la Repubblica, 20 giugno 2019
Il nuovo sky line di New York. Dieci grattacieli nuovi
Per la prima volta nella storia ci sono ben tre newyorchesi in gara per la Casa Bianca, anche se nessuno è di Manhattan: Donald Trump (Queens), Bernie Sanders e Bill de Blasio (tutti e due di Brooklyn). Due di loro, l’attuale presidente degli Stati Uniti e l’attuale sindaco della Grande Mela, sono indissolubilmente legati al boom immobiliare della città. Uno ha fatto fortuna come tycoon dell’edilizia. L’altro ha usato la febbre speculativa come un Bancomat per il gettito fiscale. Dei due, è il sindaco a doversi giustificare. De Blasio ha un problema di credibilità nella sua base di sinistra, avendo amministrato una metropoli in balìa dei palazzinari, senza porre limiti ai loro appetiti smisurati. Un dato significativo per gli italiani è questo: se sei di sinistra e ambientalista in questa città ricevi al tuo indirizzo email appelli quotidiani di donazioni da parte della New York Landsmark Conservancy. È un po’ come se in Italia la Sovrintendenza dipendesse dal buon cuore e dall’elemosina dei singoli cittadini. Le istituzioni che dovrebbero vigilare sull’urbanistica qui sono deboli e perdenti.
Il risultato oggi lo si può osservare anche a distanza: andando sul sito del New York Times. Dal 15 giugno offre un videoreportage interattivo, con questo titolo: How New York skyline is changing to give the wealthy a better view. È così, il paesaggio della città, soprattutto la sua leggendaria linea d’orizzonte disegnata dai grattacieli, viene rifatta di mese in mese per soddisfare gli straricchi. Il boom più recente dell’edilizia è un vertiginoso susseguirsi di “distruzioni creatrici”, che fa impallidire perfino la storia della New York del Novecento. È coinvolta anche Brooklyn, e perfino un pezzo di riva del fiume Hudson sul versante New Jersey. Il grosso sta accadendo ancora a Manhattan, però: ultimo episodio l’inaugurazione degli Hudson Yards, una città nella città, un’esplosione di gigantismo nella zona occidentale a Nord di Chelsea e a Ovest della Penn Station. I dati di questa febbre edilizia evocano più una città emergente tipo Shanghai o Kuala Lumpur. Ben dieci grattacieli oltre i 250 metri, di cui 6 in costruzione. Salvo due, questi giganti che puntano verso il cielo sono successivi alla grande crisi del 2008: che nacque proprio da un disastro immobiliare (i titoli derivati dai mutui subprime ) ma non ha insegnato nulla. L’altra novità è che questa nuova generazione di iper-grattacieli non è più legata a usi commerciali (uffici) bensì residenziali. Tra gli altissimi figurano il 432 Park Avenue e il 30 Hudson Yards, oltre i 400 metri. Il 64% delle nuove costruzioni sono destinate a condomini abitativi, i cui prezzi che puntano anch’essi verso la stratosfera. Il record lo ha stabilito un singolo appartamento (superattico) da 230 milioni di dollari, acquistato da un magnate di Chicago. Lo stravolgimento della fisionomia e della linea d’orizzonte è consentito da progressi tecnologici – la sicurezza pare sia garantita – ma anche dalla priorità del mercato: bisogna offrire alle oligarchie del denaro il bene più raro e prezioso, la vista. Questo spiega il proliferare di iper-costruzioni nella zona Central Park South, con vedute panoramiche sull’oasi verde più famosa. Quelle poche regole urbanistiche esistenti vengono aggirate: negoziando direttamente col sindaco e il governatore; o aggirando i vincoli con acrobazie legali come “l’acquisto di spazio edificabile aereo” dai grattacieli confinanti. Intanto l’ultimo censimento dei senzatetto ci dice che anche in quel campo è tempo di record: oltre 65.000 homeless all’ombra delle torri di vetro-acciaio.