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 2019  giugno 20 Giovedì calendario

Affinità e differenze tra Maurizio Sarri e la Juventus

L’era di Maurizio Sarri alla Juventus può cominciare. L’allenatore ha firmato un contratto triennale fino al 2022 appena dopo essersi liberato dal Chelsea, al termine di un lungo mese di voci, di trattative vere o presunte, di fantomatici piani A andati in fumo e ipotetici piani B rivelatisi concretissimi.

DEVE BATTERE LO SCETTICISMO DEI TIFOSI I tifosi della Juve, o almeno una parte di loro, rimangono scettici. Un po’ perché avevano davvero fatto la bocca a Pep Guardiola, un po’ perché a molti Sarri sembra l’uomo peggiore possibile per proseguire una striscia di otto scudetti consecutivi. Ci sono motivi per pensarlo, ma anche almeno altrettanti per ritenere che questo strano matrimonio possa funzionare. Eccoli.

I CONTRO UN ALLENATORE OPERAIO IN UNA SOCIETÀ DI CAPITALISTI Maurizio Sarri è figlio di operaio, è comunista convinto, si è sempre schierato coi lavoratori. Ora va a prendere soldi, e pure molti, da una delle grandi dinastie capitaliste d’Italia, gli Agnelli. Nelle nozze con la Juve, e quindi con Fiat-Chrysler, è difficile non immaginare un tradimento ideologico delle lotte sindacali che Sarri ha sempre sostenuto. Cosa proverà l’allenatore mentre il suo datore di lavoro sarà al centro delle proteste a Pomigliano d’Arco o a Mirafiori?

Maurizio Sarri alla guida dell’Empoli nel 2012. (Getty Images). DI LOTTA PIÙ CHE DI GOVERNO Forse proprio per questa sua formazione ideologica, Sarri ha il profilo di un allenatore più di lotta che di governo. Il suo stesso curriculum parla chiaro: la Promozione con l’Antella, l’Eccellenza col Valdema e il Tegoleto, la Serie D col Sansovino, C2 e C1 con la Sangiovannese, la B con Pescara, Arezzo, Avellino, il ritorno in C1 con Verona, Perugia, Alessandria e Sorrento, prima dell’Empoli e del Napoli. Promozioni – tante -, esoneri – pochi – e gran parte della carriera passata sui campi di provincia. Il dubbio che possa guidare la più grande potenza del calcio italiano, con tutto ciò che questo comporta dentro e fuori dal campo, può sorgere.

LA TUTA E LA SIGARETTA C’è poi la questione del famoso stile Juve di cui la società bianconera si fa vanto. Un codice di comportamento e abbigliamento di ispirazione aristocratica e che finora non è mai appartenuto a Sarri. L’allenatore di Figline si presenta in tuta sul campo d’allenamento, in panchina e in conferenza stampa. Spesso e volentieri ha la sigaretta in bocca. Sembra incapace di mordersi la lingua e porre un filtro tra i suoi pensieri e le parole che pronuncia. Non è esattamente l’emblema dell’eleganza che la Juve invece vuole rappresentare.

Sarri in tuta e col filtro della sigaretta in bocca (Getty Images). UN’IDEA DI CALCIO CHE NON AMMETTE DEROGHE Le questioni di campo, poi. Sarri non si è mai mostrato particolarmente elastico al riguardo. Sì, è vero, giocava col trequartista e a Napoli è passato al 4-3-3, ma è l’unico vero cambiamento che abbia fatto. Per il resto non si schioda dalla difesa a quattro, da un gioco che prevede un possesso palla continuo, rapido e verticale, dalle sovrapposizioni dei terzini con gli esterni d’attacco, dalle triangolazioni strette e i cambi gioco da un lato all’altro. Per farlo servono i giocatori giusti, a partire da un regista che alla Juve sembra mancare. Uno alla Jorginho, per esempio, che difficilmente sarà Jorginho ma che dovrà comunque essere reperito sul mercato. A meno di scommettere su Pjanic vertice basso del triangolo di centrocampo.

LE DICHIARAZIONI CONTRO LA JUVENTUS Se c’è una cosa che i tifosi juventini non perdonano a Sarri, ben più delle questioni di forma sull’abbigliamento, sono le parole proferite nei tre anni di Napoli. «Cosa dobbiamo fare per ottenere un rigore? Forse dobbiamo metterci le maglie a righe»; «La Juve gioca sempre prima di noi, che strano»; «Giochiamo sempre prima della Juve, che strano»; «Sono pronto ad andare fino al palazzo per prendermi il potere»; «Dicono che abbia incontrato un dirigente della Juve, sto chiedendo ai miei avvocati se posso querelare». Per tre anni la Juventus è stata la grande nemica di Sarri e Sarri il più acerrimo nemico della Juventus. I tifosi certe cose non le dimenticano.

Maurizio Sarri come Giuda riprodotto nelle bancarelle di San Gregorio Armeno a Napoli da Genny Di Virgilio. Sarri , oltre a vestire la tuta dei bianconeri, stringe in mano un sacchetto con la scritta “30 denari” (Ansa). I PRO LA VOGLIA DI CAMBIAMENTO DEI BIANCONERI La Juve ha scelto di cambiare radicalmente pelle. Finora la società era andata avanti secondo la massima bonipertiana per cui «vincere non è importante, è l’unica cosa che conta», ma adesso ha deciso che non è più così, conta anche il come. E il come deve passare attraverso un calcio bello, divertente, attraente, in linea con le tendenze europee del momento. E Sarri ha quelle caratteristiche. Le avrebbe avute anche Guardiola, pure più di lui forse, ma al di là di tutte le suggestive voci di mercato Guardiola non era raggiungibile, e allora ci si accontenta. Di certo sarà comunque una rivoluzione rispetto agli ultimi cinque anni di risultatismo targato Massimiliano Allegri.

HA GIÀ INDOSSATO LA GIACCA Che Sarri fosse in orbita Juve l’avevamo intuito quando si era presentato in giacca alla finale di Europa League a Baku. Un caso raro (lo aveva già fatto alla presentazione quando arrivò a Londra nell’estate del 2018), ma un chiaro messaggio mandato alla sua futura società e più tardi ribadito anche con le parole: «La giacca? Se mi chiedono di metterla lo faccio», aveva detto in un’intervista rilasciata a Vanity Fair prima della conclusione della trattativa con la società bianconera, quando ancora era formalmente sotto contratto col Chelsea ma faceva a braccio di ferro con Marina Gravnoskaia per liberarsi e tornare in Italia. E allora giacca sarà, potete scommetterci.

Maurizio Sarri in giacca e cravatta quando fu presentato al Chelsea (Getty Images). HA VINTO IN EUROPA Dopo otto scudetti di fila, la Juventus ha perso il gusto di vincere in Italia e ha bisogno di un orizzonte europeo. Sarri, che prima del maggio 2019 non aveva mai vinto nulla in vita sua, si è già messo in bacheca una Europa League col Chelsea, dimostrando che il suo calcio può essere vincente anche e soprattutto oltre il confine. D’altra parte, fino a quel momento, Sarri non aveva mai guidato una squadra che potesse davvero a vincere qualcosa, di certo pretendere che conquistasse lo scudetto col Napoli era troppo. Ora dovrà necessariamente rimpinguare la bacheca. La sua e quella della Juve.

COI TOSCANI LA JUVE CI PRENDE SPESSO Sarri è nato a Napoli, ma è toscano. Basta sentirlo parlare, tra “c” aspirate e vernacolo, per capirlo. E coi toscani la Juve ci ha preso bene piuttosto spesso. Toscano di Viareggio è Marcello Lippi, l’ultimo a vincere una Champions League in bianconero (era il 22 maggio 1996), e toscano di Livorno è Max Allegri, l’allenatore del record dei cinque scudetti di fila. Due precedenti che fanno ben sperare.

Sarri e Allegri (Ansa). LE DICHIARAZIONI CONTRO LA JUVENTUS Sì, di nuovo, ancora quelle frasi là. Perché sono tra i pro? Perché alla Juve sembrano andare particolarmente a genio gli allenatori che l’hanno disprezzata. Nel 2004 prese Fabio Capello, che da tecnico della Roma aveva giurato «mai in bianconero». Le cose andarono piuttosto bene: due scudetti, anche se cancellati poi dalla giustizia sportiva e da Calciopoli. Di nuovo, nel 2014, rimasta orfana di Antonio Conte, la Signora andò a ingaggiare quell’Allegri che l’aveva combattuta quando sedeva sulla panchina del Milan, dal clamoroso gol di Muntari proprio contro i bianconeri, non convalidato per una svista arbitrale, in poi. Come andò l’abbiamo già detto. E allora pare che non esiste miglior allenatore della Juve di un allenatore che ha odiato la Juve.