Corriere della Sera, 20 giugno 2019
Cosa ha scoperto l’Onu sull’omicidio di Khashoggi
Non hanno trovato «la pistola fumante», ma altri indizi importanti. Elementi che possono aiutare a fare chiarezza sul dramma di Jamal Khashoggi, l’oppositore saudita fatto sparire il 2 ottobre nel consolato di Istanbul. La commissione Onu per i diritti dell’uomo, dopo mesi di lavoro, ha diffuso un rapporto che lancia sospetti pesanti sui vertici del regno e sollecita ulteriori indagini sul principe Mohammed bin Salman.
La direttrice Agnes Callamard ha fornito un dossier di 101 pagine con dettagli raccapriccianti. A legarli, le ormai famose registrazioni audio dei servizi segreti turchi. Gli inquirenti Onu hanno ascoltato poco meno di un’ora delle sette finite nel fascicolo messo insieme da Ankara. Già 13 minuti prima che Khashoggi faccia il suo ingresso nella sede diplomatica due agenti sauditi, compreso il medico di medicina legale, Salah Tubaigy, discutono su come smembrare il cadavere. L’intenzione è infilarlo in sacchi di plastica. Si riferiscono a Khashoggi come all’«animale sacrificale». Tubaigy lascia trasparire preoccupazioni sulle possibili conseguenze.
Come era risultato evidente fin dai primi istanti dell’intrigo, i sauditi volevano sequestrare il commentatore. Infatti lo fanno entrare in un ufficio e gli comunicano che esiste un ordine di cattura emesso dall’Interpol, una bugia per forzare la mano al dissidente. Sempre gli agenti vorrebbero che Jamal scrivesse un messaggio al figlio, lui si oppone e poco dopo è probabilmente assalito dalla squadra mandata da Riad. Dalle intercettazioni si capisce che c’è una fase concitata che termina con l’assassinio di Khashoggi. Non è però possibile stabilire – precisa la Callamard – se davvero si sente il rumore di una sega utilizzata per sezionare i resti. Una tesi più volte ripetuta dai media turchi nelle settimane successive al delitto.
Nel documento si ricostruiscono anche i movimenti del team di 15 persone inviato a bordo di due aerei e diretto da un uomo di fiducia di Mohammed, Ahmed Asiri. Secondo l’Onu è impossibile che i funzionari abbiano agito in autonomia. Una valutazione coincidente con quella della Cia. Gli analisti di Langley hanno sempre sostenuto che la fine di Khashoggi era parte di un’azione più ampia per silenziare voci contrarie alla monarchia e con buoni agganci in Occidente, Usa compresi. Gli articoli dell’oppositore pubblicati dal Washington Post hanno reso ancora più furiosi i sauditi e il principe ereditario.
La Commissione ha espresso critiche severe nei confronti del procedimento giudiziario avviato dall’Arabia Saudita nei confronti di 11 persone. Un’azione ritenuta troppo timida e mirata a scaricare su pochi le responsabilità di altri. Così come sono considerate blande le sanzioni decretate da Washington nei confronti di 17 sospettati.
Da Riad hanno reagito sostenendo che le conclusioni «non contengono nulla di nuovo» ed hanno ribadito che solo le autorità giudiziarie locali hanno il potere di indagare. Il regno manovra puntando sulla linea della Casa Bianca. Donald Trump ha bisogno dell’alleato sunnita, prezioso nel contrasto con l’Iran e ottimo cliente. Firma contratti, acquista armi, è da sempre un partner.