ItaliaOggi, 21 giugno 2019
Periscopio
Chissà se porta male rompere gli specchietti alle allodole. Dino Basili. Uffa News.Sono troppo individualista per cedere la mia personalità a un farmaco. Marcello Marchesi, Guida ai grandi aforisti. Odoya, 2018.
Rileggere i propri scartafacci ogni giorno. Cambiare ogni giorno una parola come si cambiano i fiori in un vaso. Gesualdo Bufalino, Bluff di parole. Bompiani, 1994.
Un banchiere svizzero mi ha mandato per i Ristoranti del cuore uno chèque senza firmarlo dicendomi che voleva restare anonimo. Coluche, Penseès et anecdotes. Le livre de Poche, 1995.
Mi ritrovo totalmente rappresentato nel segno dei Gemelli: è una disperazione. Una concordia oppositorum continua. Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia. (Candida Morvillo). Corsera.
Considerano Franco Zeffirelli un Visconti dei poveri. Visconti era un velleitario, un viziato, che ha fatto qualche buona regia teatrale, pochi film degni di sopravvivere, e quasi solo cose ridicole, ridondanti, frutto di un ricco che si credeva Eisenstein e Stanislavskij. Di lui oggi si può davvero vedere Il gattopardo, per l’altezza del romanzo scelto, per la grandezza degli attori, e perché si era innamorato a tal punto di Alain Delon da andare di là da se stesso, riuscendo a un bellissimo film. Ma Zeffirelli non era un Visconti dei poveri. Era un grandissimo talento. Aveva fatto la gavetta, e conosceva i meccanismi tecnici della regia cinematografica e teatrale molto meglio di quell’enfant gaté di Visconti, comunista dall’alto del suo patrimonio d’industriale che si faceva ridere dietro da tutti per il suo conato di dichiararsi discendente dai Signori di Milano mentre era solo rampollo di contadini arricchiti. Zeffirelli, almeno, era nato vero monello fiorentino. Alcune sue regie sono fra i capolavori del teatro di tutti i tempi. Paolo Isotta. Fatto quotidiano.
Silvio Berlusconi mi ha sempre aiutato, per simpatia, a portare il vino ai politici più potenti del mondo. Ha portato il mio Amarone a Bush, a Putin, e al G8, a Pratica di Mare, ha fatto servire il mio caffè a tutti. Non è vero che Berlusconi è astemio, l’Amarone gli piace. Giancarlo Aneri, produttore di vino e caffè. (Luciano Ferraro). Corsera.
Bersani fa politica da sempre e non ha intenzione di fermarsi, malgrado l’emorragia cerebrale che lo ha colpito nel gennaio 2014 proprio nel salotto della sua casa piacentina, dove si svolge l’intervista: «Mentre l’ambulanza mi portava a Parma, ho pensato: se va male, faccio davvero la figura del coglione perché sono stato io, da presidente della Regione Emilia Romagna, a disegnare il sistema per cui non c’è neurochirurgia a Piacenza. Mi sembrava più corretto puntare su poche eccellenze, raggiungibili facilmente. È andata bene». Pier Luigi Bersani, presidente di Articolo 1. (Vittorio Zincone).7.
Si dice che Salvini parla alla pancia del Paese. È un male perché la pancia spesso borbotta e alla fine esplode. La capacità empatica ce l’ha, non c’è dubbio. Il suo linguaggio molto semplice, arriva. Se oggi De Gasperi si affacciasse al balcone non lo seguirebbe nessuno. Esce Salvini, invece, e la gente sta là sotto. Pippo Baudo. (Goffredo De Marchis). la Repubblica.
Da tempo avevo seppellito il mio passato, denunciando tutte le cazzate che avevamo fatto a sinistra. Mi ritrovai solo e frustrato. Una condizione in qualche modo simile a quella che avevo vissuto nell’infanzia. Sono figlio di due separati. Oggi è normale ma nella Catania della fine degli anni Quaranta ero visto alla stregua di un paria. Giampiero Mughini (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Perché molti artisti dipingevano anche sul retro delle loro tele? Non sarebbe stato più logico usare un’altra tela? Le spiegazioni sono due: o l’artista era talmente povero da non potersi permettere la seconda tela o voleva dare un doppio messaggio. Nella pittura fiamminga veniva dipinta una natura morta sul fronte e una donna nuda sul retro, così il nobile sceglieva da che parte girare il quadro appeso in camera. Chiara Cesarin, direttrice dei Musei civici di Bassano del Grappa. (Stefano Lorenzetto ) Corsera.
«Come nasce la storia di voi gay che, non vera, ha investito la premiata ditta Fruttero e Lucentini?». «Avevo scritto una novella», dice Fruttero, «sulla relazione tra un giovanotto bene e una ragazza modesta. L’ho data a Lucentini da leggere. Lui ha sostituito la ragazza con un uomo. I lettori pensarono che parlassimo di noi». Giancarlo Perna. la Verità.
Sul lavoro chiamo mio padre per nome. Da quando abbiamo cominciato a lavorare insieme, tra noi c’è un rapporto tra colleghi, troverei fuori posto chiamarlo papà. Alberto Angela, divulgatore scientifico in tv. (Elvira Serra). Corsera.
Internet ha cambiato la geografia del lavoro. Chi è nelle produzioni di fascia bassa non può più mantenere certe lavorazioni nel mondo occidentale. E per questo l’Italia ha perso punti di occupazione negli ultimi anni. Pensi solo a un settore come il nostro: la «moda pronta» è stata inventata a Prato e a Carpi, ma adesso non si fa più là, ma dove la manodopera costa meno. Brunello Cucinelli, impresario della moda. (Francesco Manacorda). la Repubblica.
Ho collezionato 165 ricoveri in ospedale, 11 costole rotte, 76 macchine fotografiche fracassate, 40 flash spaccati, manganellate, pugni, botte. Ne vale la pena? Me lo sono chiesto spesso. Ma i ricoveri, adesso che ci penso sono 166. L’ultima volta perché sono caduto pochi mesi fa in una buca di Roma con il motorino. Un male come poche volte. Rino Barillari, paparazzo (Massimo M. Veronese). il Giornale.
Radio Bra Onde Rosse la fondammo (Petrini, Citi, Chiesa e Ravinale, ndr) nel ’75, comprando un trasmettitore al mercato di Livorno. Alla mattina mandavamo in onda l’Internazionale però poi parlavamo dei prezzi della verdura, mettevamo i piedi per terra. Ce la chiusero due volte. Fino a che non la riaprimmo e chiamai Dario Fo per avere sostegno. Dario e Franca Rame rimasero qui con noi quindici giorni, poi arrivarono anche Benigni e Guccini. Carlo Petrin, fondatore di Slow Food. (Roberta Scorranese). Corsera.
In sella, Fausto Coppi era perfetto. Giù di sella, sgraziato, tutto gambe, lo sterno carenato come quello di un uccello. Non solo era perfetto, ma andava forte su tutti i terreni: in salita, chiaro, ma anche a cronometro, e allo sprint non era fermo, anzi. Forte anche in pista: record dell’ora al Vigorelli, 24 gare a inseguimento di cui 23 vinte, una persa di due metri con Gerrit Schulte nel ’48. Gianni Mura. il Venerdì.
Se la storia insegnasse qualcosa non sarebbe più storia. Roberto Gervaso. Il Messaggero.