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 2019  giugno 21 Venerdì calendario

Nessun superpotere ai prefetti. Lo dice la consulta

Dalla Consulta un secco “niet” ai superprefetti teorizzati dal ministro dell’Interno Matteo Salvini che, con il decreto sicurezza prima e con una circolare poi, ha attribuito ai suoi terminali sul territorio, e quindi a se stesso, un potere alternativo e inibitorio rispetto a quello dei sindaci. Come quello di imporre “zone rosse” nelle città da cui tener lontano spacciatori, balordi, abusivi.
Ma c’è di più nella decisione della Corte che sarà scritta dalla vice presidente Marta Cartabia e dai giudici Daria De Pretis, Nicolò Zanon, Augusto Barbera e Giovanni Amoroso. Per due giorni la Consulta ha passato al setaccio il primo decreto sicurezza entrato in vigore il 4 ottobre 2018 e che ha scatenato polemiche e contestazioni per le norme sui migranti. La Corte ha esaminato i ricorsi di cinque Regioni- Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Calabria (si sono ritirate Sardegna e Basilicata, il Piemonte ha chiesto un rinvio) – che hanno contestato il potere del ministro di intervenire su una materia di loro competenza.
La Corte ha ritenuto inammissibili le contestazioni delle Regioni. Non perché non le ritenesse fondate nel merito, ma perché le nuove regole su permessi di soggiorno, iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo e sugli Sprar «sono state adottate nell’ambito delle competenze riservate in via esclusiva allo Stato in materia di asilo, immigrazione, condizione giuridica dello straniero e anagrafi (articolo 117 della Carta), senza che vi sia stata incidenza diretta o indiretta sulle competenze regionali». La contestazione delle Regioni è inammissibile, ma «resta impregiudicata ogni valutazione sulla legittimità costituzionale dei contenuti delle norme impugnate». Il che vuol dire che qualora un tribunale o la Cassazione dovessero impugnare quelle stesse norme, la Consulta si pronuncerà sul contenuto.
Sugli strapoteri dei prefetti la Corte vede «violata l’autonomia costituzionalmente garantita a Comuni e Province». Accoglie «le censure sull’articolo 28 del decreto che prevede un potere sostitutivo del prefetto nell’attività di tali enti». Giusto quello che aveva portato a una dura contrapposizione tra il ministro Salvini e il sindaco di Roma Virginia Raggi. Un articolo che rappresenta un vero colpo di mano rispetto al potere dei sindaci. Laddove stabilisce che qualora il prefetto veda «situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni comunali o provinciali» può sostituirsi «mediante commissario ad acta all’amministrazione inadempiente». Una prima mossa a cui era poi seguita, ad aprile scorso, la circolare per imporre le zone rosse, che rappresentava la prova concreta dello strapotere prefettizio. Su cui ora la Consulta corregge il tiro.
Una decisione che arriva giusto nel giorno in cui Salvini, a ridosso della sua visita negli Usa, si vede bocciare la politica contro i migranti dal segretario di Stato Mike Pompeo che, in un lungo rapporto, considera l’Italia inadempi ente, e quindi fuori dal gruppo dei virtuosi, perché «non soddisfa il minimo standard per l’eliminazione della tratta». Pompeo segnala un calo degli arresti, ma anche l’inadempienza nei controlli di eventuali violenze subite dagli stessi migranti.