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 2019  giugno 22 Sabato calendario

Lezioni di ginnastica: quando Walt Whitman spiegava agli uomini come rinvigorire il proprio corpo

È possibile immaginare un poeta patriarcale come Walt Whitman, con la sua barba imponente quanto la sua leggenda, tenere una rubrica settimanale di fitness e wellness maschile? La sola ipotesi ci rivolta, eppure è un fatto, un fatto in forma di libro curato dallo scopritore di quegli articoli dimenticati, Zachary Turpin. Siamo nel 1858: non ancora quarantenne, Whitman ha da poco pubblicato la prima e la seconda edizione di Foglie d’erba, una più fallimentare dell’altra, e sta allestendo la terza, in attesa di un successo che arriverà solo con la quarta (1867), in cui avrebbe trovato posto l’epicedio lincolniano Oh capitano! Mio capitano!
Almeno dal 1855, sotto pseudonimo o in forma anonima, Whitman sta collaborando a vari giornali, con una versatilità e un eclettismo che sembrano il riflesso minore della spregiudicatezza con cui la sua poesia affrontava temi che la sensibilità corrente, al netto dello scandalo rappresentato dall’omosessualità dell’autore, avvertiva come sconvenienti e intimamente impoetici.
Nel 1858 dunque, firmandosi Mose Velsor, Whitman tiene sul New York Atlas una rubrica settimanale intitolata “Sport per uomini: consigli salutari per una sana e robusta costituzione”. Animato dalle migliori intenzioni, Turpin riconduce questa scelta tematica ( che a quanto ne sappiamo potrebbe essere stata imposta dall’editore) a una sorta di luttuoso presagio da parte di Whitman, che alla vigilia della Guerra di Secessione avrebbe voluto esortare i futuri “Nordisti” (cioè gli uomini della costa orientale) a prepararsi fisicamente al conflitto. Sarà, ma la generosa ipotesi non lenisce il nostro imbarazzo di fronte a un esordio programmatico come questo: «nulla vi tocca nel profondo più dell’argomento che ci apprestiamo a trattare in questo e nei prossimi articoli, tutti intesi a fornire consigli per ottenere una sana e robusta costituzione virile (…). Una sana e robusta costituzione virile! Non trovate anche voi che l’espressione abbia un suo fascino, una sua forza magnetica? Immaginiamo già il guizzo negli occhi del giovane lettore, agile, aitante, vigoroso, che, pur senza osare confessarlo, ha sempre ambito in cuor suo al potenziamento delle proprie facoltà fisiche (…): al posto di stati morbosi, lassezza, indisposizione, deficienze e sangue infetto, una vivacità gagliarda e scattante, un fisico statuario e flessuoso, un bel colorito roseo e, come impagabili effetti di siffatte cause, voce ridente, canzoncine allegre da mattina a sera, sguardo acceso e spirito invariabilmente lieto». Da una parte, dunque, il sogno eugenetico di «una superba progenie umana», «una razza di guerrieri pronti a imbracciare le armi non per mero mestiere, ma per amore del combattimento», una razza che ha portato «il corpo maschile all’apice del suo splendore»; dall’altra la preoccupazione per il «benessere» e il «buon umore», requisiti indispensabili dell’americano moderno, e anche oggi topos di ogni manipolazione pubblicitaria. Il cortocircuito salute fisica – bellezza – salute mentale – felicità – rispettabilità non potrebbe essere più ricattatorio: «Non insisteremo mai abbastanza sulla salute quale fondamento della bellezza maschile, e ad essa aggiungiamo, non meno essenziali, la socievolezza, la cordialità, la capacità di farsi ben volere in compagnia» promette Whitman, non mancando di sottolineare che i brutti, i grassi e i malaticci costituiscono un triste e sgradito spettacolo.
Dunque, soprattutto per chi svolge un lavoro sedentario, molto esercizio fisico, palestra e lunghe passeggiate, e finché si è giovani molta atletica, raccomandata con un’esaltazione mistica e un “grecismo” che fanno correre con il pensiero a Olympia di Leni Riefenstahl. Poi, per tutti, una dieta sostanziosa e «maschia», un’igiene scrupolosa e la cura costante del proprio aspetto e dell’abbigliamento. «Lettore! Qual è la tua ambizione?» tuona Whitman: «Perché un’ambizione dovrai ben averla, e se così non fosse, chissà che leggendo queste parole non spunti per la prima volta nel tuo cuore il desiderio di rinvigorire il corpo, insomma di farti uomo, robusto, scattante, energico e affascinante – hai capito bene, affascinante – giacché non è un caso che la specie umana aspiri universalmente ad avere un corpo non solo sano, ma anche bello». Chi raggiungerà questo scopo sarà «magneticamente carismatico», cioè quasi onnipotente: «Tutti cadono ai piedi dell’uomo carismatico, tutti ne tessono adoranti le lodi». Purtroppo, lamenta Whitman, viviamo in «tempi ultra- mentali e ultra- filantropici», la cui «svenevole mollezza» impedisce all’uomo americano di liberare «la giusta componente di animalità bruta»: per questo la parte sana del paese non sono gli intellettuali, marci di europeismo, ma chi lavora con il corpo: «Osservate i giovani di Boston, New York o Philadelphia, impegnati in ogni genere di lavoro manuale; osservate quanti splendidi esemplari di macchinisti, carrettieri, pompieri, tagliaboschi, falciatori e vetturini vi sono tra loro. Quanta forza, quanta bellezza e quanta operosità!». Per questa strada non è difficile capire perché lo sport preferito da Whitman sia il pugilato, anzi il pugilato «di strada» : peccato che Whitman non fosse Jack London, e che celebrando le virtù sociali della salute e della bellezza ( piacere agli altri, primum piacere) non fosse molto credibile come cantore dell’umanità selvaggia.