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 2019  giugno 23 Domenica calendario

Il trucco della nave madre smascherato dai gabbiani

ROMA – «Wait, wait». Sono le 15 di giovedì quando il secondo pilota di un aereo di Frontex in ricognizione sul Mediterraneo si accorge di qualcosa di strano. Perché quel peschereccio azzurro traina una barchetta di legno vuota? E soprattutto perché non ha gabbiani attorno? Sì, gabbiani. Non c’è barca da pesca che non proceda con una scia di uccelli attirati dall’odore delle reti e del pescato. Ma a bordo di quel peschereccio all’apparenza come tanti altri non ci sono né reti né pesci. La sua stiva è piena di un carico ben più lucroso: migranti che cercano di raggiungere l’Europa. Anzi l’Italia. Quel viaggio, partito la notte precedente dalla spiaggia libica di Al Zwara, ha come destinazione Lampedusa. I migranti, 81, hanno pagato da 3 a 4mila euro ciascuno ai trafficanti travestiti da pescatori per quel passaggio sicuro e veloce: gommone in piccoli gruppi dalla spiaggia al barchino, poi fino al peschereccio che aspetta al largo e di nuovo barchino. Dodici ore di navigazione pigiati nella stiva del motopesca, poi il trasbordo veloce a poche miglia dalle acque territoriali italiane, un gps per indicare la rotta e via: Lampedusa è lì, a sole due ore di navigazione. Se tutto va bene (e di solito va bene) si arriva in vista dell’isola e si viene portati a terra da una motovedetta italiana mentre i trafficanti-pescatori girano la prua e tornano in Libia pronti per un altro viaggio: perdono un barchino e un motore da pochi cavalli. Costo ridottissimo per un viaggio come quest’ultimo che ha fruttato dai 250 ai 300mila euro. Questa volta è andata male per i sette scafisti finiti in manette grazie alla collaborazione tra Frontex, Mrcc Roma e la Guardia di Finanza, mentre gli 81 migranti hano raggiunto il loro obiettivo: portati a Lampedusa dalle motovedette italiane, una beffa per gli altri 43 (come loro fuggiti dai lager libici) da dieci giorni bloccati poco distante a bordo della Sea Watch, il “prezzo” che pagano per essere stati salvati da una nave umanitaria. Per arrivare in Italia adesso è meglio tornare all’antico: senza più navi di soccorso in zona Sar libica, i farlocchi gommoni cinesi che si sgonfiano e vanno giù dopo poche miglia di navigazione non servono più. Meglio i vecchi barchini, quelli invisibili ai radar che riescono a portare in Sicilia piccoli gruppi di persone, spesso trainati da una mother boat. I trafficanti libici hanno cambiato strategia sfruttando anche quel vantaggio di spazio e di tempo inaspettatamente concesso loro dal nuovo modus operandi delle motovedette italiane che, ormai da un anno, hanno l’ordine di non partecipare più ad eventi di ricerca e soccorso in acque internazionali. Cosa che evita di portare in salvo in Italia vite umane ma impedisce anche di inseguire e fermare le navi-madri fino a quando i barchini da loro trainati (che vengono considerati come una loro estensione) non entrano in acque italiane. Così prevede la Convenzione di Montego bay sul diritto del mare e così è successo l’altro pomeriggio quando i trafficanti-pescatori, filmati e seguiti dall’alto da ore prima dall’aereo e poi da un drone di Frontex, stavano per riuscire a farla franca proprio per l’impossibilità della motovedetta italiana (che aveva ordine di non soccorrere i migranti in zona Sar maltese) di mettersi all’inseguimento del motopesca fino a quando quel barchino non fosse entrato in acque italiane. Sono state otto ore convulse in cui gli uomini di Frontex e della Guardia di finanza non hanno mai perso di vista il peschereccio. L’intuito dei piloti è stato premiato intorno alle cinque del pomeriggio quando, in favore delle sofisticatissime telecamere di bordo (l’aereo vola così in alto che gli scafisti non si sono mai accorti di essere sotto controllo), hanno visto i migranti uscire uno per uno dalla stiva e salire sul barchino bianco e i trafficanti tirare qualche giubbotto di salvataggio prima di invertire la rotta e fare ritorno verso l’Africa. Il motore della piccola imbarcazione però faceva le bizze e così i migranti sono rimasti per un po’ fermi in zona Sar maltese mentre Frontex avvertiva sia Roma che La Valletta e una potentissima motovedetta della Finanza, seppure impossibilitata a fermare la nave- madre in fuga, la seguiva senza mai perderla di vista. Quando finalmente, poco prima delle 23, il barchino ha varcato il limite delle acque italiane, è scattata l’operazione: nave madre sotto sequestro e scafisti in manette. Sono sette, un libico e sei egiziani (di solito ingaggiati dai trafficanti perché ottimi marinai): due di loro sono giovanissimi, addirittura minorenni. Nel motopesca non c’era una sola rete, in compenso pochi soldi libici (il pagamento del passaggio avviene in Libia), documenti e telefonini che potrebbero fornire ai pm di Agrigento preziosi spunti di indagine. Il viaggio Tre diversi momenti del viaggio dei migranti verso l’Italia filmato da un aereo di Frontex. In alto, il peschereccio che traina il barchino vuoto, il trasbordo e i trafficanti che si allontanano