il Giornale, 21 giugno 2019
Per Ruotolo e Borrometi, Camilleri non si stronca
Due anime belle, Sandro Ruotolo e Paolo Borrometi, si indignano con Vittorio Feltri e si autosospendono (bizzarra formula diversa dalle dimissioni) dall’Ordine nazionale dei giornalisti, ritenendosi incompatibili con l’iscrizione all’albo professionale del direttore di Libero.
Cosa ha fatto questa volta? Ha espresso in modo brutale un suo malumore, più letterario che umano, attraverso la formula della stroncatura. Un genere letterario, spesso feroce, che si manifesta in epigrammi, e in battute lampeggianti nelle quali erano specialisti grandi giornalisti e scrittori come Karl Kraus, Leo Longanesi, Ennio Flaiano, Franco Fortini. Giuseppe Baretti aveva creato il personaggio di Aristarco Scannabue per la rivista Frusta letteraria. Roberto Longhi, del grande scultore Antonio Canova, aveva scritto: «Lo scultore nato morto il cui cuore è ai Frari, la cui mano è all’Accademia e il resto non so dove». Cacciamo anche questi impertinenti? D’altra parte, nella circostanza, Feltri è stato prudente e misurato. Ha detto: «Mi dispiace se Camilleri muore. Però mi consolerò pensando che Montalbano non mi romperà più i cog... Basta, mi ha stancato». Quindi, letteralmente, rammarico per le condizioni di salute della persona, insofferenza per Montalbano che è una creatura letteraria, come Harry Potter, come Don Rodrigo, come Jago.
Pare più grave quello che loro due dicono di lui, soprattutto in considerazione del fatto che l’articolo 21 della Costituzione garantisce la libertà di critica, anche severa, adottata da Feltri. «Quel terrone che ci ha rotto i cog... per noi figli del Sud è inaccettabile. Ogni suo scritto trasuda di razzismo, omofobia, xenofobia». Ma Feltri non ha neppure usato la parola «terrone» nei confronti di Camilleri, si è limitato a manifestare antipatia per il personaggio di Montalbano.
Ricordate il più corto epigramma del mondo, contra personam? È di Franco Fortini: «A Carlo Bo. No». L’effetto teatrale e il colpo di scena sono essenziali alla battuta, spesso «assassina». Ma evidentemente, nei loro santuari, Ruotolo e Borrometi non considerano giornalista quel Tomaso Montanari che ha infierito, appena morto, su Zeffirelli e manifestando odio e rabbia anche per la Fallaci. Ieri ha rincarato: «Sono figure che affondano nel fango». E, dopo avere così affettuosamente trattato due illustri morti che hanno onorato e onorano l’Italia, aggiunge: «Credo sia Salvini a infangare questo Paese». Mi sembrano affermazioni più gravi di quelle di Feltri su Montalbano. E che, nella loro indignazione, Borrometi e Ruotolo siano un po’ strabici.