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 2019  giugno 20 Giovedì calendario

Giorgetti e Malagò la strana coppia per le Olimpiadi. Lunedì la decisione


Si odiano e si sorridono ringhiando come molossi all’incrocio della via. Giovanni (Giovannino) e Giancarlo (Giancarlone) sono antropologicamente opposti, altro che politica, altro che poltrone, altro che soldi. Nel teatrino milionario che lunedì assegnerà a Losanna le Olimpiadi invernali del 2026, Giovannino Malagò e Giancarlone Giorgetti faranno inchini e baciamano e dovranno aiutarsi l’un l’altro, con l’appoggio del premier Conte che andrà pure lui in Svizzera per tornare vincitor: preferirebbero sprofondare nell’abisso, piuttosto. Ma se i Giochi se li prenderanno Stoccolma/Aare e non Milano/ Cortina, a sprofondare saranno il Coni di Malagò e un poco anche il governo di Giorgetti. La strana coppia lo sa.
Giovannino è un pariolino di 60 anni, Giancarlone un varesotto di 52, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo sport (come buonanima Lotti) anche se stanno per spostarlo alla Commissione Europea: a Losanna, dunque, canterà un cigno. Giovannino è un uomo di mondo, nella vita ha venduto Ferrari e Maserati, è l’imperatore del circolo Aniene che a Roma conta più di due o tre ministeri messi insieme, da ragazzo lo svegliavano le telefonate dell’avvocato Agnelli che si faceva raccontare cose mondane. Giancarlone lo sveglia Salvini e non è proprio la stessa cosa.
Giovannino è il sovrano dello sport italiano ma Giancarlone gli ha appena tolto una paghetta da 350 milioni di euro mal contati, creando “Sport e Salute S.p.A”, la nuova cassaforte del Coni a controllo governativo al posto di “Coni Servizi”, che secondo una parte della Lega rappresentava la versione sportiva di Roma ladrona (Giorgetti è uno dei padri non solo teorici del federalismo fiscale). Quando l’ha scoperto, Giovannino non l’ha presa benissimo: «Non è una riforma, è un’occupazione! Neanche sotto il fascismo si era arrivati a tanto!». Poi se l’è fatta un po’ passare, buon viso a cattivo gioco per amore dei Giochi. Che i due nemici vogliono più di ogni altra cosa al mondo.
Giancarlone va sempre a pescare al lago, Giovannino preferisce le belle donne alle carpe e alle tinche, i gusti sono gusti. Giovannino ti chiama al cellulare e ti dà subito del tu, facendoti sentire il suo migliore amico dai tempi delle elementari, Giancarlone è silenzioso e riservato ma è anche un preparatissimo secchione, operativo come pochi. Molto stimato. Se devono parlare di numeri, Draghi e il Quirinale chiamano lui, mica quello che si fa i selfie sulla ruspa. Davvero non è ruspante il tostissimo Giorgetti, ma neppure Malagò lo è. Suni Agnelli, sorella dell’avvocato e madre di Lupo Rattazzi, fraterno amico di Giovannino, lo chiamava “Megalò”, questo per sottolinearne il profilo non proprio introverso, lui che è sodale di personaggi come Montezemolo, è stato patron natatorio di Federica Pellegrini, ex playboy delle notti di Roma Nord con un repertorio di amori veri o presunti che comprende Bellucci e Marcuzzi, Marini e Falchi. Vero? Falso? Come direbbe qualcuno, perché sporcare una bella storia con la verità.
I due nemici non si sono parlati per mesi dopo la facce nda di “Sport e Salute”, poi hanno piegato il capo alla ragion di stato, anche perché è forte il rischio di farsi fregare da Jigyal Ugyan Wangchuck. Costui sarebbe il sovrano del Buthan. Il fatto è che stavolta la questione olimpica è una faccenda molto principesca, visto che per sostenere la candidatura di Stoccolma si sono mossi addirittura i reali di Svezia, organizzando una sorta di lobby di teste coronate. A capo di tutto, la principessa Vittoria Ingrid Alice Bernadotte, figlia di Silvia di Svezia (quella di “Dancing Queen” degli Abba) e di Carlo XVI Gustavo. Nella santa alleanza che annoda i cinque cerchi ci sono dentro, appunto, Jogyal Ugyan eccetera ma anche Federico di Danimarca, Anna d’Inghilterra, il Granduca Henri del Lussemburgo, la principessa Tatiana Nora Maria del Liechtenstein, gli emiri del Qatar amici di Platini, il re di Giordania, senza escludere l’influentissimo barone belga Pierre-Olivier Beckers-Vieujant. Resta solo da capire l’orientamento del principe Alberto di Monaco, già valente bobbista e non solo lobbista: forse, almeno lui potrebbe stare con l’Italia.
E anche se la sfilza di principi e sovrani ricorda un po’ la cena di Fantozzi a Courmayeur («Sono stato azzurro di sci!»), questo asse molto ereditario e non poco influente sui parrucconi del Cio chiamati alla scelta potrebbe essere il secondo problema per l’Italia. Il primo è come ci vedono adesso in Europa: siamo quelli che non la vogliono, che chiudono i porti, che litigano. Ed ecco che Francia e Germania potrebbero farcela pagare, tirando dalla loro parte non pochi tra i 42 votanti (su 83) necessari per vincere.
Giovannino è ottimista: «La fiducia cresce». Giancarlone, al solito, più realista e silenzioso. Il primo è già a Losanna, il secondo arriverà domenica nelle ore delle ultime trame. Quando bisogna convincere, blandire, soppesare, promettere, quasi sempre anche pagare, ungendo le ruote giuste perché il carro non s’inchiodi. Ecco perché lunedì 24 giugno, sotto gli auspici di San Giovanni (in fondo, Giovannino pure lui), il piacione e l’orso dovranno fingere di volersi almeno un po’ di bene.