la Repubblica, 23 giugno 2019
Con Salini e Salvini la Rai perde i colpi
Ascolti in calo, palinsesti presentati in ritardo, lottizzazione spinta, la Lega che impone conduttori e format. E anche i conti sono in rosso.
Alla Rai adesso c’è anche il trasformator che sembra un po’ il navigator e un po’ un Avenger. Si chiama Pietro Gaffuri, una lunga carriera in azienda, e dovrebbe mettere in pratica il piano industriale realizzato dall’amministratore delegato Fabrizio Salini. Cioè rivoluzionare Viale Mazzini, portare finalmente l’azienda nel nuovo millennio, creare i nove centri di produzione che secondo alcuni sono un altro poltronificio e secondo gli ideatori segnano finalmente la nascita di una media public company. Ma qualche giorno fa Gaffuri ha confessato ad alcuni amici la sua impotenza: «Non ho neanche iniziato, non ho la struttura e sono fermo». Il suo trasformation office è una scatola vuota.
Salini ha puntato tutte le carte sul piano industriale (preparato in collaborazione con la Boston Consulting) ma alla fine si trova impelagato nel problema cronico della Rai: la politica e le nomine. L’unica trasformazione infatti è quella dell’azienda in TeleSalvini, con occupazione sovranista di tutti i posti in video e dietro le quinte. E lui, l’ad con pieni poteri indicato dal Movimento 5 stelle, non fa nulla per arginare l’onda leghista. Anzi. Qualche giorno fa ha persino autorizzato un aumento di 800 mila euro per il budget del Tg2, la testata diretta da Gennaro Sangiuliano che rivendica con orgoglio il soprannome di TeleVisegrad. Un altro schiaffo agli editori di riferimento grillini. Che stanno cominciando a stancarsi e a incavolarsi.
Alla Rai il M5S non tocca palla. Ha un solo spazio: il Tg1 guidato da Giuseppe Carboni. Spazio che pesa ma è poco per il partito di maggioranza relativa con un amministratore amico. Il tg in più perde qualche colpo. A maggio ha fatto il 22,6 per cento di media, il punto più basso dal 2012. Carboni ha provato a chiedere un aiuto all’ad specialmente sui traini, ossia sui programmi che precedono le edizioni delle 20 e delle 13,30, quella che soffre di più per i cattivi risultati della Prova del cuoco (eppure Elisa Isoardi sarà confermata). Senza ottenere quanto sperato.
Rocco Casalino, Gianluigi Paragone, Roberto Fico e da poco anche Luigi Di Maio hanno messo nel mirino Salini. Sospettano addirittura che l’amministratore faccia il doppio gioco, come è successo in occasione dei palinsesti estivi inzeppati di conduttori indicati dalla Lega. Salini si difende sostenendo che la direttrice di Rai1 Teresa De Santis ha l’autonomia editoriale e lui non può fare niente, In realtà ne condivide le scelte una per una. In effetti Salini e De Santis vanno d’accordissimo, difficile immaginare uno scontro tra i due. E così crescono i veleni immaginando che, vista l’aria, il capo azienda abbia puntato le fiches sul leader del 34 per cento delle Europee. Paradossalmente Salini aveva trovato un cordone sanitario in alcuni ambienti istituzionali e nel Partito democratico che lo preferiva come interlocutore a Marcello Foa. Ma adesso sta perdendo anche questo sostegno.
A difenderlo dentro il Movimento è rimasto solo Vincenzo Spadafora. Non in cambio di niente. Il sottosegretario dovrebbe piazzare due suoi uomini sulla rete ammiraglia. Franco Di Mare occuperà lo spazio in seconda serata del lunedì che era di Fabio Fazio mentre Alberto Matano, giornalista del Tg1, condurrà dall’autunno la Vita in diretta.
C’è anche il fronte degli ascolti. Sono in calo con l’eccezione di Rai3. Rai1 perde rispetto allo scorso l’0,3 per cento e lo 0,5 in prima serata. Questo può pesare sulla raccolta pubblicitaria. La Rai2 di Carlo Freccero guadagna un niente (0,1) ma può vantare una crescita dell’8 per cento sul target dei giovani. La terza rete di Stefano Coletta invece mette il segno più in quattro giorni su sette e cresce dell’0,3. Complessivamente la Rai perde l’0,1 per cento di ascolti e l’0,4 per cento in prima serata. Non sono numeri disastrosi, ma adesso si attende il responso degli inserzionisti. Per il momento filtra un certo disorientamento per via di alcune scelte recenti. La cancellazione di tre puntate di Fabio Fazio decise dalla sera alla mattina, per esempio. Su Rai1, per di più, che è la cassaforte dell’azienda, il bancomat che paga gli stipendi dei 13 mila dipendenti. C’è un tema dunque di affidabilità.
Il 9 luglio a Milano verranno presentati i palinsesti invernali. Con qualche ritardo sia sui programmi (la domenica sera di Rai1 è un mistero) e sull’organizzazione dell’evento.
Anche i conti non sono in ordine. La semestrale dovrebbe chiudersi con un rosso di 15 milioni. L’obiettivo è recuperare nella seconda parte dell’anno per arrivare al pareggio di bilancio. Nel 2018 Salini ha centrato l’obiettivo.
Ma alla fine quando si parla di Rai è sempre la politica il problema. Ossia, come il capo azienda gestisce le pressioni e le ingerenze. Il voto dei 5 stelle con il Partito democratico in Vigilanza contro il doppio incarico di Foa (Rai e Raicom) è già un segnale di gelo verso l’ad perché Salini difende quella scelta. Lo scontro sotterraneo può esplodere da un momento all’altro. Sul terreno di Rai1, il più ambito. I grillini sono sul piede di guerra per la scelta della sovranista Cuccarini alla Vita in diretta e di Monica Setta in un altro contenitore.
E nella loro guerra contro lo strapotere degli agenti hanno notato l’invasione di assistiti di Lucio Presta sulla prima rete: Cuccarini, Liorni, Daniele, Perego e Amadeus che probabilmente condurrà Sanremo. Bisogna capire ora se i grillini sono in grado di attaccare o solo di difendere il fortino del Tg1, l’unico che rimasto nella Rai del cambiamento che non è cambiata e non è mai stata loro.