costante e, anche se la parallela caduta dei contratti a termine, in totale il numero di occupati dipendenti ha segnato un saldo positivo: i posti di lavoro sono aumentati nonostante l’Italia abbia affrontato la recessione tecnica. Al Sud la situazione è molto diversa: nel terzo trimestre 2018 erano 3 milioni e 610 mila quelli con un posto “fisso”, ma nel trimestre successivo sono diventati 3 milioni e 591 mila per poi scendere fino a 3 milioni e 571 mila nel primo trimestre dell’anno in corso. Tre trimestri con il segno meno; nel Mezzogiorno il decreto Dignità ha colpito i rapporti a scadenza, ma non sono saliti quelli permanenti: abbiamo quindi meno posti di lavoro, precari o tutelati che siano. Il tasso di disoccupazione del Sud, cioè la quota di individui che cerca con insistenza un impiego, resta al 18,3%. L’impresa è talmente da ingrossare il tasso di inattività fino al 45,7%. In pratica, il Meridione ha 13,6 milioni di persone in età lavorativa: 6,1 milioni con un lavoro, 1,4 milioni disoccupate e 6,1 milioni inattive. Una situazione che fa delle donne le vittime preferite: il 31,2% delle occupate ha un part time, involontario per il 23,7%. Mentre al Nord il 64,8% delle madri con bambini più piccoli di due anni ha un lavoro, al Sud questo “p r i v i l egio” spetta solo al 35,6%. In un contesto così compli-» LUCIO MUSOLINO Reggio Calabria “B asta campagne elettorali. Questo governo non va da nessuna parte, ci porta tutti quanti a sbattere. Un Paese come il nostro non lo cambi perché è arrivato il fenomeno di turno che pensa di essere Goldrake. Non abbiamo bisogno né di Goldrake né di Superman”. Per Maurizio Landini, gli aspiranti supereroi sono il ministro dell’Interno Matteo Salvini, il premier Giuseppe Conte e il suo vice Luigi Di Maio. SOTTO IL PALCO, ieri a Reggio Calabria, c’erano oltre 25 mila persone ad ascoltare il leader della Cgil. Dopo quelli dei segretari di Cisl e Uil, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, è stato il suo l’intervento che ha chiuso la manifestazione nazionale dei confederali. “Ripartiamo dal Sud per unire il Paese”: un lungo corteo rosso, verde e blu che ha riempito piazza Duomo dopo aver attraversato il corso Garibaldi. Un fiume di lavoratori, pensionati, precari e migranti provenienti da quasi tutte le regioni d’Italia. Come nel 1972 quando con i “treni per Reggio Calabria”gli operai del Nord hanno invaso la città dello Stretto, devastata dai moti, minacciata dalle bombe e militarizzata per la “Conferenza sul Mezzogiorno”. Ieri come oggi tiene banco lo scollamento del mondo del lavoro dalle scelte politiche del governo. È Annamaria Furlan a puntare per prima il dito contro l’esecutivo gialloverde: “Al tro che inventarsi una cosa al giorno: i mini-bot servono a giocare al Monòpoli. Se poi qualcuno ha pensato di risolvere tutto con il reddito di cittadinanza, ha sbagliato. Basta vedere il concorso per i navigato r. Sono 54 mila i candidati in cerca di un posto di lavoro, ancora una volta precario”.“Il lavoro –aggiunge Furlan –va creato e noi siamo a crescita zero. L’unica percentuale che aumenta è quella dei poveri”. SU QUESTO, il segretario Landini ricorda quando “Di Maio dal balcone annunciò che il governo aveva cancellato la povertà. Gli dovremmo far vedere che, non i sindacati, ma l’Istat nei giorni scorsi ha certificato che la povertà purtroppo è aumentata” (in realtà il dato Istat è riferito al 2018 e gli sgraziati festeggiamenti di Di Maio si riferivano alla possibilità di far partire il reddito di cittadinanza nel 2019). “Se il governo non ci convoca, sarà lui a farci andare avanti nella lotta”. Barbagallo non ha dubbi: “Avanti con gli scioperi, non ci fermeranno”. È della stessa idea Landini (“qui non finisce la mobilitazione, da qui riparte”). Il segretario della Cgil prima attacca l’autonomia differenziata (“è una bugia”) e la flat tax (“bi – sogna combattere l’evasione fiscale”) e poi elenca le promesse del premier Conte: “Disse che il 2019 sarebbe stato un anno bellissimo. Forse per lui. Non se n’è accorto nessuno. Nelle politiche del governo, il Mezzogiorno è totalmente sparito”. “Vorremmo dare un consiglio al presidente Conte –aggiunge il segretario della Cgil –Non usi gli utili della Cassa Depositi e Prestiti o della Banca d’Italia per far quadrare i conti. Quei soldi debbono servire per creare lavoro. E lo diciamo anche a Salvini che ha raccontato per mesi che si cambiava il Paese chiudendo i porti. Li hanno chiusi ma sono i giovani del Sud che continuano ad andare fuori dall’Italia. Capisco che è un ragionamento complesso, ma qualcuno glielo dovrebbe spiegare”. © RIPRODUZIONE RISERVATA 25 mila I partecipanti ieri alla manife stazione di Cgil, Cisl e Uil a Reggio C a l a br i a. A sinistra, il segretario della Cgil M au r i z io L andini Ansa “Avanti con gli scioperi” I confederali ripartono dal Mezzogiorno “dimenticato” e pensano a un “autunno caldo” Ieri in piazza I lavoratori della Whirlpool di Napoli in corteo con i sindacati a Reggio Cal a br i a Ansa cato non mancano le crisi industriali che tengono con il fiato sospeso decine di migliaia di operai. La decisione della Whirlpool di cedere lo stabilimento di Napoli ha gettato scompiglio tra i 430 dipendenti, timorosi di una dismissione da parte della multinazionale. Alla Fiat Chrysler di Pomigliano d’A rco in 2.300 sono in cassa integrazione che scadrà a settembre, e si attendono notizie sul destino del Lingotto per comprendere meglio le prospettive. A Termini Imerese, in Sicilia, non è mai partito il rilancio dell’ex Fiat da parte della Blutec, vicenda poi finita al vaglio della magistratura penale, e i 691 lavoratori sono coperti dagli ammortizzatori sociali fino a dicembre. Per poter dormire sogni tranquilli, in 2 mila aspettano che si completi il progetto di riconversione della fabbrica Bosch di Bari, dato che l’azienda ha appena parlato di “150 mila posti a rischio nel settore diesel”. Il disagio lavorativo parla soprattutto con l’accetto “di giù”.