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 2019  giugno 21 Venerdì calendario

L’Islanda è in crisi

«Basta passeggiare a Bankastraeti, la strada di tendenza di discoteche, birrerie, wine bar e biblioteche di Reykjavik, per accorgerti che arrivano meno turisti: dieci anni dopo il grande crack finanziario, affrontiamo una nuova sfida, sebbene non dura come allora», racconta Yrsa Sigurdárdóttir, la maggiore giallista islandese, attenta a politica e Paese reale come tutti gli scrittori di qui. «La gente è preoccupata, teme per il futuro di famiglie e figli, aveva sperato nel turismo fino a ieri», aggiunge il romanziere Hallgrímur Helgason. Dieci anni dopo lo shock dell’onda lunga della crisi finanziaria internazionale, che tagliò il Pil islandese di due terzi, causò parecchi suicidi e impose sacrifici brutali e processi con dure condanne a tutto l’establishment bancario, nubi di paura tornano sull’Islanda.
Le previsioni del governo di larghe intese – la giovane premier verde di sinistra Katrín Jakobsdóttir insieme al centrodestra – fanno tremare la gente: 24 per cento di turisti in meno a maggio rispetto al 2018. «Siamo preparati ad affrontare una profonda recessione», afferma il governatore della Banca centrale, Mar Gudmunsson.
Gudrun Asta Gunnarsdóttir, 33 anni, incinta al quarto mese di gravidanza, ha subìto il trauma come un colpo nello stomaco. «Lavoravo a Keflavík, il nostro aeroporto internazionale, d’improvviso mi hanno comunicato che a causa della bancarotta di Wow Air, la seconda aerolinea nazionale, sarei stata tra i 315 licenziati. Devo cercarmi un qualsiasi altro impiego, prima o dopo il parto». Haukur Einarsson, che affitta una decina di stanze e miniappartamenti a chi viene da ovunque nel mondo affascinato da Geyser, vulcani, aurora boreale, pony e vita notturna della capitale di concerti rock e pop, confessa: «Sempre meno richieste, ho ridotto i prezzi del 30 per cento, devo rifarmi ogni conto». Altri operatori turistici come Kjartan Valgardsson, o Christian Jonasson, marito della scrittrice Gerdúr Kristny, vivono la stessa emergenza. Insegnanti, infermiere e attori si erano riciclati nel turismo per guadagnare meglio, ora sperano incerti di ritrovare il vecchio lavoro.
«Non siamo al crollo di dieci anni fa, ma dobbiamo imparare a ripensare tutto e meglio, per il diritto dei cittadini alla serenità», confessa la romanziera Gerdúr Kristny. «Siamo incapaci di pensare lontano nel tempo, abbiamo sfruttato il boom del turismo come pescatori sfruttano al massimo i banchi di aringhe senza chiedersi quante ce ne saranno anni dopo. Passata l’esultanza per la nazionale di calcio, dobbiamo restituire i vecchi impieghi a insegnanti, infermiere o gente di teatro divenuti guide turistiche. E dare una pausa alla natura, violentata da troppi turisti irrispettosi. Ce la faremo, solo grazie allo spirito di equilibrio e resilienza della gente, da Paese giovane».