la Repubblica, 23 giugno 2019
Alla fiera della canapa a Berlino
La faccia sulla maglietta è quella di Angela Merkel, ma i colori giamaicani e la scritta “no woman no cry”, non lasciano dubbi sulle simpatie del ragazzo che si avvicina allo stand del cibo per cani. «I nostri croccantini sono utilissimi», lo informa una donna bionda sventolando una bustina viola, «soprattutto a Capodanno, quando partono i botti». Il Cbd, una delle più importanti sostanze derivate dalla cannabis, ha importanti effetti calmanti e ansiolitici. E se può alleviare i dolori e le paure degli umani, «perché non dei cani», aggiunge. Il ragazzo con la cancelliera stampata sul petto annuisce ma non pare convinto. Prosegue con passo lento verso una grande insegna colorata, “Cannapop”, dove si distribuiscono popcorn al Cbd. Un tizio vestito da spinello acceso, con una testa di cartapesta rosso fiammante, distribuisce strette di mano e volantini.
Alla più grande fiera della cannabis tedesca, Mary Jane Berlin, i momenti goliardici non mancano. Appena fuori dall’ingresso principale, una zelante squadra di volontari è occupata per ore a rollare la più lunga canna del mondo. Ma grazie a un settore in crescita esponenziale dopo la liberalizzazione statunitense e l’allentamento delle maglie legali in Germania – è recentissima la legge che legalizza la coltivazione della cannabis medica – al Mary Jane Berlin si parla soprattutto di affari.
In soli quattro anni, dalla prima edizione del 2016, gli stand sono lievitati da 80 a 250. E nei tre giorni della fiera, i visitatori hanno superato ormai quota 25mila. Gli espositori sono tedeschi, olandesi, israeliani, e italiani. Tanti italiani. Giovani, laureati, preoccupati. C’è un giovane umbro green, Emanuele Sorvillo. Trent’anni, una laurea in Economia ambientale. Due anni fa ha fondato con altri due giovanissimi soci la “Narnia Cannabis”, una delle miriadi di aziende nate sull’onda della legge del governo Renzi che ha consentito la vendita di prodotti che contengono una misurata dose di Thc, una delle principali sostanze psicoattive della cannabis. «Ho investito 50 mila euro per comprare un terreno e per coltivare la canapa, che è una pianta dalla quale ricaviamo tantissimi prodotti, non solo il Thc. Produciamo anche pasta, taralli, farina, olio. Ma i margini su questi tipi di prodotti sono bassi», il guadagno è maggiore ad esempio sul Cbd o sui principi attivi delle infiorescenze, come il Thc. «E finché c’è una criminalizzazione così generica della cannabis, tutti i prodotti sono a rischio». Sorvillo scuote la testa: «In Italia si lamentano tanto che noi giovani scappiamo all’estero, che non troviamo lavoro. E quando decidiamo di restare, di impegnarci per qualcosa nel nostro Paese, ecco il risultato».
Qualche stand più in là siamo attratti da un elegante scritta bianca su sfondo nero, “Crystalweed”. Accanto, una bandiera italiana. Anche il fondatore, il pugliese Angelo Desiante, è furibondo. «Ho investito 300 mila euro con mio fratello e un socio in questa azienda. Mi sono indebitato e mi ci vorranno anni per ammortizzare. E adesso arrivano un governo e una sentenza assurda della Cassazione che rischiano di distruggere tutto». Desiante ha due lauree (una in Bocconi), ha lavorato nella finanza a Shangai e a Bangkok. È tornato in Italia “per restare” e lanciare il suo business, «che è in crescita in tutto il mondo». La sua azienda rifornisce una sessantina tra cannabis shop, profumerie e parrucchieri con i suoi cosmetici al Cbd. «La mia generazione ha meno pregiudizi delle precedenti. Per questo sulla cannabis aveva scommesso chi ha trent’anni o meno, come me».
Intorno a loro, migliaia di persone affollano gli stand del Cbd, che sta diventando, in Germania e altrove, il suo nuovo rimedio universale di moda tra i più giovani. Ma che può aiutare pazienti in chemio, per esempio, o malati di Sla, e a Mary Jane Berlin se ne incontrano molti. Si mescolano ai ragazzi berlinesi molto tatuati e alle tranquille coppie suburbane che guardano le growbox, serre computerizzate da interni per coltivare marijuana, volendo, in tavernetta. E a qualche consumatore borghese di Thc che osserva con interesse le growbox-armadio in radica, per tenere discretamente piante in salotto. Costa 2500 euro; in un’altro stand, un armadietto con graffiti ne costa 1500. Poi ci sono le novità per il tempo libero. Dennis Geritz della Berliner Wiese ci mostra un infuso a base di Cbd “che si può mettere in un gin tonic”.
Georg Wurth presiede la Deutscher Hanfverband, l’associazione dei produttori di cannabis terapeutica tedesca, che riunisce 200 aziende e 3300 produttori singoli. È convinto che prima o poi, più prima che poi, in Germania e in buon parte d’Europa verrà legalizzata. «Io credo sia un divieto veramente stupido. il consumo così non non diminuisce, diventa solo un affare per chi vende illegalmente. Mentre potremmo avere una grande disponibilità di prodotti controllati e di qualità. Stiamo parlando di una sostanza che va presa seriamente. Che aiuta milioni di pazienti, che da sempre è stata consumata in modo curativo e ricreativo. E nella storia umana il proibizionismo è sempre stato una breve parentesi». Dalla terrazza dell’Arena affacciata sulla Sprea, dalla piscina sospesa sul fiume, arrivano effluvi che non fanno pensare al Cbd. Su una nave all’attracco c’è business center, dove si fanno affari sul nuovo “oro verde”. Che qui pare mettere di buon umore tutti, tranne gli italiani.