la Repubblica, 21 giugno 2019
Intervista a Mara Carfagna, coordinatrice di Forza Italia con Toti
Mara Carfagna è nata a Salerno.
Chi l’avrebbe mai detto che Miss Cinema ‘97, un passato da soubrette e un paio di copertine mozzafiato, sarebbe arrivata così in alto? E invece Mara Carfagna da Salerno, classe 1975, dopo aver scalato le istituzioni, si è presa pure il partito più padronale d’Italia. Coordinatrice nazionale di Forza Italia in tandem con Giovanni Toti. E neppure uno, neanche il più malizioso, che ora dica: chissà come l’ha avuto quel posto lì.
Su di lei sono state dette tante cattiverie: questa nomina la ripaga di quel che ha subito per anni?
«Ma io non la vivo come una rivincita personale, anzi penso sia una sfida collettiva. Certo mi emoziona e mi gratifica... Quindici anni fa – quando ho iniziato a guidare il movimento femminile di Fi in Campania – mai avrei immaginato di poter assumere una responsabilità così. Oggi Fi si rimette in moto. E io sento su di me l’onore e l’onere di indicare la strada a una comunità disorientata, che aspetta risposte di buon senso ed equilibrio in una stagione politica di grandi contrapposizioni che hanno lacerato il Paese. C’è un pezzo d’Italia che non vede l’ora di riconoscersi in una proposta moderata, liberale, riformista ed europeista».
Ma perché Berlusconi ha scelto proprio lei?
«È una domanda da fare a lui e alle persone che in tutti questi mesi mi hanno sollecitato ad avere un ruolo più operativo: parlamentari, dirigenti, amministratori, militanti...
Un invito che è stata raccolto.
Probabilmente il presidente ha capito che era l’intuizione giusta».
Dopo averci provato bruciando svariati delfini, forse per la prima volta Berlusconi sembra voler fare un passo indietro: che ruolo avrà il fondatore nella “nuova” Fi?
«Ma il presidente non fa un passo di lato, è stato lui ad avviare questo processo di rinnovamento ed è lui che lo guiderà. Noi abbiamo il dovere di condurlo in porto e di riempirlo di contenuti. Io per esempio ho già in mente una struttura più condivisa e partecipata. Se finora un limite c’è stato è aver tenuto fuori dal tavolo delle decisioni tanti dirigenti e amministratori che avevano tutti i requisiti per dare un contributo e migliorare la nostra proposta senza avere la possibilità di farlo».
È una critica al “cerchio magico” del Cavaliere che negli ultimi tempi ha dettato liste e strategie?
«È un fatto che il partito ha sofferto
per mancanza di condivisione».
Ma la leadership non può essere condivisa: la diarchia non ha senso.
Chi comanderà fra lei e Toti?
«Ma no, andremo d’accordissimo anche perché abbiamo una responsabilità temporalmente definita: portare Fi al congresso per eleggere i nuovi organismi dirigenti e per restituire al partito centralità e consenso in vista della ricostruzione di un centrodestra di governo alternativo all’attuale esecutivo e agli ultimi tre governi di centrosinistra.
Che hanno tutti impoverito il Paese e creato debito pubblico per fare misure assistenziali e parassitarie».
L’elezione dei nuovi vertici si farà con le primarie? Lei si candiderà?
«Lo decideremo insieme. Tutto è possibile».
Toti è l’alfiere di Salvini. Le sue posizioni invece, dalla sicurezza al no all’autonomia, vanno in direzione opposta. Come farete a conciliare? Quale sarà la linea?
«Marcare una differenza con la Lega non significa sabotare un’alleanza, al contrario può anche rafforzarla. Noi siamo due partiti distinti. La Lega ha parlato alla rabbia del Paese, ha saputo interpretarla e ha avuto la fortuna di farlo quando era molto forte. Io immagino una Fi che parli alle ambizioni degli italiani, al desiderio di protezione, stabilità, buongoverno, che ponga fine alla conflittualità quotidiana. Io credo che i rapporti tra noi debbano essere più autentici e paritetici».
Lei sogna, onorevole: FI è all’8%, la Lega oltre il 34...
«I rapporti si sono rovesciati, è vero.
Ma ciò non significa essere più deboli, o dover subire una sudditanza psicologica nei confronti della Lega.
Io immagino una Fi alleata ma non succube, penso che noi ancora rappresentiamo il punto di equilibrio dell’alleanza, il contrappeso moderato ad alcuni estremismi, e non mi riferisco solo al linguaggio.
Quando si è votato per i sindaci o i governatori, ha sempre vinto il centrodestra unito e Fi ha avuto un ruolo centrale. Deve essere ben chiaro che da noi non c’è spazio per chi vuole farsi annettere, o punta alla fusione sovranista».
Lo ha detto a Meloni e Salvini?
«Con Giorgia ci siamo sentite ieri, è stata molto carina, ci vedremo a breve. Sono convinta che i rapporti con gli alleati vadano intensificati».
E Salvini?
«Non l’ho ancora sentito, l’ho cercato, ma non ha trovato il tempo per rispondermi. Lo farà quando i suoi tanti impegni istituzionali glielo consentiranno. In compenso mi hanno chiamato molti dei suoi per farmi le congratulazioni, a livello sia parlamentare, sia territoriale».