ItaliaOggi, 21 giugno 2019
Zeffirelli fu esemplare anche nell’omosessualità dignitosa
Non sono mai stato omofobo. Come non sono mai stato omofilo: «Dio ci ha creati maschio e femmina, affinché siamo due in una carne sola». Ho frequentato decine di omosessuali, li ho sempre rispettati e onorati. Anche se non condividevo la loro scelta. Molti li ho ammirati, come Franco Zeffirelli (e il suo maestro Luchino Visconti). Franco univa alla gayetà lo stile e l’educazione (per non dire delle sue incomparabili intelligenza e genialità). Non ho neppure mai pensato che i gay pride andassero proibiti. Anche se non mi piacciono, perché li considero maleducati e spesso volgari.Franco è stato grandissimo come attore, scenografo, regista. Alcune sue realizzazioni in cinema e in teatro sono capolavori entrati nell’immaginario collettivo degli italiani: i film religiosi (Fratello Sole Sorella Luna, Gesù di Nazareth), le incomparabili interpretazioni di Shakespeare (Amleto, Romeo e Giulietta, La bisbetica domata), un florilegio di opere musicali. Nessuno ha avuto la sua rigorosa professionalità, la sua incontenibile fantasia, la sua padronanza greca della forma.
Da giovane aveva fatto la resistenza, ma la sua ideologia politica era di destra. Non la cambiò mai, fu due volte senatore in Forza Italia ed amico di Silvio Berlusconi. I suoi giudizi sulla cultura egemone nel nostro paese furono durissimi: «Una cialtroneria opportunistica incolta». E questa cultura gliel’ha fatta pagare, in vita e oltre. Al funerale c’erano 10 mila fiorentini e molti uomini politici, ma il mondo della cultura e anche quello dello spettacolo (cinema, teatro, musica) era assente. Ed era cattolico, quindi contrario all’aborto. Sino al paradosso: «Metterei la pena di morte per le donne che abortiscono».
Fu anche un omosessuale esemplare, la sua omosessualità rientrava nel suo stile di vita, educato e aristocratico: «L’ho vissuta in modo discreto». Già non tollerava la parola «gay», una espressione anglosassone con una evidente tonalità stupida e canzonatoria. Di sé diceva: «Sono un omosessuale». Non rifiutava gli amori etero e ne ebbe tanti: «Ma la maggior parte delle mie amicizie sono state di amore tra uomini». Il modello della sua omosessualità (confessava su l’Espresso) era quello classico, di Grecia e Roma: «L’esercito portava gran rispetto a due guerrieri che fossero amici e amanti, perché in battaglia non difendevano solo la patria, ma reciprocamente anche se stessi, offrendo una raddoppiata forza contro il nemico».
Inutile dire che i gay pride gli facevano schifo: «Esibizioni veramente oscene, con tutta quella turba truccata e sculettante». Non ammetteva né il matrimonio fra persone dello stesso sesso, né l’adozione di figli da parte loro. E aveva una grande opinione della donna: «Un mondo omosessuale sarebbe triste. La donna è importante, essa ama più di chiunque».