La Stampa, 20 giugno 2019
Tutti i guai di Putin
I militari russi convocati all’Aja per venire processati per l’abbattimento del Boeing nel cielo del Donbass si aggiungono a una lunga lista di fedelissimi che hanno fatto finire nei guai il Cremlino, dai due «turisti» dello spionaggio militare Gru accusati dell’avvelenamento a Salisbury dell’ex spia Serghey Skripal, ai troll e hacker indagati per le ingerenze nella campagna elettorale Usa, all’ormai infinito elenco di oligarchi, funzionari, imprenditori e militari sotto sanzioni Usa e Ue. Il ministero degli Esteri russo bolla le accuse del governo olandese come «infondate e dirette a danneggiare l’immagine della Russia», che però dopo cinque anni dall’annessione della Crimea appare già molto offuscata. Merkel ha ribadito, accogliendo a Berlino il neopresidente ucraino Vladimir Zelensky, che la Crimea deve essere restituita, mentre Trump ha incrementato gli aiuti militari a Kiev e Macron non invita Putin alle celebrazioni del D-Day. La sfida lanciata dal Cremlino al resto del mondo ha portato a un isolamento diplomatico di cui non si scorge la fine. La «svolta a Oriente», nonostante Xi Jinping chiami Putin «il mio migliore amico», non ha portato i frutti economici sperati.
L’uomo che dominava le copertine e le paure dell’Occidente promette ancora un balzo in avanti della Russia, apparentemente ignaro di un’economia stagnante, mentre è investito da crisi di scontento dei suoi elettori, che vedono scendere il loro reddito e tagliato il welfare, e del suo stesso establishment. La liberazione del giornalista Ivan Golunov, arrestato con false accuse, ha segnato una marcia indietro senza precedenti del governo russo, dopo una protesta che ha visto insieme gli hipster moscoviti e gli esponenti della propaganda ufficiale. Una rivolta arrivata alla fine di un mese nero per il Cremlino, costellato di proteste – contro la nuova chiesa a Ekaterinburg, contro la discarica dei rifiuti dalla capitale nel Nord russo, contro l’inquinamento che ha spinto gli abitanti di una città siberiana a chiedere asilo politico in Canada – che hanno segnato la fine del consenso monolitico a Putin. La popolarità del presidente, secondo i sondaggi dei suoi stessi centri demoscopici, è al 31%, dall’86% del 2014, e l’assegno in bianco firmato dagli elettori al loro leader è stato revocato.
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
I militari russi convocati all’Aja per venire processati per l’abbattimento del Boeing nel cielo del Donbass si aggiungono a una lunga lista di fedelissimi che hanno fatto finire nei guai il Cremlino, dai due «turisti» dello spionaggio militare Gru accusati dell’avvelenamento a Salisbury dell’ex spia Serghey Skripal, ai troll e hacker indagati per le ingerenze nella campagna elettorale Usa, all’ormai infinito elenco di oligarchi, funzionari, imprenditori e militari sotto sanzioni Usa e Ue. Il ministero degli Esteri russo bolla le accuse del governo olandese come «infondate e dirette a danneggiare l’immagine della Russia», che però dopo cinque anni dall’annessione della Crimea appare già molto offuscata. Merkel ha ribadito, accogliendo a Berlino il neopresidente ucraino Vladimir Zelensky, che la Crimea deve essere restituita, mentre Trump ha incrementato gli aiuti militari a Kiev e Macron non invita Putin alle celebrazioni del D-Day. La sfida lanciata dal Cremlino al resto del mondo ha portato a un isolamento diplomatico di cui non si scorge la fine. La «svolta a Oriente», nonostante Xi Jinping chiami Putin «il mio migliore amico», non ha portato i frutti economici sperati.
L’uomo che dominava le copertine e le paure dell’Occidente promette ancora un balzo in avanti della Russia, apparentemente ignaro di un’economia stagnante, mentre è investito da crisi di scontento dei suoi elettori, che vedono scendere il loro reddito e tagliato il welfare, e del suo stesso establishment. La liberazione del giornalista Ivan Golunov, arrestato con false accuse, ha segnato una marcia indietro senza precedenti del governo russo, dopo una protesta che ha visto insieme gli hipster moscoviti e gli esponenti della propaganda ufficiale. Una rivolta arrivata alla fine di un mese nero per il Cremlino, costellato di proteste – contro la nuova chiesa a Ekaterinburg, contro la discarica dei rifiuti dalla capitale nel Nord russo, contro l’inquinamento che ha spinto gli abitanti di una città siberiana a chiedere asilo politico in Canada – che hanno segnato la fine del consenso monolitico a Putin. La popolarità del presidente, secondo i sondaggi dei suoi stessi centri demoscopici, è al 31%, dall’86% del 2014, e l’assegno in bianco firmato dagli elettori al loro leader è stato revocato.