il Giornale, 22 giugno 2019
Sui falsi di Modigliani sono stati chiamati periti inesperti e incapaci. La denuncia di Sgarbi
Esperto. Che cos’è un esperto? In particolare un esperto d’arte? È una persona che ha conoscenza, competenza ed esperienza. E come si manifestano queste tre qualità? Attraverso gli studi, la verifica degli ambiti di competenza, privilegiando le specializzazioni. Nella medicina tutto è chiaro: per curare il cuore si ricorre a un cardiologo, non a un ortopedico. Nell’arte, non diversamente, nessuno chiamerebbe uno studioso dell’impressionismo per una perizia su un dipinto di Tiziano. Ci sono studiosi multiformi che occupano campi vasti, com’era il caso di Giulio Carlo Argan, ma il loro sapere si manifesta in cospicue pubblicazioni enciclopediche. Il primo compito dell’esperto, per cui viene chiamato, è riconoscere il vero dal falso; il secondo è distinguere un autore dall’altro. Una volta acclarata la capacità di un esperto, esso può essere chiamato per fare perizie. E ciò che egli fa per un privato, può essere chiamato a fare per un tribunale, su richiesta di un giudice.
Qui cominciano le note dolenti, perché, mentre l’esperto che lavora per un privato si misura con il mercato, l’esperto chiamato dal tribunale, talvolta con responsabilità straordinarie, in casi difficili, è scelto con automatismi spesso incomprensibili in un elenco di periti di tribunale. Si tratta di una lista cui si può aderire motu proprio, senza criteri di ammissione legati agli studi. Una piccola casta autoreferenziale di personaggi provenienti dal mondo della scuola, e senza alcuna verifica dei loro titoli e dei loro studi. Avviene così che un giudice, in una materia incerta e scivolosa, si affidi a chi non ha nessuna comprovata esperienza per delibare questioni delicate e aggiunga incompetenza a incompetenza. Quante volte nei tribunali ho incontrato periti inesperti e incapaci!
Fra questi svetta una dottoressa, Maria Stella Margozzi, che fu mia assistente per alcune pubblicazioni della Galleria d’arte 56 di Bologna, poco più di una compilatrice, di cui non si conoscono specifici campi di studio e di approfondimenti. Dopo anni di mediocre attività subalterna, è divenuta sovrintendente delle Belle arti in Puglia, probabilmente perché disponibile alla trasferta dalla Galleria nazionale di arte moderna di Roma. Inesistente studiosa, inesistente esperta, nota ai tribunali, è stata chiamata (per il processo del secolo) per la delicata questione dei presunti falsi Modigliani. Un impegno che richiede conoscenza specifica e studi comprovati sul grande artista livornese. Non ce n’è traccia nel curriculum della Margozzi. Il dilettantismo si misura nella contrapposizione tra generici pareri e cospicue documentazioni per dipinti esposti in decenni in giro per il mondo, Roma, Seul, Bonn, Mosca, Lugano, e da lei ritenuti contraffatti.
Affianca la nota incompetente, un’altra ancor più incompetente, e ignota: Isabella Quattrocchi, risoluta nel dichiarare false opere di Modigliani che non conosce e non aveva mai visto. Inutile verificare il suo curriculum, i suoi studi, i suoi libri: nulla risulta. I suoi titoli sono l’appartenere all’elenco dei periti ed essere stata chiamata da alcune procure. Insegnante (non laureata) in pensione, è iscritta all’albo del tribunale civile e penale di Roma dal 1983. Non conosce la grammatica italiana, non è in grado di fare un ragionamento che abbia un filo logico, rispettando la consecutio temporum e la sintassi, come si può vedere in una sua esilarante e impappinata intervista in cui svela l’infallibile metodo «fotografico» per riconoscere il vero dal falso. Come la vispa Teresa, afferma che i dipinti di Modigliani esposti al «Castello» ducale di Genova (come definisce il Palazzo), sono indiscutibilmente falsi «perché erano al buio». Il suo titolo più rilevante è aver periziato, come falsi, alcuni dipinti nella casa di Massimo Carminati. Per il pubblico ministero, Paolo D’Ovidio, sono evidentemente titoli essenziali per essere ritenuti esperti di Modigliani. Non l’avere fatto approfonditi studi sul pittore (come, nel caso della Quattrocchi, non risulta). Non essendo possibile reperire nessun dato oggettivo sulla competenza della Quattrocchi, occorre risalire a una sua impressionante intervista: «Dopo la maturità scientifica mi presi il diploma artistico da privatista, in seguito finii l’Accademia di Belle Arti. Negli anni ’70 vinsi un concorso indetto dallo storico liceo artistico di via Ripetta, a Roma. C’erano 4.000 persone da tutta Italia e un solo posto da assegnare. Poi fui nominata come professoressa di discipline pittoriche all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila. Ma preferii fare altre esperienze. Tra le quali restauratrice di decine di opere appartenenti alle ambasciate italiane in giro per il mondo». Quindi, le viene chiesto, non abbandonò mai l’arte? «Impossibile. Da 35 anni sono perito per le opere d’arte del tribunale, prima civile e penale. Collaboro con le procure di mezza Italia. In tutto questo tempo credo di essermi fatta un poco di esperienza nel campo: Dorazio, De Dominicis, anche se tutti parlano sempre dei Guttuso, Warhol e Miró trovati nella casa dell’ex Nar Massimo Carminati e da me smascherati come falsi». Altra domanda: «Sulle ormai famose 20 opere di Modigliani e Kisling bocciate ha emesso un verdetto durissimo...». Risposta: «Ho già detto e ripeto che per me nella mostra di Genova l’esposizione dei falsi era programmata e premeditata. E non era per nulla un caso che la mostra fosse buia».
Sconcertante (come dovrebbe apparire anche a un pubblico ministero che conosca le precise norme di legge, relative ai vincoli e alle notifiche delle opere d’arte), la risposta sul ritratto di Hanka Zborowska, dipinto notificato nel 1972 dalla sovrintendenza di Milano, con un decreto della direzione generale delle Belle arti dell’allora ministero della Pubblica istruzione (oggi Beni culturali), ignorando cosa sia una notifica, e come essa non possa prescindere dall’autenticità dell’opera. La Quattrocchi, in contropiede, penosamente risponde: «Una cosa gravissima. Ma non era un’autenticazione (sic!), bensì una notifica di interesse storico e artistico. Così chi potrebbe mettere in discussione un dipinto di cui si è occupato addirittura il ministero con un atto ufficiale?».
Furbissima, una vera volpe, la Quattrocchi. Non ci si vuol credere. Due assolute incompetenti, la Margozzi e la Quattrocchi, cui si aggiunge la grafologa Ilaria Gozzi, avvezza agli oroscopi. Ed eccoci arrivati, in questa mostruosità di ignoranza e incompetenza, allo scontro epocale tra le parole delle tre esperte dilettanti e le conclusioni scientifiche di chi ha fatto le indagini.
Per i carabinieri del Ris, infatti, le cose sono assai diverse: i pigmenti, i colori, l’epoca in cui il dipinto è stato realizzato sono tutti elementi compatibili con la mano del grande artista italiano. Il ritratto di Hanna Zborowska è uno dei 21 dipinti esposti due estati fa a Palazzo Ducale di Genova, e finiti sotto inchiesta dopo la denuncia del critico d’arte Carlo Pepi (che si limitava a 13). Ora dovrà essere restituito, dopo l’insensato sequestro, come autentico qual è, alla legittima proprietaria. Che lo rimetterà al suo posto, nella Fondazione di Milano, cui appartiene, con altri conclamati capolavori. A richiedere la restituzione del dipinto del 1917, tramite il legale milanese Luca Troyer, è stata la proprietaria, Giuseppina Antognini, compagna di Francesco Pasquinelli, collezionista morto nel 2011, che nel 1997 aveva acquistato, con tutte le garanzie, il Modigliani per un miliardo e 800 milioni di lire, legandolo alla sua Fondazione. Nei giorni scorsi si è tenuta l’udienza davanti al gip Filippo Pisaturo, che deciderà a breve. Ed è significativo che pure il pm presente in aula, Cristina Camaiori, non abbia eccepito sulla richiesta della custodia giudiziale. Anche perché la proprietaria è estranea ai reati di truffa aggravata, false opere d’arte e riciclaggio contestati dal procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio ad altri innocenti attori, fra cui un vero studioso come Rudy Chiappini (di cui ben si conosce l’eccellente curriculum) e uno dei benemeriti editori d’arte, titolare di Skira, Massimo Vitta Zelman, che non ha mai pubblicato i libri inesistenti della Quattrocchi.
La storia del Ritratto di Hanka Zborowska del resto è tutta particolare, nell’ambito dell’inchiesta sui presunti falsi di Modì che vede cinque indagati per truffa aggravata, false opere d’arte e riciclaggio. La notifica ne riconosce «l’interesse artistico e storico particolarmente importante». Tipico dei falsi. Per la falsa perita della Procura, Isabella Quattrocchi, come altri 20 lavori sui 21 esaminati, si tratta di un falso grossolano: «La cromia dell’incarnato del viso, dell’orecchio e del collo è di un inusuale color terracotta con minimi accenni di rosso cadmio e vermiglio»: sentite che analisi! Le consulenze disposte dalla proprietaria, invece, concordano con le conclusioni rigorose e approfondite, senza talismani e pozioni magiche, del Ris. L’altra carta vincente, esibita dal legale, è il documento, datato 1929, che prova come il dipinto appartenesse allora a Constant Lepoutre, mercante d’arte e corniciaio parigino, amico di Modigliani.
Siamo nei giorni in cui si manifestano i gravissimi scandali sulla magistratura, ai massimi vertici. Anche l’inchiesta di Genova rischia di sprofondare nel ridicolo, con falsi periti piuttosto che falsi dipinti. Dopo uno scandalo sconvolgente, che ha coinvolto persone oneste e capaci, come sperare di conoscere la verità se i magistrati si affidano ad assoluti incompetenti? E se per curare una malattia del cuore si ricorre a un callista?